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Hyperpower!: Nine Inch Nails, Tv on the Radio e Animal Collective @ Ippodromo Capannelle (RM) 22/07/09

<20090722_nineinchDai cartelloni pubblicitari sembra uno di quegli eventi da sogno che soltanto l’immaginazione potrebbe riuscire a concepire come reali. Tre band quali Animal Collective, Tv on the Radio e Nine Inch Nails, che suonano insieme, nello stesso luogo, durante la stessa serata. E di certo la connessione suona strana ai più che, dubbiosi, si chiedono cosa possa spingere ad unire nello stesso concerto tre gruppi così differenti tra loro. Una domanda che serpeggia tra le voci e si legge in più d’una faccia di coloro che sono accorsi all’Ippodromo Capannelle, nell’estremo sud-est di Roma, per godersi il concertone del gruppo industrial oramai in circolazione da 20 anni. Fatto sta che per chi ama e segue tutta la musica, quella del passato e quella del presente, i motivi per non mancare ad un evento di tale portata erano molteplici. Da una parte Animal Collective e Tv on the Radio, due band newyorkesi che stanno cavalcando la scena indipendente mondiale gli uni col loro rock sperimentale intriso di psichedelia e gli altri col loro meltin’pot di cultura afro-americana e dall’altra la leggendaria band, o per meglio dire anche one-man band, di Trent Reznor che annuncia di volersi prendere un periodo di pausa dall’attività live una volta aver portato a termine questo tour.

