Non si può fuggire da sé stessi per molto tempo. In vent’anni di carriera Justin Vernon ha cercato invano di separarsi dal quel ragazzo che, al debutto nel lontano 2006, ci raccontava in punta di piedi del dolore di un amore finito per la sua amata Emma con un folk innovativo a base di falsetti impetuosi senza coordinate. Negli anni a venire quel ragazzo del Wisconsin si è nascosto sotto una coltre di nebbia sonora con tortuose sperimentazioni elettroniche, dove il cantastorie di montagna si era vestito di un’armatura sintetica, cercando risposte esoteriche in numerologia, ortografia, impaginazione e maiuscole. Oggi quel ragazzo è diventato un uomo che finalmente ha trovato la connessione con sé stesso, ha raggiunto una sua riqualificazione interiore, ha metabolizzato la sua transizione emotiva ed ha realizzato che non sarà mai completo come afferma in Short Story. L’album è diviso concettualmente tra SABLE, dove tre brani pubblicati già in un EP l’anno scorso ci guidano sino al fondo di un prologo emotivo, e fABLE, il “libro” principale, che contiene la nuova evoluzione del sound. Vernon ha descritto SABLE come “una combustione controllata”, che dissipa la fitta nebbia delle personalità passate – il mito isolato dell’uomo triste che si era cristallizzato attorno ai suoi primi lavori. Ecco perchè in brani come Things Behind Things Behind Things, Speyside riaffiora la vena acustica degli esordi in cui primeggiano chitarra, pedal-steel e il suo inconfondibile cantato in falsetto. Awards Season è un brano che parte con semplicità e si muove tra assolo di sassofono, accompagnamento corale e tastiere, per approdare a un punto delicato (il titolo del disco): “Sono una zibellino“, osserva a un certo punto. “E tesoro, noi la favola” è un verso classico dei Bon Iver. Poi inizia fABLE, che rappresenta la rigenerazione: una passeggiata a cuore aperto attraverso il soul, il soft rock e l’R&B funky che si ascoltavano comunemente nelle radio degli anni ’80 e ’90. Tutto funziona egregiamente. Qui c’è un Vernon nella sua versione più spensierata e groove-oriented. Everything is Peaceful Love ha un titolo azzeccato, una jam psych inondata di sole, pensata per essere suonata durante una gita in campagna. Day One, con Dijon e Flock of Dimes, prosegue l’atmosfera con voci burrose e un ritmo che incanta come le radio neo-soul dei primi anni Duemila. From è sfacciatamente sdolcinata con fiati smooth-jazz e tenere confessioni. Ma ci sta come il pastiche di I’ll Be There dove si vira pericolosamente vicino al territorio dei Maroon 5: la sincerità della mancanza può richiedere un’ improvvisa attitudine pop. E There’s a Rhythm, con le note di piano Rhodes e la pedal steel, è il pezzo migliore di questa nuova versione dei Bon Iver: splendidamente semplice e dolorosamente incantevole, si estende per oltre cinque minuti da gustare fino alla fine. La conclusione Au Revoir rispecchia il tono dell’apertura, dissolvendosi in un addio ambientale. Dopo un’assenza di sei anni, SABLE, fABLE non è, né per atmosfera né per musica, un altro For Emma…. Piuttosto, è un album di grande spessore e varietà, che affronta direttamente il peso di quella triste reputazione da cantastorie. È stato definito “l’epilogo” del catalogo dei Bon Iver fino ad oggi, con la vaga indicazione che Vernon, che non ha intenzione di portare in tour questi brani, potrebbe voltare pagina completamente. La scrittura di Vernon è più sciolta, meno criptica e spesso più efficace proprio per questo. Sembra un uomo innamorato: della vita, delle persone, della possibilità di trovare gioia. SABLE, fABLE può essere definito l’album dello sblocco interiore di Vernon. Di solito questi dischi diventano capolavori evergreen.
Credits
Label: Jagjaguwar – 2025
Line-up: Justin Vernon (Producer).
Tracklist:
SABLE
1. Things Behind Things Behind Things
2. S P E Y S I D E
3. Awards Season
fABLE
4. Short Story
5. Everything Is Peaceful Love
6. Walk Home
7. Day One
8. From
9. I’ll Be There
10. If Only I Could Wait
11. There’s A Rhythmn
12. Au Revoir
Links:Sito Ufficiale.
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