C’è qualcosa di magico nell’aria, forse è semplicemente l’estate, l’inizio di un’estate ricca di eventi nella bella Bologna. I festival si moltiplicano nei luoghi e nelle serate: la musica dal vivo è protagonista di questo fresco imbrunire dopo giornate roventi, e non tramonta il sole senza una band che suoni in qualche luogo, che sia in un chiostro tra i palazzi, che sia in una strada chiusa al traffico, un parco o un angolo di campagna a qualche chilometro dalla città. Più spazio alla creatività, meno spazio allo sballo delle discoteche o dj-set fino a tardissima notte: di questa scelta qualcuno non è contento perchè, è vero, dispiace che alle 23 finiscano i concerti e la musica, ma forse è meglio avere un concerto al giorno piuttosto che molti in meno che si protraggono fino a notte fonda. E’ una questione di compromessi con l’amministrazione, questioni di volontà per cambiare le cose piano piano, ma soprattutto questione di qualità.
Nella bella cornice dei Giardini di Filippo Re di Bologna, gestito dalla rodatissima macchina organizzativa dell’Estragon, il BOtanique offre una serata di inaugurazione in grande stile con il concerto della più esuberante ed al contempo raffinata cantautrice italiana: Cristina Donà.
Reduce dal successo di un lungo tour nei teatri, sembra incredibile poter godere della sua musica seduti sull’erba di un parco ed osservare le sue movenze davanti a splendidi alberi illuminati con grazia.
Lei e la sua chitarra, niente altro. L’inizio è affidato a quelle magiche Stelle buone che tutti i presenti conoscono, e nel silenzio si riesce quasi a sentire il respiro di chi ti sta accanto, o il sussurro di una canzone che chi si trova sotto il palco si vergogna a cantare, perchè troppo bella.
Senza convenevoli o formalità, Cristina Donà si offre al pubblico, nuda nella sua essenza più delicata di artista vera, alla quale bastano le giuste parole ed il suono della sua chitarra per emozionare tutti, dal bambino all’adulto.
Gli applausi fragorosi sono abbracci che esplodono nell’aria, perchè la sintonia che la Donà riesce a creare con chi ha di fronte è qualcosa di enorme che solo le note possono domare.
E così si continua fin quando non entra la band composta da batteria, fiati, e Saverio Lanza, produttore dell’ultimo album Torno a casa a piedi, il quale si destreggia tra chitarra, basso, tastiere ed effetti.
Se la sintonia è palpabile tra l’artista ed il suo pubblico, ancora più dolce e familiare è quella che si nota sul palco, offrendo un valore aggiunto ad uno spettacolo che, oltre il valore artistico-musicale, è splendidamente umano.
Brani vecchi e nuovi che si perdono nella bellezza di una voce che sa accarezzare con la stessa intensità con la quale può graffiare: Mangialuomo, Goccia, Universo, Triathlon e Nel mio giardino (sulla quale la Donà ironizza “visto il luogo, in realtà mi hanno voluta solo per questa canzone”), Miracoli, Un esercito di alberi, Torno a casa a piedi, In un soffio… e chiedo perdono per la mancanza di precisione cronologica, ma il ricordo è disordinato, ammaliato da un’esperienza che bisognava vivere e non catalogare.
Non dimentico però la bravura dei musicisti a dare spessore alla magia con le loro note, ricordo le parole confuse e quasi sussurrate di una Donà beatamente stralunata e squisitamente empatica. Mi tornano in mente anche il divertimento nella presentazione di magnifici guanti neri e glitterati, non posso dimenticare il silenzio e lo schiocco delle dita di tante centinaia di persone in Più forte del fuoco, ed è indelebile nella mente il sorriso di tutti coloro che si sono visti raggiungere dalla band sull’erba, per cantare insieme, l’ultima volta, Miracoli.
Una festa, più che un concerto. Cristina Donà e la sua band hanno portato la bellezza tra la gente. Questa musica ha fatto dimenticare la chiacchiera inutile, la birra da prendere finchè non c’è coda, il “dove si va dopo il concerto?”.
C’era qualcosa di magico nell’aria, ed averlo respirato ci rende un po’ migliori. Ne sono certo. (Lost Gallery)
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