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Come nasce una canzone… un sogno: intervista a Nicola Pecci

“Sono quasi convinto di non essere sveglio. Non so se non sogno quando sono vivo, se non vivo quando sogno, o se il sogno e la vita formano in me un ibrido, un’intersezione dalla quale il mio essere cosciente prende fisionomia per interpenetrazione”. (Il libro dell’inquietudine – F. Pessoa).
Qualcuno sta osando. Sta inseguendo un sogno, quello di un’intera vita. La musica, quella per cui è sufficiente una chitarra e la voce, nuda. Come in una stanza in penombra, Nicola Pecci si aggira tra le corde dei suoi desideri provando a renderli concreti, reali. LostHighways lo segue da tanto, conosce i suoi passi: dagli inizi al nuovo singolo, al video che non è un semplice videoclip… è parte di un “sentire”, di un bisogno, di un’urgenza che ha avuto riverberi di amicizia, di esperienza da condividere. Un video on the road dall’Italia all’Inghilterra, ricco di suggestioni, di cura certosina della fotografia, del montaggio. Dietro, l’occhio di Lorenzo Vignolo (alla regia). Finalmente è arrivato il momento di viaggiare con Nicola e seguire la direzione delle sue parole. (Foto backstage by Valentina Cesarini).

Sei ad un punto cruciale: i tuoi desideri sono in fase esplosiva. Ad Abbey road c’è il paradiso è il singolo per cui hai “voluto” un video e una firma precisa per la regia. Compiamo un viaggio à rebours: indietro, fino agli inizi. Quando Nicola ha “sentito” la musica come compagna primaria della sua vita?
Io ero il classico diciottenne che pensava al calcio e a tutto quello che il calcio ti poteva portare. Neppure mi sognavo di leggere una pagina di un libro, imparavo a memoria il riassunto del retro copertina il giorno prima dell’interrogazione e mi facevo il segno della croce nel tentativo di sfangarla. E, in qualche oscuro modo, poi mi riusciva. Strappavo sempre il sei striminzito. E lo sbandieravo in faccia ai miei genitori che, di fronte alla sufficienza, non potevano che essere cautamente contenti. Poi, con in testa il cinema, feci le audizioni e riuscii ad entrare nella Bottega teatrale di Vittorio Gassman. Tre anni bellissimi. Un diploma di attore professionista, insegnanti straordinari, da Gassman stesso a Vittorio Mezzogiorno, da Ottavia Piccolo ad Alessandro Haber. E’ lì che nacque tutto. Iniziai a scoprire le parole, ed a capire che con le parole ci si poteva giocare, e pure divertire. Uscivano dalla mia bocca prendendo il suono che volevo, e le storie che finalmente leggevo erano storie che mi lasciavano senza fiato. Un mondo nuovo. Cominciai subito a scrivere. Contemporaneamente sentii il bisogno di imparare a suonare la chitarra, lo strumento necessario per far nascere le prime canzoni. Quindi, finalmente per rispondere alla tua domanda, le parole sono state la mia prima compagnia, e solo dopo, le note.

Da quel momento che passi hai compiuto per rendere concreta una passione?
Il mio obiettivo è sempre stato quello di scrivere canzoni. Come ti dicevo prima la chitarra è sempre stata uno strumento per comporre, un qualcosa di necessario per dar forma alla canzone. Quindi ho deciso di cominciare ad incidere le mie idee. Ho autoprodotto un cd che s’intitolava Controvento, poi un secondo, ancor più ambizioso, Trip. Durante le registrazioni di questo disco ho conosciuto la figura fondamentale del mio percorso artistico, Francesco Sighieri. Nel 1999 abbiamo cominciato a scrivere insieme, e non abbiamo smesso più.

