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Io non lo voglio un disco perfetto: intervista a Samuel Katarro.

katarro_inter01In una tiepida serata di primavera il Locomotiv Club di Bologna ospita il release party del nuovo album dei Mariposa. Un concerto allegro e amichevole, la cui apertura è affidata a giovani talenti. Dopo Iosonouncane, il palco è tutto per Samuel Katarro: le corde della chitarra e la voce vibrano insieme, fondendosi in un blues elettrico, un po’ cupo, decisamente spiazzante. Al termine della serata, abbiamo scambiato due parole con questo giovane artista, provando a indagare le sue passioni, le sue ispirazioni, i suoi progetti. Neanche a farlo apposta, in sottofondo alle nostre chiacchiere nel locale c’erano i Beach Boys. In streaming: Headache, estratto dall’album d’esordio dell’artista toscano. (In collaborazione con Emanuele Gessi)

Samuel Katarro, opera prima uscita qualche mese fa. Ora hai l’attenzione di critica e pubblico addosso. Come sono stati questi mesi in cui hai portato in giro il tuo lavoro, stai raccogliendo buoni frutti?
Sì, a poco a poco. Il disco è uscito da qualche mese ed è stato recepito bene dalla stampa. Con il pubblico è diverso: ci dobbiamo fronteggiare data per data, quindi a volte va bene e a volte meno. In generale però direi che il bilancio è positivo e certamente mi faranno comodo tutte queste date che sto facendo in giro per l’Italia, il tour è un’esperienza utile. E, ti dirò, con il passare del tempo mi sembra che la gente capisca sempre di più quello che sto facendo.

La nostra recensione del tuo album, Beach Party, ha posto l’attenzione sulla libertà del tuo lavoro, piuttosto che sulle somiglianze che ti si possono attribuire, ipotizzando che potresti stupirci con progetti futuri completamente diversi. Questo disco cosa rappresenta per te: un momento della tua creatività o l’espressione di un genere cui ti senti legato?
Sicuramente in futuro potrebbe realizzarsi qualcosa di completamente diverso, per esempio ho in progetto un singolo fatto di soli campionamenti in cui io non suono nulla, canto e basta, quindi sarà qualcosa di molto spiazzante. La recensione mi è piaciuta perché non cita nessuna influenza, credo abbia centrato molto ciò che mi rappresenta musicalmente, cioè la libertà di spaziare nei generi e di farlo sempre con personalità. In effetti è stata una delle recensioni migliori che ho letto.

Come sono nate le canzoni del tuo album? Sei arrivato in studio completamente pronto o qualcosa ha preso forma durante le registrazioni?
Eccetto qualche accorgimento a livello di produzione, era tutto pronto. Avevo già preparato tutti gli arrangiamenti, sapevo esattamente cosa volevo far suonare e in quale punto. Sai, i tempi erano stretti, è stato realizzato tutto in cinque giorni, quindi c’era bisogno di essere pronti.

katarro_inter03Ho letto una tua dichiarazione nella quale ti definisci “musicalmente onnivoro”. Per curiosità: gli ultimi album che hai comprato?
Ultimamente sono stato a qualche fiera e ho comprato dei vinili di Tom Verlaine e l’ultimo lavoro dei Mercury Rev, che a dir la verità mi ha un po’ deluso. Loro sono uno dei miei gruppi preferiti, ma questo ultimo disco mi ha lasciato un po’ di vuoto. Poi tante altre cose. Tra l’altro nel pezzo elettronico di cui parlavo prima ci saranno campionamenti di Edgar Varèse, Ravi Shankar, Public Image, i Metal Music Machine di Lou Reed.

Qualche disco italiano?
Tra gli italiani mi piacciono molto i Mariposa e poi per esempio sono rimasto molto impressionato da una band di Bergamo, si chiamano Bancale. Li ho conosciuti proprio in occasione di un concerto nelle loro zone e mi sono piaciuti, infatti sto già pensando ad una collaborazione.

Mi anticipi proprio la domanda: collaborazioni che ti piacerebbe realizzare?
A livello di produzione, anche se è utopico, mi piacerebbe collaborare con Dave Fridmann, che è stato bassista dei Mercury Rev ed ora è molto attivo come produttore, ha lavorato per esempio con MGMT, Flaming Lips e gli stessi Mercury Rev. Il suo è un tipo di suono che mi piace molto.

Suono che non è quello che ci hai fatto sentire questa sera, quindi già confermiamo che stai prendendo altre direzioni..
Sì, non lo so nemmeno io dove voglio andare e va bene così! Ora che mi ci fai pensare, sto traendo ispirazione anche da musicisti come Robert Wyatt o Scott Walker, un cantante pop inglese che ha realizzato un’opera di pop sinfonico e ora si dedica a progetti al confine con l’avanguardia. Ha inciso due dischi in 11 anni, opere davvero angoscianti, più che gotiche, sanguinanti. Da lui potrò trarre ispirazione sicuramente per quanto riguarda il registro vocale.

Torniamo a parlare del lavoro in studio: con te c’era Marco Fasolo, come vi siete conosciuti, come ti sei trovato a lavorare con lui?
Ci siamo conosciuti grazie al mio manager, che pensava che potessimo collaborare perché ci vedeva come due spiriti affini. Io gli ho portato il master del disco e gli è piaciuto, quindi ci siamo messi al lavoro all’Ectoplasmic Studio per il mixaggio. Mi sarebbe piaciuto che aggiungesse delle voci, degli effetti sonori, qualcosa di suo, ma purtroppo non c’era tempo. Marco è stato fondamentale perché ha tridimensionalizzato il suono, che prima invece era un po’ piatto, il tutto con gli strumenti analogici che usa spesso anche con i suoi Jennifer Gentle, come riverberi, distorsioni degli anni ’50. E’ riuscito proprio a dare spessore all’album. Così anche le imperfezioni risaltano, cosa che ritengo bella perché io non lo voglio un disco perfetto!

katarro_inter02Parliamo anche della tua canzone per Il dono, la compilation tributo ai Diaframma. Diamante Grezzo è un brano molto particolare, per non parlare dell’effetto straniante di sentirti cantare in italiano…
Anche a me fa un effetto strano, diciamo che ho consolidato la mia idea che è meglio che io canti in inglese.  Sai, componendo, le parole nascono più o meno in inglese, a volte seguendo il suono, altre volte perchè mi concentro su una parola e su quella costruisco il testo. Il brano dei Diaframma musicalmente è venuto molto bene, ha un’atmosfera un po’ bucolica, ma vocalmente… il pezzo è difficile da arrangiare, l’originale è declamato più che cantato, quindi ho provato a inventare un mio modo, ma non mi sento ancora di cantare in italiano. Se troverò la formula adatta per farlo, ci penserò.

Headache– Preview

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Un solo commento

  1. Samuel Katarro è un cataclisma.
    Dopo averlo ascoltato e visto sul palco, il panorama attorno cambia. Le note dissonanti, la voce “sconvolta” riescono a mutare il nostro sguardo. Come osservare il mondo attraverso un caleidoscopio.

    Attendo con curiosità, e ansia, il singolo “anomalo”… è bellissimo lasciarsi ammaliare dalla LIBERTA’ che trasuda dalle parole e dalla musica di Samuel Katarro.

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