In collaborazione con Libellula Music, in esclusiva il dodicesimo racconto e l’illustrazione contenuti in Babele:noir di Marco Notari.
12) Sacrilegio di luce – storia e testo: M.Notari
Dalle finestre del loft si vede tutta la baia di Miami e lo splendido tramonto che pian piano scende dentro al mare. La chiave gira nella serratura e la porta si apre. L’uomo ha i capelli bianchi e radi, è vestito Armani dalla testa ai piedi e porta un paio di ray-ban che gli coprono gli occhi. Avrà una sessantina d’anni. Sta parlando al telefono: “Sì mamma, gliel’ho detto mamma”. (…) “Certo mamma, ovviamente mamma. Dev’essere in uno di quegli scatoloni che non ho ancora aperto”. (…) “Sì, lo so che ti avevo detto che l’avrei fatto. D’accordo, sono qui da cinque anni ma che c’entra ? In quegli scatoloni non c’è nulla che possa servirmi” (…) “D’accordo mamma, lo faccio subito. Sì, sì, ti ho detto che lo faccio ora. Anch’io ti voglio bene. A domani. Ciao. Ciao”.
Si dirige verso la cucina. Ha deciso di farla open space, con tutti gli elettrodomestici di ultima generazione. Preme il tasto della segreteria telefonica, poi prende un bicchiere e lo riempie con il ghiaccio del suo frigo americano. Ci sono tre messaggi di lavoro, risponderà più tardi. Apre uno sportello e si versa un po’ di whisky. Lo sorseggia lentamente. Si chiede dove potrebbe essere il suo certificato di laurea. Gli sembra strano che glielo chiedano adesso dopo cinque anni che vive in America. Questioni burocratiche hanno detto, nulla di cui preoccuparsi. Sale al piano di sopra ed entra nello studio, accende il suo mac e controlla la posta elettronica. Sulla casella mail del lavoro ha 137 mail a cui rispondere, lo farà dopo cena. Apre la sua casella personale. Zero messaggi. Meglio così, tanto non avrebbe il tempo di rispondere. Meccanicamente accede al social network del momento, inserisce nome utente e password. Anche qui nessun messaggio privato. Allora va a controllare la pagina che gli hanno dedicato per gioco alcuni colleghi avvocati e su cui è possibile diventare suoi fans. Gli piace controllarla ogni giorno, anche se dice a se stesso che non dà alcun peso a una sciocchezza come questa. Dopotutto nella sua posizione ha molte cose più importanti di cui occuparsi. Ci sono 4 fans in più di ieri. Questo per un attimo gli dà un piccolo brivido di gioia che lui immediatamente reprime.
Ora basta svago, deve cercare il suo certificato. Ricontrollerà il numero dei fans prima di andare a letto, se avrà tempo (sa che l’avrà). Si alza e si dirige verso lo sgabuzzino, tira fuori una scatola di cartone ancora sigillata. La apre con fatica, non è mai stato molto bravo nei lavori manuali. Dentro è pieno di roba sparsa alla rinfusa, l’ordine è un altro dei suoi punti deboli. Per fortuna può permettersi due governanti messicane che gli tengono a posto la casa. Rovistando tra un cappellino da tennis logoro e un libro giallo mai finito riesce ad estrarre il suo libretto universitario. Sarà qui dentro. Lo apre e sfoglia le pagine, finché quando ha quasi perso la speranza trova qualcosa tra la penultima e l’ultima pagina. Solo che non è quello che si aspettava. E’ il retro di una foto. C’è scritto tutto in maiuscole AMSTERDAM ’76. Che cos’è ? Gli sembra in qualche modo familiare. La gira e rimane lì impalato a fissarla. Resta così per circa due minuti, a vederlo da fuori si potrebbe pensare che dentro sia un ribollire di emozioni, ma in realtà non è così. Sta provando a sentire qualcosa, ma non ci riesce. Per un po’ si sforza di riuscire a piangere, dopotutto quella foto ha voluto dire molto per lui, tanto tempo fa. Niente. Non riesce a sentire niente. Niente tristezza, niente nostalgia, niente di niente. Sbuffa e si gira verso le finestre che incorniciano il tramonto sul golfo della città. Sono gli stessi colori della foto, si alza e va alla finestra. Il sole gli sfiora le guance come alla ragazza della foto.
Come è finito lì ? Cosa ha fatto negli ultimi trentacinque anni ? E’ diventato uno degli avvocati più importanti del mondo, possiede decine di case sparse in giro per il mondo e un conto in banca astronomico. Tutti lo considerano un uomo che ha avuto successo nella vita. Eppure la sua mente è vuota, completamente. Nessun ricordo se non vago, nessun volto se non sfocato. Gli sembra di non possedere nulla, come se il suo cervello fosse una cassaforte che lui non sa più aprire da troppo tempo. Si sente inutile. Si sente solo.