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Nell’occhio del ciclone: BSBE @ Medicina Rock Festival 19/06/2015

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Spesso si seguono con trepidazione ed attesa i grandi palchi, i mastodontici festival e le rassegne musicali estive delle città. Troppo spesso ci si dimentica delle realtà più piccole, spesso di provincia, che raccogliendo le forze di una comunità intera riescono a raggiungere risultati sorprendenti.
Questa sera siamo a Medicina, cittadina della bassa bolognese conosciuta per la cipolla IGP e le zanzare che si confondono con gli aironi. Strade deserte tra i campi, la linea piatta dell’orizzonte è rotta solo dalle sponde dei canali rialzati, metanodotti, campanili e silos agricoli.
Il Medicina Rock Festival non si tiene nel centro storico della città, ma nell’aperta campagna, negli ampi spazi del Centro San Marco, un complesso di ex edifici rurali adibiti usualmente allo svolgimento di quei classici eventi emiliano-romagnoli dove lunghe tavolate di bianche chiome attendono il frutto del lavoro in cucina da parte di signore dal largo girovita.
Un grande verdissimo prato abbracciato da campi dorati, filari di alberi ed edifici rossi mattone accolgono il pubblico ed un palco che non ti aspetti in mezzo alla campagna. Ampio, alto, coperto, dotato di un ricchissimo set di luci: a Medicina si fanno le cose in grande.
In cucina e a servire ai tavoli per la cena gli anziani del paese hanno lasciato spazio ai nipoti ed il servizio è rapidissimo ed il cibo non di minore qualità. Parte del pubblico sta cenando, altri stanno arrivando, mentre gli speaker dj di Radio Budrio intrattengono con musica soddisfando le richieste espresse direttamente sotto al palco (i paesi di campagna nasconodono una marea di rockettari “veri”, quelli che richiedono alla radio gli Alice in Chains, mica Tiziano Ferro).
La serata musicale inizia con gli esordienti Bombay. Un quintetto ricco di passione ed un evidente background di cover che non permette a loro di essere molto originali con i propri brani. Il pubblico in generale pare comunque apprezzare, e questo è ciò che importa stasera.
L’atmosfera è quella delle feste, di una comunità di giovani che si danno da fare per realizzare il meglio e festeggiare questi risultati (possibili anche grazie all’aiuto di alcuni sponsor, perchè palco stand e cachet degli artisti costano denaro e non solo buona volontà).
Dopo una giornata altalenante tra cielo sereno e grandinate in giro per la provincia, stasera il meteo non prevede pioggia, quindi di sicuro pioverà. Così è infatti: non molto dopo l’inizio del live dei Bud Spencer Blues Explosion qualche goccia inizia a cadere. Chi non ha paura del volume altissimo e delle sciabolate chitarristiche di Adriano Viterbini non teme di certo un po’ di pioggia: i cappucci si alzano, qualche ombrello si apre.
La chitarra del duo romano si trasforma in un elicottero cercando di scacciare con la sua potenza la perturbazione, ma il vortice musicale pare attirarla a sé. La pioggia diventa una vera e propria bomba d’acqua che crea il fuggi fuggi sotto i tendoni e i gazebo. Il palco è coperto e con qualche accorgimento in più da parte dei tecnici di palco (leggasi “imprecazioni”) si continua a suonare.
I brani si susseguono ma la pioggia si fa davvero troppo insistente, così che in una piccola pausa il pubblico che ancora era rimasto ad infradiciarsi sotto il palco viene invitato a proteggersi sul palco stesso, al riparo del tendone che lo copre interamente.
Il pubblico ordinato sale, si siede a terra al fianco di Adriano Viterbini e Cesare Petulicchio. Quando lo spazio a terra termina si resta in piedi, intorno agli strumenti, abbracciando i due BSBE sorridenti e visibilmente entusiasti di questo fuori programma più intimo ed unico.
L’energia è enorme. La tempesta è tutta intorno, ma anche il duo romano non scherza. I brani, principalmente tratti dall’ultimo album BSB3, sono di una potenza micidiale e poter assistere da così vicino godendo dell’audio di palco è un’emozione rara della quale tutti i presenti, me compreso, possono vantarsi per un po’.
La musica dei Bud Spencer Blues Explosion dal vivo è diversa che nel disco. La miscela di rock, grunge, stoner e blues è veramente micidiale, talvolta anche prolissa negli assoli e nella ricerca sonora e rumoristica di Viterbini, ma comunque unica nella sua carica elettrica capace di entrare nelle ossa, già martoriate dalle pacche di batteria di Petulicchio.
La pioggia si placa e siamo tutti invitati a scendere dal palco per far riprendere il concerto nella sua veste più normale. Il pubblico lascia ogni rifugio, carico di adrenalina e qualche chilo in più per colpa dei vestiti bagnati, ma stasera persino la birra annacquata dalla pioggia sembra migliore. Applausi ed entusiasmo generale da parte di una coraggiosa folla entusiasta.
Più rock di così non si può. Anzi, qualcosa ancora si può. Perchè anche incrociare lo sguardo di una volpe sulla strada del ritorno è molto rock. Ed anche, ormai arrivato a casa, scorgere la pompa di benzina andare a fuoco, anch’esso è paurosamente rock.
Cose che non ti aspetti, ma che accadono.

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