Luca Pivetti è un giovane regista che ha realizzato un videoclip di notevole impatto e qualità. Il brano che prende forma davanti al suo obiettivo è Il cielo, pezzo degli storici Karma nella versione dei veronesi Facciascura (Quanti ne sacrificheresti?, Vrec 2010) proprio insieme al front-man della band milanese, David Moretti. La decadente e claustrofobica ambientazione del video suscita curiosità che non potevano rimanere insolute ed è per questo che abbiamo incontrato lo stesso Pivetti, regista e sceneggiatore del video in questione, per indicarci una chiave di lettura del suo lavoro, e perchè no, ricordarci ancora una volta (mai abbastanza) quante ore di lavoro richiede produrre un video di qualità che poi viene famelicamente consumato in pochi minuti. (Si ringraziano DavveroComunicazione e Facciascura per la collaborazione)
Innanzitutto come e quando è nato l’incontro tra Luca Pivetti ed i Facciascura?
E’ nato nello studio di David Bonato che si occupa del management per i Facciascura. Mi disse che sapeva dell’intenzione del gruppo di fare un videoclip de Il cielo. Avevo già sentito parlare della band qui a Verona ed incuriosito ho ascoltato il pezzo; con mio grande piacere ho scoperto che si trattava proprio di quel brano: la canzone dei Karma che io stesso avevo amato nel lontano ’94. Era tra i miei pezzi preferiti, quindi mi sono sentito subito in dovere di contattare la band per propormi per il video.
Per la band veronese si tratta di un esordio discografico: il video de Il cielo lo si può considerare un esordio anche per te o hai già avuto esperienza in ambito di videoclip?
Avevo già girato altri due videoclip, oltre ad un corto, istallazioni video ecc. ma l’approccio per Il cielo è stato completamente diverso. Ho avuto infatti la fortuna di lavorare con Francesco Cappiotti (autore dei testi e delle musiche dei Facciascura), persona splendida e davvero sensibile al lavoro altrui, che mi ha lasciato carta bianca per il soggetto senza mettermi quei paletti che solitamente nelle produzioni video trovi sempre; l’unico obbligo era mostrare almeno i due cantanti coi relativi playback, cosa che ho fatto a fatica e con scarso risultato a mio avviso: le parti di playback sono le più deboli, avrei dovuto studiarle meglio. Al di là di questo ho potuto scrivere in totale libertà ciò che la canzone mi trasmetteva, e già la prima stesura del soggetto mi è stata approvata da Francesco: credo abbia fatto non poca fatica a capire cosa avevo in mente ma è stato talmente lungimirante da lasciarmi fare, con mio grande sollievo.
Parlami della nascita del video: curatissimo e ricercato, non si può pensare che sia improvvisato. Qual è stata la sua genesi ed il suo sviluppo?
Sono partito da una singola immagine: la foto nella home page del sito dei Facciascura. C’è questo primo piano di un volto di donna completamente in ombra, non si distinguono i lineamenti, e ho pensato fosse una buona idea per il make up. Da lì l’idea del suo doppio che invece della macchia scura ne ha una bianca nello stesso punto, che ben si sposava col passaggio del testo “uomo senza nome, senza età”; quindi ho iniziato a costruire una storia con questi caratteri speculari sempre cercando di interpretare visivamente i singoli passaggi del testo della canzone.
La location è tutt’altro che un dettaglio, tanto che sembra ci sia continuità tra gli attori, la band ed il luogo che li contengono: quasi non si distinguono, sembrano legati indissolubilmente a quelle luci soffuse, alle foglie che calpestano, alle finestre rotte…
Ero proprio alla ricerca di questo effetto: l’ambiente doveva rappresentare lo stato interiore dei personaggi, un misto di malinconia e decadenza. Mentre tutti gli stipiti rappresentano una visuale aperta sull’anima dei protagonisti: non ci sono porte e altri ostacoli che ci impediscono di “vedere”. Dopo tanti sopralluoghi nei siti più disparati ho trovato una stalla presso un villa antica a Bovolone, in provincia di Verona. Abbiamo composto la scenografia con le foglie del giardino circostante che vogliono rappresentare, oltre questa rovina interna dei personaggi, la stagione dell’albero posto al centro del tavolo; un albero evidentemente più grande della scultura che lo rappresenta, così come la sua ombra suggerisce.
Quali sono state le collaborazioni che ti hanno accompagnato in questo lavoro?
