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Nu-Clear Sound: JoyCut @ BOtanique (BO) 09/07/2011

Chi conosce i JoyCut sa bene che non li si può solo ascoltare: bisogna porgere loro la mano e lasciarsi guidare lungo le innumerevoli strade che hanno tracciato.
C’è la musica, indubbiamente ricca di qualità, con quelle sonorità cupe che tanto si rifanno alla scuola britannica e i lampi di colore capaci di incendiare i cuori più puri. Poi c’è la ricerca della bellezza, il volerla esportare, diffondere, donare come fosse un seme da interrare ed accudire; un germe di bellezza talmente varia che è difficile da identificare nei classici canoni estetici. E’ la bellezza di uno sguardo consapevole.
Tutti i gesti che svolgiamo in una giornata si possono scomporre in tanti altri più piccoli, con derivazioni e conseguenze, ma spesso siamo realmente consapevoli solo dell’azione “madre” e perdiamo l’importanza di ciò che sta nel mezzo: la bellezza celata nelle ombre dei nostri movimenti, o la bellezza sprecata ed ignorantemente lasciata a marcire negli angoli.
In questa serata, il cui ricordo è vivo come sarà l’impegno per continuare a mantenerlo stretto e al riparo, i JoyCut hanno esteso le loro braccia su un prato, hanno fatto degli alberi le loro case, hanno portato il meglio che si poteva avere, e ci hanno ospitati e resi partecipi di un mondo immaginifico quanto tangibile.
L’impegno ecologico e consapevole è il fulcro del progetto dei JoyCut, in un’ottica di condivisione e simbiosi con la musica che, azzardo l’affermazione, mai in Italia si era vista. Il giardino del BOtanique (Giardini di Filippo Re di Bologna) è la culla ideale per questo esperimento di totale assorbimento del pubblico nel pensiero di una band. Nu-Clear Sound, tema della serata, è infatti un gioco di parole sulla reale possibilità di poter vivere in un sistema basato su energie pulite, lontane dal pericolo dell’energia elettrica da centrale nucleare o da fonti fossili.
La giornata è iniziata presto con l’apertura dei cancelli alle 17 di un afoso sabato: in città l’unico trucco per sfuggire al caldo è liberarsi dell’asfalto sotto ai piedi, così la verde erba del prato e l’ombra dei secolari alberi  hanno portato ben presto i primi ospiti.
In questo elenco di “bellezze” che voglio trascrivere, merita un posto speciale una deliziosa vecchietta che arriva accompagnata dalla sua bicicletta. Agguerrita nel passo e nello sguardo, la vedo dirigersi verso il banchetto del mercatino biologico a Km 0 allestito per l’occasione. Uno sguardo alla lattuga, una toccatina alle susine, un occhio scettico sulle bottiglie dei succhi di frutta artigianali (con un chiaro pensiero scritto sulla fronte: “non saranno mai buoni come quelli che facevo io”) e poi la folgorazione negli occhi alla vista di una bicicletta collegata ad un’enorme lampadina (BiciGeneratori). Immediatamente scatta la curiosità e la domanda ai più giovani per scoprire se pedalando si accende davvero. A lei forse interessano meno, ma alcune altre biciclette sono collegate a spinotti per caricare le batterie del cellulare o particolari videogame con cui si interagisce attraverso grandi touch-screen posti sul manubrio.
Sul prato sono disposti tappeti e cuscini; questi ultimi creati con materiale di recupero ed acquistabili per finanziare il Bi-Bo, magnifico progetto di mobilità urbana a portata d’uomo. Bi-Bo è un particolare risciò, in grado di ospitare un conducente e due passeggeri, dotato di un sistema di pedalata assistita alimentato da pannelli fotovoltaici posti sulla copertura. Semplice, efficace e simpatico, come tutte le realtà ecologiche che i JoyCut sono riusciti a trascinare in questo evento più che unico.
