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Musicando tinte chiare: JoyCut e Perturbazione @ Calamita (Cavriago-RE) 10/05/08

Sono passati molti giorni ormai, ma il ricordo fatica a svanire. Certo, alcune lievi sfumature sono perse, ma l’essenza è viva, come un albero, come una pianta che respira attraverso le foglie: l’ “essenza” è viva. Sì, perchè in termini botanici, questa parola sta a definire proprio un albero o un arbusto. Essenza è un sinonimo di “specie”, anche se non saprei come catalogare la musica dei JoyCut e quella dei Perturbazione, particolarmente nella versione acustica che è stata proposta al Calamita di Cavriago.
La band di Rivoli non è nuova a concerti dalle tinte tenui data la (lieta) costrizione di componenti della band a rimanere a casa tra ninnananne e pannolini da cambiare. Per quanto riguarda i JoyCut, la scelta risulta meno obbligata: volontariamente il gruppo bolognese ha deciso di ri-affiancarsi a sonorità acustiche già accarezzate in passato, tentando nuove rielaborazioni ed intrecci sonori.

L’amicizia tra i componenti del gruppo pare il valore aggiunto di questo concerto, che trova i due gruppi ad incrociarsi sopra e sotto il palco, in un clima di cordiale collaborazione artistica ed umana, che giova nel risultato e nello spirito di chi osserva da sotto il palco avvicendamenti veri, non costruiti a tavolino per semplici scopi spettacolari.
Sul palco del Calamita salgono per primi i JoyCut in una formazione priva di batteria; le note di Mr Man strisciano in terra, come radici di questa essenza non identificata, che cresce e si spande tra i tavolini.
La voce profonda di Pasquale affascina per il contrasto creatosi con le note leggere emanate dagli strumenti di tutti e quattro i musicisti sul palco.
A simboleggiare questa contaminazione totale tra pubblico, musica e artisti c’è una scatola: la scatola Sincretica. La semplicità del cartone e dei post-it, una penna, i pensieri degli spettatori. La scatola tornerà a loro, come le note arrivano a noi: un cerchio che si chiude per approntarsi ad aprirsi nuovamente al prossimo live.
L’intensità di Shake your shape cambia pelle ma non potenza emotiva, anche in un contesto lontano dall’elettricità esplosiva del crescendo della versione abituale. La voce pare arrampicarsi sulla tastiera: una scalata dolorosa in cui gli spigoli di ogni gradino affondano nello stomaco. Ma nell’esecuzione non c’è solo calibrata sofferenza dovuta ad un’impareggiabile contorsione interiore: la delicatezza è sempre in agguato, pronta a colpire, in un paradosso che rende questo live acustico dei JoyCut una perla rara che ancora si sta formando all’interno dell’ostrica, esibizione dopo esibizione.
Le più datate Dream e K alzano i toni dell’ottimismo sonoro che sa congiungere la complessità d’esecuzione. Il ritmo incalzante e spensierato di K, insieme alla non indifferente presenza di Gigi Giancursi a condividere il palco dei JoyCut, portano il pubblico ad accompagnare le canzoni con cori e applausi (in particolare quest’ultimo brano è accolto con una partecipazione degna di una grande hit radiofonica).
La splendida Again va a chiudere il breve set dei JoyCut che si è contraddistinto per intensità e genuinità. Non c’è spazio per la chitarra elettrica in questa versione quasi embrionale del brano, dove invece la delicatezza dei suoni di basso, chitarre acustiche e tastiera sono riuscite ad arricchire il dipinto che i JoyCut da tempo stanno realizzando. Nuove sfumature e sensazioni di morbidezza sono andate a delineare dettagli che offrono così una visione complessiva del progetto della band bolognese, che suscita interesse e vere emozioni: la rivolta suburbana dei JoyCut ammalia e convince anche nella versione soft.
Dopo un rocambolesco cambio di palco che ha visto tutti i componenti delle band attivissimi come laboriose formiche nel formicaio, i Perturbazione sono pronti ad affrontare un nuovo concerto.
Il viso di Tommaso appare stanco già dall’inizio dell’esibizione, e verso la fine del concerto sarà lui stesso a confermare il peso di notti insonni e viaggi in giro per l’Italia. La sincerità prima di tutto: una forma di rispetto; una forma di confidenza esposta da uomini che non tengono ad apparire come macchine.
Qualcuno si dimentica apre il concerto stendendo quel velo di malinconia che fin dall’inizio si sa che saranno capaci di togliere in un batter d’occhio come una tovaglia su una tavola imbandita.
Battiti per minuto prende le misure al grande scatto. Con un ritmo dondolante che penetra nel cuore, nel finale le parole si sciolgono in un soffice na na na, facendo tornare alla mente le parole di un Manuel Agnelli che cantava “non hai mai fatto na na na na per districarti dai tuoi guai?“. E così i Perturbazione!