Tu, e la tua chitarra. Basta qualche nota e i referenti che alimentano le tue composizioni sono immediatamente intuibili. Raccontaci come convivono con il tuo processo creativo…
Dici? Non so se sono così evidenti, forse vorrei che lo fossero un po’ di più! Io ho in mente bene tutto ciò che mi piace e come vorrei che suonasse la mia musica, ma quando compongo, probabilmente, escono delle influenze nascoste, magari pure dimenticate o messe volutamente da parte. Comunque io sto dalla parte della canzone, la canzone è più importante di chi la canta, e quindi sto dalla parte dei cantautori. Sono italiano e amo le melodie e i testi italiani. Luigi Tenco, Gino Paoli, Francesco De Gregori, il primo Luca Carboni. Mi piace come impostano la frase, le parole che usano e come le usano, il mix di colloquiale e ricercato, non mi piace la supponenza, l’insegnamento nei testi, mi piace che mi venga raccontata una storia, cosicché io possa poi trarre le mie conclusioni. Per quanto riguarda il suono, mi sposto inevitabilmente in Inghilterra, e dico Richard Ashcroft e i suoi Verve, Radiohead, Travis, Damien Rice.

Ad Abbey road c’è il paradiso… com’è nata, quando e… perché?
Finisce una storia d’amore. Io parto per Londra. Ci rimango quattro giorni. Alloggio in un Ostello del centro, l’unico che c’è. Divido la stanza con cinque sconosciuti. Cammino molto. Penso molto. Osservo. Da casa mi chiamano preoccupati e mi chiedono come sto. Bene. Cosa faccio? Cammino. Potrei camminare ad oltranza. Nella notte del ventisette novembre duemilasei ho voglia di scrivere. E’ completamente buio, e ci sono altre cinque persone che non conosco che stanno dormendo nella mia stanza, ma DEVO scrivere. Allora accendo il telefono portatile ed uso quello come luce. Ogni cinque secondi si spegne. Premo continuamente tasti a caso per tenerlo acceso. Quattro pagine di quaderno. L’indomani mattina torno a casa. In Italia. Da questo diario nasce subito il testo della canzone. In un’ora scrivo la musica, non un minuto di più. Qualche giorno dopo la incido. Batteria, basso, chitarre acustiche, chitarre elettriche, la voce.

Il video, on the road. Raccontaci i luoghi e i tempi della lavorazione.
Siamo stati in giro per l’Europa per 7 giorni, il che è un’enormità per girare un video. Normalmente i giorni sono uno, o al massimo due. Siamo partiti da Genova, passando per Parigi, Calais, Dover, fino ad arrivare a Londra. Insieme a Lorenzo Vignolo, il regista, abbiamo sviluppato l’idea dell’autostop e di raggiungere l’Inghilterra. Inizialmente volevamo girare tutto a Londra, ma poi abbiamo optato per la strada più ostica, ma di certo più affascinante. Non c’era uno storyboard, non sapevamo i luoghi che avremmo incontrato, eravamo cinque persone che affrontavano per la prima volta un viaggio insieme, dovevamo fare i conti pure con la convivenza, ma la magia è avvenuta, e non esagero quando dico così. Quella settimana è stata il momento perfetto. Libertà totale d’inquadratura, libertà d’azione, divertimento puro, ma sempre con in mente la riuscita del video. E’ questa la sensazione che si ha lavorando con Lorenzo: partecipare ad un grande gioco, però conoscendo a memoria le regole.

Tu, hai scritto una sorta di “diario di bordo” per il video. Si è trattato di un’esperienza di vita, di viaggio alla scoperta di significati profondi…
Sì, l’ho scritto, come faccio sempre, dopo un po’ di giorni che eravamo tornati da Londra. Ho lasciato che tutto sedimentasse un po’, mi sono ri-goduto tutti quei giorni, quelle ore, quelle facce, quei luoghi, facendoli scorrere dentro di me in un loop continuo. La cosa strada di quando giri in pellicola è che non vedi un secondo di girato fino a quando non torni a casa e stampi la pellicola, quindi continuavamo a dirci: “Fantastica questa scena!” oppure “Bellissima inquadratura!” ma non avevamo il confronto con la realtà.
A volte, in macchina, in mezzo al traffico, mi faccio le domande ad alta voce: “Hai mai pensato alla tua faccia migliore? Quella con la quale vorresti che tutti ti identificassero, che tutti ti ricordassero? La tua faccia più vera?”. Ce l’ho. La mia faccia migliore è quella del playback del video di
Abbey road. Seduto sul sasso, con in mano la mia chitarra senza una corda, col sole che improvvisamente arriva a squarciare quelle nuvole gonfie.

