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Cutouts – The Smile

Smile-CutoutsLo avevamo detto dopo averli visti dal vivo all’Auditorium Parco della Musica di Roma che The Smile erano pronti per un terzo album a stretto giro, non sapevamo che sarebbe stato tanto stretto, visto che il trio ne ha annunciato l’uscita già il 28 agosto, dopo aver inaugurato il mese con due singoli estratti, per il successivo 4 ottobre, con visionario sarcasmo “to be swallowed up by the fast running stream, down into the giant ever growing river and on to the sea“. Di fatto i 10 brani che compongono Cutouts risalgono alle medesime sedute di registrazione di Wall of eyes nei prestigiosi studi di Abbey Road, e sono stati perfezionati, con la produzione asciutta di Sam Petts-Davies, mediante alcune incisioni aggiuntive nel corso dei tour, durante i quali alcune composizioni venivano già affrontate e perfezionate. Si accendono luci di cristallo “in a beautiful world” e ci si risveglia come dopo il sogno di unicorni dell’agente Deckard in Blade Runner, è il mondo sospeso di Foreign Spies avvolto nella soffice nebbia di tastiere sognanti come quelle di Vangelis, fatto di scenari che scorrono innanzi ad occhi sgranati e increduli per la visione di un futuro che prende inaspettatamente forma. Eseguita dal vivo a Roma Instant Psalm non aveva rivelato la sua discendenza beatlesiana e in particolare dalle trame orientali di George Harrison, oscillando in bilico tra le chitarre al rallentatore di Flying e l’accidiosa psichedelia di Only a northern song, mentre discende lentamente le acque calme di un fiume a bordo di un’acustica armoniosa, tra i riverberi dorati degli archi che ne illuminano la superficie, colorata da denso liquore. La nevrosi prende il sopravvento nel fraseggio che Greenwood imbastisce per la centrifuga acidula di Zero Sum, ben rappresentata nel video promozionale diretto da Weirdcore, una parata di inquietanti sagome pixelate e glitchate dai volti mostruosi, che avanzano in un cupo scenario distopico. Mentre la voce di Yorke sta al centro  della scena ma distante, come il narratore di un film proiettato su uno schermo alle sue spalle, è la chitarra a fare la parte del leone con impulsi ritmici che si rincorrono come schegge impazzite, strizzando l’occhio ai Battles e con in mente la lezione di Fripp, rinforzate da una sezione fiati che nel finale dà una nuova direzione all’incubo, come ai tempi di The national anthem, infatti l’attitudine sperimentale di Kid A sembra rivivere a pieno nell’avventura dei The Smile. In Colours Fly troviamo ancora orientalismo ma stavolta è affine alle trame ipnotiche degli australiani Glass Beams, fatte di caldi riff circolari e ritmica ronzante, finché il vento del deserto trasporta il trio in una dimensione di pura visione immaginifica. Il ritmo prende ancora il sopravvento nel tempo sostenuto di Eyes & Mouth, sul quale si avvitano le scale elicoidali di Greenwood, che ora si serrano a definire nuovi spazi melodici ora prendono una china discendente degna dei sanguigni fraseggi blues di Duane Allman, mentre la voce di Thom dialoga con gli accordi  sospesi di un piano rovente. Anche Don’t Get Me Started suona diversa senza le derive techno dei live, tutta serrata sulle bizzarre progressioni dei sintetizzatori impegnati in una danza macabra e sbilenca, dai movimenti larghi e grotteschi, per finire in una coda eterea e sinusoidale memore dei loop di Baba O’Riley degli Who. Un malinconico piano jazz alla Bill Evans tinge il tramonto dolente di Tiptoe coi suoi archi spezzati e profondi e appena un soffio di voce pronta a scavare solchi incolmabili nell’anima. L’elettronica lo-fi mette sul piatto le prime strofe di The Slip che procede cauta navigando a vista per poi aprirsi in improvvisi lampi di battiti indie, gli stessi che animano il corso ansiogeno di No Words, il cui tappeto percussivo discende direttamente da Waiting man dei King Crimson. A chiudere il cerchio è una canzone jazzata come Bodies Laughing, il cui primo impianto scritto da Yorke risale ad oltre vent’anni addietro e ora s’incanala in una bossa nova obliqua, dalle tinte psichedeliche che impregnano le corde acustiche, mentre cori lontani e oscuri s’intrecciano alle voci acute in primo piano. Troppo sbrigativamente liquidato come l’episodio minore della doppia uscita dei The Smile nell’anno appena trascorso, Cutouts è il perfetto completamento di Wall of eyes col quale compone un dittico inscindibile che conferma il trio come uno dei migliori spin-off della storia del rock, che non ha nulla da invidiare alla casa madre. E mentre li ascoltiamo per un po’ ci crediamo anche noi: “it’s a beautiful world“.

Credits

Label:

Line-up:
Jonny Greenwood (guitars, bass, piano, synthesizers, orchestral arrangements, cello, MaxMSP) – Tom Skinner (drums, synthesizers, percussion, vocals) – Thom Yorke (voice, guitars, bass, piano, synthesizers, artwork, design) – London Contemporary Orchestra (strings on Instant Psalm and Tiptoe) – Hugh Brunt (conductor) – Eloisa-Fleur Thom (leader) – Robert Stillman (tenor saxophone on Zero Sum, bass clarinet on Colours Fly) – Pete Wareham (baritone saxophone on Zero Sum)

Tracklist:

  1. Foreign Spies
  2. Instant Psalm
  3. Zero Sum
  4. Colours Fly
  5. Eyes & Mouth
  6. Don’t Get Me Started
  7. Tiptoe
  8. The Slip
  9. No Words
  10. Bodies Laughing

Link: Sito Ufficiale
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