Tutti i membri della troupe hanno dato un contributo fondamentale con un impegno e una devozione davvero emozionanti per me. Da mio fratello Oscar che ha costruito la scultura dell’albero e si è occupato di tutta la scenografia, alla truccatrice Sara Campagnari che ha studiato il make up, alla troupe tecnica composta da Alberto Sturiale come capo elettricista ed Enrico Simoni come capo macchinista. Massimo Costanzi, il direttore della fotografia, ha dato l’apporto più significativo: non solo ha creato questa splendida atmosfera con le poche luci che avevamo a disposizione e si è occupato di tutte le riprese come operatore ma ha unito tutta la troupe contribuendo a creare un’atmosfera piacevole e rilassata per tutta la lunga lavorazione del video. Il lavoro con lui è stato il più soddisfacente.
Entriamo un po’ nel tecnico: come è stato girato il videoclip e quali sono le caratteristiche salienti del lavoro svolto?
Il video è stato girato in HD con una Canon 5D in circa 20 ore di ripresa. Avevamo solo un giorno a disposizione e alla mattina la scenografia non era ancora pronta di conseguenza abbiamo avuto dei gravi ritardi. A parte questo primo inconveniente, si è svolto tutto senza problemi. Diciamo che la caratteristica saliente del lavoro è stata la pre-produzione: circa un mese e mezzo di documentazioni, disegni, provini, preparazione di sculture, elementi di scena; la post-produzione invece è stata più leggera anche se ho fatto un po’ impazzire il montatore, Andrea Sonzio, con diversi cambiamenti.
Tornando al soggetto del video, il bizzarro gioco di simmetria indica l’idea del personaggio ed il suo doppio: puoi spiegarci il significato?
I due attori rappresentano la stessa persona, c’è un unico personaggio che compie le stesse azioni ma in maniera diversa. Volevo rappresentare la specularità insita in tutti gli elementi della natura: dall’uomo, ai rami dell’albero, alle ali della farfalla, e come questa si riproduca all’infinito come suggerisce il finale. E’ come quando si osservano le venature di una foglia: la stessa linea è ripetuta innumerevoli volte.
Credo che i due attori abbiano incarnato perfettamente questo concetto e la loro interpretazione è risultata molto naturale; Guglielmo (Cappiotti, macchia nera in volto) non aveva mai recitato prima mentre Domenico Curci è un vero attore nonché mio interprete preferito, siamo già al terzo video insieme, con lui ogni scena diventa speciale, ha un non so che di malinconico che mi appassiona sempre.
Può apparire banale, ma per un brano dal titolo Il cielo l’immediata associazione figurativa è appunto uno spazio aperto, al contrario è stato scelto un luogo angusto, povero di luci. L’unico riferimento al quale riesco ad appigliarmi sono le farfalle e loro bellissima rielaborazione nel video. Cosa rappresentano nella loro versione fisica ed in quella rappresentata nei centinaia di fogli appesi alla parete?
C’è un passaggio nel testo della canzone “uomo racconta la tua storia”: avevo bisogno di rappresentare visivamente questa storia senza ricorrere ad esempio ad una penna che scrive su un foglio. Cercavo qualcosa di interessante, un essere vivente in grado di muoversi liberamente nell’aria; la farfalla con l’ala malata che viene riparata per poter volare di nuovo mi è sembrata una scelta appropriata. Inoltre quella determinata specie ha dei meravigliosi colori che ricordano un cielo al tramonto (si chiama infatti Sunset Moth ed è in realtà una falena: vive solo di notte). La sua versione “cartacea” non è altro che l’essenza speculare di quella fisica, proprio per rispettare quel concetto di doppio che pervade tutto il video. Ci sono centinaia di fogli: ha/hanno riparato e salvato centinaia di farfalle e lo faranno eternamente.
Il videoclip legato al brano dei Karma era un bellissimo e semplice omaggio al fenomeno del grunge, dove i musicisti incarnavano una tendenza, o comunque un modo di vivere la musica e non solo. Ora la questione è diversa: con i Facciascura, slegati da questi fenomeni culturali, c’è stato modo di narrare anche con il videoclip. Pensi che sia questo il vero ruolo dei videoclip musicali, o si tratta di un caso “fortunato”?
Il videoclip è un ottimo strumento espressivo per un videomaker e sarebbe bello se si potesse sempre narrare una storia in modo artistico; purtroppo ciò non è spesso possibile. Nella stragrande maggioranza dei casi al videoclip si chiede solo di essere un veicolo promozionale base, ossia mostrare bene i musicisti e farli sembrare più belli possibile, e se non c’è una storia poco importa perché comunque porterebbe via più soldi e più tempo. Tutto ciò è sbagliato secondo me: investire artisticamente ed economicamente in un videoclip è importante in quanto più lo rendi interessante più accresci la pubblicità alla canzone e all’artista stesso; sembra un concetto scontato ma spesso in realtà non lo è. Inoltre narrare una storia, magari anche slegata dalla musica, non fa che allargare l’universo della canzone stessa rendendola più spendibile anche in altri contesti.