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Il primo lunedì del mondo . Virginiana Miller

vm10[at’teza], il tempo che trascorre nell’attendere: tutto quel tempo fatto di voli, funambolici e non, di incontri, di mani, di parole, d’enigmi, desiderio, ipocondria. Tempo sociale ed astrale, beato/tormentato Tempo d’amore; Amore sangue, mare, sguardo, miseria, antidoto di tutti i poi, di grossa parte dei tuttavia. Che sia oggi, fosse domani, volesse essere primavera, Il primo Lunedì del mondo è Tempo, tutto il tempo trascorso fino a qui, quello necessario alle cure, all’emergenza, al capriccio migliore del fato, alla geometria dei sensi per tradurre in un solo attimo perfetto la tridimensionalità di tutto questo essere Umani, tanto dannatamente piccoli, nudi ed umani. Ad averlo qui, a restarne impigliati, a non poterci credere, Il primo lunedì del mondo è Amore, tutto l’amore che può r-esistere nel varco fra il credibile e il desiderato, fra l’essere e il poter esser qualcuno/qualcosa che salvi, che si salvi. Undici tracce, due più nove: un film d’autore di quel fare musica che è altro dal mestiere, che è necessità, poesia, pelle, talento, disincanto ed, infine, candore. Tornano, lo fanno dopo quasi quattro anni e già mentre scorrono i titoli di testa, mentre Frequent Flyer insinua la sensazione del piccolo capolavoro dai contorni refrattari alle regole, re-impari che i Virginiana Miller sono un segno, un odore, un livido che è privilegio, che nasce cicatrice, bellezza spogliata dai fronzoli, midollo di reazioni. Il primo lunedì del mondo è oggi ed è allora, l’ennesimo passo in là lungo il parallelo di un voltarsi che è guardare avanti, chiudere una porta e uscire fuori, disossare il dicibile al peso del silenzio, dell’essenziale: sopravvivere, sopravviversi, scegliere, scegliersi. Canzoni con la propria storia cucita addosso, dai polmoni forti, con la schiena diritta, la fronte alta dei sopravvissuti, eroi nelle piccole cose (“Sono aspirina per il tuo mal di testa di questa mattina / Sono quello che resta / Vuoi farmi piangere? tanto dimentico, domani mi dimentico” , L’angelo necessario, in La prima cosa bella di Paolo Virzì, soundtrack),  reduci dalla trincea delle caramelle facili offerte a profusione da troppi sconosciuti, tutti amici, tutti capi, tutte regine. Siamo resti di un naufragio (Acque sicure) / Quel che rimane, rimane nel bianco degli occhi (Cruciverba). Troviamoci un posto, promettiamoci eternità, abbandoniamoci al lusso di mettere in vita la vita: la paura non è un limbo, è sassi e dita; giocarci è da stupidi, soccomberle è ipocrisia. Metto lenzuola davanti agli specchi se l’ultima cosa che hai detto è stata rifletti (Cruciverba) / Senza tante parole, tutte queste parole,che non cambiano niente, che non legano il sangue (La carezza del Papa) / Le parole sono mani e le mie mani sono stanche (Lunedì). Raccontiamoci favole che siano migliori di noi, più semplici di noi, che amino meglio di quanto sappiamo fare noi; favole migliori delle scuse che ci usiamo, che risuonino come schiaffi nell’aria tiepida che ci tocca respirare. L’estate è davvero finita? Anche fosse, come non ci è dato sapere. Ma un’ipotesi del dove è scritta qui, a chiare lettere, dentro alla voce calda, enorme che scandisce ogni singola parola quasi fosse la sillaba di un sostantivo nuovo, scelto fra tanti per l’indolenza del suo restare in disparte nei discorsi fra saggi. Un quando lo suggeriscono le incursioni ritmiche, le verticali di tastiera e piano, la chitarra ora pizzicata ora percossa in urti, in code bulimiche d’aria, retrovia del migliore rock che ti capiti di ascoltare. Il perché ansima dalle melodie, vestite alla boutique dei velluti migliori, dove il raso lo si usa a ragion veduta, senza eccesso, a dire qualità, manifattura di pregio, gardenia all’occhiello; sbircia nel reinventare È la pioggia che Va (in Cosmonauta di Susanna Nicchiarelli, soundtrack), regalandole un retrogusto di zolfo, plagiandola di nuova, inconsueta bellezza. Punto a capo. L’attesa è di certo finita: oggi niente sabbia in bocca, niente non c’è fine al peggio. Oggi è il primo lunedì del mondo, e possiamo stringere fra le mani un innegabile segno di amore sicuro.

Credits

Label: ZAHR/Altrove – 2010

Line-up: Simone Lenzi (Voce e parole) – Antonio Bardi (chitarre) – Matteo Pastorelli (chitarre) – Daniele Catalucci (basso) – Valerio Griselli (batteria) – Giulio Pomponi (tastiere, piano); track 11 di Lind / Mogol

Tracklist:

  1. Fraquent Flyer
  2. Lunedì
  3. Acque Sicure
  4. La Risposta
  5. L’Angelo Necessario
  6. L’inferno sono gli altri
  7. Oggetto Piccolo (a)
  8. Cruciverba
  9. Il Presidente
  10. La carezza del Papa
  11. È la pioggia che Va

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