La gente continua ad affluire, si siede sull’erba e sui cuscini, ma in tanti si fermano con il naso all’insù ad osservare gli alberi del parco, questa sera particolarmente ricchi: tra i rami si snoda, come una lunga pergamena, un racconto realizzato e stampato con inchiostri naturali su un foglio di carta riciclata lungo 12 metri ininterrotti, al suo fianco le fronde dei rami si impossessano degli intensi scatti fotografici di Salvatore Laurenzana che rappresentano alberi e la bellezza viva del legno.
Tra un sorso di birra artigianale (ovviamente di produzione locale – StataleNove) ed un aperitivo biologico, c’è chi decide di sdraiarsi dentro una piccola tenda semisferica in cui si susseguono proiezioni che vedono protagonisti solo stelle e pianeti: la riproduzione di un planetario e la magia della luna vista al telescopio.
Uno stand di libri (filosofia, decrescita, transizione, cibo ed energia: questi sono i temi principali dei volumi) offre vasta scelta e spunti di riflessione, raccolti ed approfonditi anche sul palco durante l’intervento d’apertura di Eduardo Zarelli.
Nel frattempo il buio è calato ed è giunta l’ora per il concerto che vede i JoyCut su un palco adorno di verde insieme alle opere pittoriche di Vittorio Asteriti. Così, con la musica, si possono completare le esperienze che tutti hanno potuto vivere quest’oggi.
Sono i brani di Ghost trees where to disappear e The very strange tale of Mr.Man ad avvolgere il pubblico, mai così vario come questa sera. La particolarità di questo evento è che sotto il palco non c’è solo gente richiamata dalla musica della band (situazione comune ai classici “concerti gratuiti estivi”, dove chi è di passaggio staziona vicino a chi spilla le birre), ma anche persone incuriosite dalle tante installazioni ed iniziative, che si lasciano guidare dai JoyCut, nell’ascolto della loro essenza.
Un live set intenso, capace di narrare il dramma e la gioia, la fragilità e la potenza, l’amore e l’odio trovando come unico comune denominatore la figura dell’uomo nell’immensità della natura. Mr. Man, giunto dallo spazio per parlarci, continua ad osservare il mondo, attonito per lo scempio che viene fatto della bellezza. Questa sera tutto è diverso, però, almeno qui.
La serata si chiude con un regalo speciale ed intimo: uno dei due grandi nidi donati dall’artista Michele Iodice diventa luogo d’incanto per creare una magia. Nell’intreccio delle canne, delle foglie e degli steli, la band si accomoda invitando anche quanti riescono ad entrarci. Un po’ luogo di nascita, un po’ navicella spaziale, dal nido si alzano piano le voci e le note di strumenti non amplificati, per pulirsi l’anima e potersi osservare l’uno con l’altro tutti intorno. Per riconoscersi simili e con gli occhi incantati.
Non voglio dire che questa sera la musica abbia avuto un ruolo secondario, tutt’altro, ma come non mai trovo ci sia molto altro da raccontare: è più importante parlare di ciò che è stato sotto il palco, perché è stata un’esperienza preziosa, un ricordo particolarmente vulnerabile nella frenesia del quotidiano. In questa giornata, che piaccia o meno, che si riesca o meno a ritrovarcisi, si è vissuta la passione. Si è vissuto l’impegno, quello che non fa dormire la notte, che richiede scelte, tempo e non comporta lucro.
Un impegno  che è pura condivisione attiva, di pensieri, parole, suoni ed immagini.

“Se avessimo la capacità di spogliarci ciclicamente di ciò che possediamo, di ciò che pensiamo di possedere ma che ci rende distanti dall’assaporare l’esistenza così come è stata progettata, saremmo come gli alberi che scandiscono il proprio esistere col disfarsi di ciò che li avrebbe resi estranei ai meravigliosi processi naturali.
Il loro è un dono che li rende attivi abitanti di ciò che li circonda.
Mi domando quanti di noi sono pienamente partecipi della propria vita” (Salvatore Laurenzana – presentazione di Diramazioni)

(In collaborazione con Giulia Gasparato; Lost Gallery)

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