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Marco Notari: Su un treno che muove verso il nulla

In collaborazione con Libellula Music, in esclusiva il nono racconto e l’illustrazione contenuti in Babele:noir di Marco Notari.

9) Su un treno che muove verso il nulla – storia e testo: M.Notari

Si aggiusta la cravatta e da un’occhiata al suo rolex. Sono le 7.12 ed il treno è in perfetto orario. Alle 8.45 Cristiano ha un briefing molto importante a Milano a cui non può assolutamente mancare. Suo padre gli ha assegnato il compito di assisterlo nella direzione di un caso molto importante, può essere la sua occasione per fare colpo su di lui, per dimostrargli quanto vale. Dovranno difendere un importante parlamentare da un’accusa di corruzione, e se riusciranno a farlo assolvere il prestigio dello studio legale di famiglia ne potrebbe beneficiare in termini esponenziali.
E’ talmente teso che al solo pensiero gli tremano le mani, percepisce lo stomaco inacidirsi, e cerca di imporsi la calma. Non da retta a quella voce lontana dentro di lui che gli dice che c’è qualcosa di sbagliato in tutto questo, e che è più in pensiero all’idea di dover fare bella figura con il padre che non per il caso in sé.
Forse può provare a chiudere gli occhi e a staccare un attimo, tanto il viaggio durerà almeno un’ora. Serra le palpebre e nonostante il fastidioso brusio di sottofondo la mente comincia a intorpidirsi.

Dal giorno in cui è tornato da Amsterdam Cristiano si è gettato anima e corpo nel lavoro, come ad espiare i peccati che non ha commesso. La sera in cui è arrivato a casa, né sua madre né suo padre hanno detto nulla. Semplicemente, quando lui è entrato dalla porta d’ingresso alle sei del pomeriggio circa, sua madre gli ha chiesto di mettere nel cesto del bagno di servizio gli indumenti da lavare e gli ha comunicato che alle otto sarebbe stata pronta la cena.
A tavola suo padre gli ha chiesto con tranquillità come era andato il viaggio in aereo, prima di iniziare a parlare della sua giornata di lavoro. Poi ha comunicato al figlio che, se lo desiderava, dal mattino seguente faceva parte dello staff dello studio legale. Della sua fuga, dei suoi mesi ad Amsterdam, nessuna parola o accenno, né quella sera né mai, come a voler cancellare la stessa esistenza di quel periodo della vita di Cristiano.
Anche i suoi amici si sono comportati nello stesso modo, dandogli un caloroso bentornato con sorrisi e pacche sulle spalle e sussurrando alle sue spalle frasi del tipo “Cristiano ha avuto un momento di pazzia, ma per fortuna è rinsavito” piuttosto che “Speriamo che non capiti di nuovo, che vergogna sarebbe per lui e per la sua famiglia”.

Il treno ora viaggia a tutta velocità, e il suo lieve oscillare culla la mente di Cristiano, già in bilico tra il sonno e la veglia, in quel confine indefinito dove in un attimo l’inconscio ci ruba il comando dei nostri pensieri. Affiora il ricordo della sua camera, con il letto che ha dovuto lasciare da poco e il freddo che ha sentito mentre l’acqua della doccia scorreva sul suo corpo risvegliandolo. Ora si vede indossare l’accappatoio e radersi meticolosamente davanti allo specchio un po’ appannato. Il sogno ha già preso possesso di lui, quando esce dal bagno e con orrore si ritrova in una stanza che non è più la sua. Cristiano la riconosce subito, è la camera da letto che ha diviso con Lucia ad Amsterdam. L’ambiente è in un evidente stato di abbandono, le pareti sono scrostate e pezzi d’intonaco sono sparsi dappertutto. Sul letto enormi ratti divorano avanzi da un piatto lasciato lì da chissà quanto.  Il pavimento è ghiacciato sotto i piedi nudi di Cristiano e un forte senso di angoscia gli sale attraverso i nervi. Cerca di riprendere il controllo dei suoi pensieri, vuole uscire da questo incubo, ma non ci riesce e si rende conto di non essere nemmeno in grado di svegliarsi. L’unica possibilità che ha è rappresentata dalla porta alle sue spalle da cui è entrato, anche se ora i suoi piedi sono diventati di piombo. Deve uscire, tende tutti i muscoli del corpo. Finalmente è alla porta, poi è fuori.

© Massimo Giacon (Clicca sull’immagine per ingrandire)

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