Perché Lorenzo Vignolo alla regia?
Avevo, negli anni, identificato una serie di video, diciamo così, del “cuore”, quelli che ti lasciano a bocca aperta, ma non mi ero mai chiesto chi li avesse girati. Sto parlando di Zeta reticoli dei Meganoidi, di Prendila così dei Delta V, di La guerra è finita e Romantico a Milano dei Baustelle, di L’importante è finire dei Sikitikis, di September in the rain dei Marti. Quando sono incappato sulla pagina di MySpace di Lorenzo, sono andato a vedere i suoi lavori e, cavolo, erano tutti lì! In fila! Tutti i miei video preferiti li aveva fatti lui. Mi sembra un motivo sufficiente, no?!

Un singolo. Dietro c’è dell’altro… cosa? Che progetti sta realizzando, piano piano, Nicola?
Sta nascendo, finalmente, il mio primo vero disco. Lo considero il primo perché è prodotto da un’etichetta, la Platinumstudio in collaborazione con la Warner Chappell, e perché è il frutto di quasi dieci anni di scrittura e di produzione artistica fatta insieme a Francesco Sighieri. Siamo passati, negli anni, attraverso vari mondi sonori, con un inizio puramente rock, passando ad una fase quasi folk. Adesso siamo approdati al giusto compromesso: sarà un disco malinconico e sofferto, intimo, ma elettrico. Ho deciso di intitolarlo Come nasce una canzone perché ho il desiderio che chi lo ascolterà potrà arrivare a comprendere ciò che c’è stato prima delle parole e delle melodie che hanno dato vita a quelle canzoni, la vita vissuta.

LostHighways ti augura tutta la forza per continuare a credere nella musica…

Credits

Anno: 2007
Giorno di ripresa: 9,10,11,12,13,14-05-2007
Artista: Nicola Pecci
Protagonisti: Nicola Pecci, Valentina Cesarini
Formato: 16mm
Regia: Lorenzo Vignolo
Fotografia: Matteo Zingirian
Montaggio: Larry Wine
Ex. producer: Matteo Zingirian
Produzione: Dolly Bell per Platinum Studio
Aiuto regista: Lelio Mollar
Durata: 3’ 25’’
Location: Genova, Parigi, Calais, Dover, Londra

Links:Nicola Pecci,Valentina Cesarini,Lorenzo Vignolo

Ad Abbey Road c’è il paradiso

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4 commenti

  1. Con grande stima auguro tanta fortuna a tutte le persone di questo viaggio.

  2. I hope this is just the beginning of a brilliant future for this wonderful artist and his unique voice…The video is as original as the song…The girl in the video is simply stunning and adds charm to this already beautiful video…May this be the beginning of a wonderful carrier Cheers A~

  3. D’accordo con Vlady.
    Complimenti sinceri.

  4. Alla passione e all’amore per la bellezza e l’incanto, custodito dalle anime senzienti che hanno dato vita a quest’occasione di meraviglia, auguro di nutrirsi di gioie ed emozioni, di continuare a fluire…e che quante più persone possibili si lascino lambire da questa preziosa magia.
    Musica ed immagini sono dense di senso e di sentire…che chi ha sentito e dato da sentire così intensamente trovi ad ogni passo, lungo la sua strada, una forma di felicità da cogliere.

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