Le orde di persone vestite di nero nella più tipica giornata estiva e le tantissime magliette con quel simbolo NIИ suggeriscono ciò che in verità era ampiamente prevedibile: più che la passione per la musica in generale, ancora una volta trionfa la passione, o meglio l’adorazione per ciò che è già storia, è già simbolo, già feticcio da condividere in migliaia, tra presente e passato. In Italia poi, spesso, siamo molto più conservatori di quanto crediamo e accecati dall’euforia di  poter vedere finalmente i nostri miti in azione, tendiamo a ignorare del tutto o, nel peggiore dei casi, addirittura a denigrare i gruppi spalla che propongono un tipo di musica diversa rispetto quella degli amati headliner. Inoltre l’orario dei concerti è considerato spesso e volentieri del tutto indicativo e reso disponibile alle più diverse interpretazioni da parte di chi è sempre convinto che “tanto non inizierà mai in orario”. Fatto sta che stasera il tutto comincia alle 18:45 in punto e i tre Animal Collective sono costretti a suonare ancora con la luce del giorno, in una porzione strettissima di palco imbandito già con l’attrezzatura delle altre due band e di fronte alle facce perplesse dei fedelissimi fans dei Nine Inch Nails accorsi sin dal primo pomeriggio per poter occupare le ambitissime prime file. Ma i tre americani non sembrano affatto preoccupati della situazione e propongono il loro show per un’ora che li vede alternarsi tra i vari strumenti e le postazioni di elettronica. Scandagliano il miglior repertorio forti del successo degli ultimi due album Strawberry Jam e Merriweather Post Pavilion.  I beat elettronici sono davvero potenti e formano la base sulla quale innestare e costruire le loro strutture amorfe e poliedriche, al limite della tonalità, che fondono melodia e dissonanza, mischiano tempi e velocità e probabilmente prendono il disordine pre-ordinato come elemento strutturale fondamentale e portante. Stupisce l’uso dell’elettronica e la combinazione che può scaturire dall’unione di quest’ultima con le voci, tra effetti digitali e vocoder, voci registrate e filtrate e cori armonizzati a perfezione tra di loro anche se in maniera avanguardistica più che classica. L’uscita di scena si consuma tra timidi applausi, consapevoli di non aver potuto apprezzare appieno uno show che con le luci adatte ed un sound pensato a posta per loro avrebbe potuto produrre effetti devastanti in ogni senso. Una mezz’oretta per il cambio palco ed ecco catapultarsi sul palco i Tv on the Radio. Ed è davvero impressionante come riescano a smuovere anche i meno lascivi, riuscendo a strappare un’accoglienza tra urla ed applausi e proponendo per circa 50 minuti il loro fantastico meltin’pot musicale. È stupefacente la compattezza e l’energia che i sei di Brooklyn mostrano sul palco; possiedono la potenza e il groove del sound tipicamente black e contemporaneamente la finezza del soul nelle voci, nei cori, nella cura dei suoni. Tunde Adebimpe è scatenatissimo. Non sbaglia una nota, canta, balla come un indemoniato e aizza il pubblico che lo segue a ruota. Il sorriso sotto la barba foltissima di Kyp Malone che armonizza splendidi cori, è la perfetta dimostrazione di quanto si stiano divertendo nel suonare la loro musica e, probabilmente, vale tutto il prezzo del biglietto. Jaleel Bunton, polistrumentista, stasera è confinato dietro le pelli e sembra non aver fatto altro per tutta la vita se non suonare la batteria, e lo fa con una passione ed un sound emozionanti. A completare il tutto l’elettronica sempre possente, le tastiere dai suoni fantastici e la chitarra che il genio di David Sitek e Gerard A. Smith controllano a perfezione. E c’è anche un sassofonista ad accompagnarli stasera, Martin Perna degli Antibalas ed è davvero un peccato che il volume del sax sia basso rispetto a tutto il resto poiché sembra davvero scatenato, balla avanti e indietro, suona in ginocchio, si stende per terra come ci stesse buttando l’anima. I brani sono estratti soprattutto dall’utlimo Dear Science, ma c’è anche qualcuna delle vecchie chicce come Wolf Like Me che infiammano gli animi dei pochissimi che intonano le loro melodie sotto il palco. Sicuramente una grandissima esibizione di quella che risulta essere di certo tra le migliori band della scena musicale mondiale odierna, una band che sa fare della dimensione live un mondo a parte, trasformando i brani a seconda delle suggestioni del momento. Rammarico soltanto per il poco tempo concessogli. Ma ecco che ora tocca ai Nine Inch Nails e gli animi iniziano davvero a scaldarsi. Un’oretta per montare tutta l’attrezzatura e provare gli strumenti ed ecco Trent Reznor e soci fiondarsi sul palco sulle note infuocate Somewhat Damaged da The Fragile. Il muro sonoro è davvero impressionante, potente e massiccio come un camion che si schianta a tutta velocità contro il tuo petto, il volume è abnorme e la voce di Reznor, illuminato da due faretti personali, è subito schietta e cristallina, a ergersi su tutto con estrema maestosità. Il pubblico è già in delirio e non si trattiene più non appena si odono le prima note di Terrible Lie, per spostare i ricordi all’indietro al primo album Pretty Hate Machine, nel lontano 1989. Un inizio di fuoco che davvero non accenna a fermarsi, una spirale che non sembra arrestarsi con Heresy e March of The Pigs da quel capolavoro di The Downward Spiral e poi ancora indietro al primo album con Something I Can Never Have. Un sound davvero perfetto, le distorsioni delle chitarre sono potenti, dure e cristalline allo stesso tempo, la batteria è compatta e precisa e gli immancabili beat elettronici contornano il tutto. The Line Begins To Blur precede la splendida versione di I’m Afraid of Americans realizzata insieme ad un certo David Bowie. Le atmosfere sono sempre indiavolate ma c’è spazio anche per qualche momento più raccolto in cui Reznor passa al piano o viene accompagnato dalla chitarra acustica come per The Becoming, l’emozionante La Mer, l’appassionata The Fragile o la delicata Gone, Still. Ma il trend della serata è davvero altro e allora ecco mostrare di nuovo i denti e lo sguardo feroce con Wish, fino alla conclusiva e distruttiva Head Like a Hole passando per Survivalism, Suck (cover dei Pigface), Mr. Self Destruct, The Good Soldier e The Hand That Feeds. Sembra davvero la conclusione perfetta ma c’è ancora tempo per un unico bis: è Hurt, lo stesso brano che concludeva The Downward Spiral, che fu coverizzato dal grande Johnny Cash nell’album American IV: The Man Comes Around e che emoziona letteralmente tutti con le sue cadenza lente ed ammalianti, la sua intimità fatta di piano e voce. I Nine Inch Nails sono una vera e propria macchina da guerra, costruita alla perfezione sui tantissimi anni di esperienza internazionale. E sono in forma davvero smagliante. Sarà un peccato non vederli più in azione dal vivo. Sperando che possa essere soltanto una breve pausa.

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Un solo commento

  1. E con questo Trent Reznor dal vivo, alla fine dell’anno Gianluca si contenderà il mio premio “invidia” con Vlady, che già mi aveva fatto rosicare con i Kings of Leon..

    Perdonati però, perché avete scritto due bei report, almeno. Come dire: rosica con stile :)

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