Prendendola ai due lembi, la tovaglia di malinconia precedentemente stesa con cura, ora viene strappata via! E non ci importa sapere se le stoviglie e le posate sono ancora sul tavolo o a terra in mille pezzi perchè Il senso della vite ha l’incredibile capacità di far dimenticare ogni cosa, infondendo un’indispensabile spensieratezza fondamentale per affrontare la vita: “Provaci tu / Io vado a riposare / Provaci tu / Non ho tempo da buttare” diventa un inno di leggerezza nell’affrontare il quotidiano.
“Se non è vero che hai paura / non è vero che ti senti solo / non è vero che fa freddo / allora perché tremi in questo agosto?”
Con queste gelide parole i Perturbazione riescono a scaldare i cuori come forse con nessun’altra canzone.
Il concerto prosegue con le canzoni, le note e le parole di Tommaso tra un pezzo e l’altro, rivolte ad un pubblico amico.
Oltre ai brani del repertorio perturbato, la band si esibisce anche con cover non del tutto nuove al pubblico più affezionato: Et moi, et moi, et moi (Jacques Dutronc) è cantata da Gigi Giancursi, mentre Boys don’t cry (Cure) stupisce ogni volta per come il pezzo riesca ad adagiarsi sui Perturbazione. La voce di Robert Smith ovviamente manca, mentre le chitarre e il violoncello hanno i suoni tipicamente morbidi della band di Rivoli: tutto ciò riesce a fondersi in un modo unico, offrendo una reinterpretazione sincera e sentita che non può non commuovere.
Sul palco illuminato in modo crepuscolare con pochi faretti rossi Se mi scrivi e Nel mio scrigno portano una nuova luce, anticipando un’inaspettata cover dei White Stripes (We are gonna be friend) dove Tommaso canta, mano in tasca, occhi chiusi e tacco che sbatte sulle tavole di legno del palco, accompagnato solamente dagli applausi ritmati del pubblico.
Il concerto sta andando ad esaurirsi, come le energie di chi sul palco suona e canta da circa un’ora. Il volto di Tommaso pare davvero stremato, portando sudore e sofferenza ad un live caratterizzato dalla delicatezza di un approccio musicale di cui i Perturbazione sono i portavoce a livello nazionale.
I complicati pretesti del come torna a ricreare quel clima malinconico ed introspettivo che all’inizio del concerto era stato creato e più volte ripreso e riaffacciato all’interno di un concerto fondamentalmente solare e divertente.
Il violoncello di Elena riempe gli spazi lasciati liberi dal dolce arpeggio di chitarra, anticipando Per te che non ho conosciuto che vede chiamato sul palco anche Pasquale, la voce dei JoyCut.
Lo scambio completo è portato a termine quando le voci si incrociano e si avvolgono alle note propagandosi nell’aria: “Senti com’è tiepido il tramonto / Senti come l’aria ti accarezza / Se tutto questo cielo / stesse in una cartolina / vorrei spedirla a chi ho lasciato solo”.
Ormai si è fatto tardi, e negli occhi delle persone presenti si nota già una cosciente nostalgia che ci proietta fuori dal locale a parlare delle emozioni sentite camminare sulla nostra pelle.
Ultima sorpresa della serata: Waiting room dei Fugazi.
Il timbro dei Perturbazione si sente e con questo pezzo energico si può assaporare a fondo la poliedricità della band che riesce ad accostarsi a più generi mantenendo inalterato il proprio essere artistico.
Brano energico, ritmato, veloce, che va a strappare le ultime energie conservate forse in quelle tasche dove Tommaso spesso rifugia le sue mani, come per custodire qualcosa di speciale.
Il concerto termina, perchè davvero non ha più nulla da dire. Tutto è stato condensato nel suono acustico di due band uniche per i loro generi, accomunate da rapporti di amicizia vera.
Lo spettacolo è di quelli che non si dimentica, e ne è prova il fatto che sto scrivendo a quasi due settimane di distanza dall’esibizione. (Lost Gallery)
Il viaggio di ritorno verso casa porta nella mente le note del concerto che si vanno a sovrapporre all’autoradio. E ora qui, rileggendo la scaletta, guardando i filmati su YouTube, sfogliando le mie fotografie, mi accorgo che davvero nulla può sostituire il ricordo, quello vero. Il ricordo è scalfito dentro, ed una foto o un filmato possono solo fare da cornice a qualcosa di vero unico e personale come una emozione che rimane aggrappata e non se ne vuole andare via. (Lost Gallery)

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2 commenti

  1. La scatola Sincretica contiene i sogni e le parole del Cuore.
    Unisce, Sempre.

  2. Questo concerto era a 5 minuti da casa mia, ma non sono potuta essere presente per “la (lieta) costrizione a rimanere a casa tra ninnananne e pannolini da cambiare” Grazie Ema per avermelo mostrato.

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