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L’Alba Irradia L’inutile Parola – En Plein Air

Immaginate il silenzio. Immaginate il vuoto. Immaginate le pagine lise di un vecchio libro di poesie, di quelli che vi hanno costretto a studiare a scuola e di cui mai nessuno vi ha insegnato ad amare la bellezza e il mistero, oltre le righe. Immaginate che accanto a voi sieda Eugenio Montale, che con fare discreto recita alcune delle sue liriche migliori, così dense di nebulosa meraviglia. Immaginate, nel silenzio, una musica nuova che invade la stanza e vi sussurra nell’anima. Sei strumenti, nessuna voce. Ascoltate.
“Vedi, in questi silenzi in cui le cose/s’abbandonano e sembrano vicine/a tradire il loro ultimo segreto,/talora ci si aspetta/di scoprire uno sbaglio di Natura,/il punto morto del mondo, l’anello che non tiene,/il filo da disbrogliare che finalmente ci metta/nel mezzo di una verità…”.
La verità è che questa musica coraggiosa e delicata degli En Plein Air è bella. Bella e intrigante nelle sue sonorità post-rock miste alle melodie struggenti ed intense della musica per strumenti ad arco. Ne è un esempio L’alba in cui la chitarra fa da angosciante tappeto alle note sofferte e nervose create dall’archetto della violinista. Tra le corde dove la mano scivola con sottile indulgenza, l’assenza di parole arriva inaspettata e lieve. E mi incanta. Mi riporta alla memoria quelle poesie i cui ritmi leggeri scandiscono il vuoto e raccontano il silenzio. “Non chiederci la parola che squadri da ogni lato/l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco/lo dichiari e risplenda come un croco/perduto in mezzo a un polveroso prato…”
Un prato lontano e bagnato di rugiada, un paesaggio onirico e fiabesco che questa musica sembra cantare, un viaggio tra paesi perduti e ritrovati in una mescolanza di note evocative e profonde. Non servono parole per lasciarsi trasportare dalle emozioni che suscita questo primo ep L’alba Irradia L’inutile Parola: tempi semplici e armonie romantiche scavano nell’animo, alla ricerca di un perfetto equilibrio tra gli strumenti, dove tra due chitarre, synth, basso e batteria, il violino apre quasi con velata angoscia L’alba.
“Spesso il male di vivere ho incontrato:/era il rivo strozzato che gorgoglia,/era l’incartocciarsi della foglia/riarsa, era il cavallo stramazzato…”.
Melanconica, eppure accattivante, questa musica muta, che scorre, che scava, che cerca.
Cerca una maglia rotta nella rete/che ci stringe, tu balza fuori, fuggi!/va, per te l’ho pregato, – ora la sete/mi sarà lieve, meno acre la ruggine…”.
Le chitarre sembrano balzare fuori, in Irradia, da quella maglia rotta nella rete delle convenzioni musicali, e diventano più incisive, le distorsioni e i riff si trasformano da rugginosi sussurri ad urla senza parole. Ma è con L’inutile che si apprezza tutto il lavoro di sperimentazione degli EPA: il violino mormora note mentre atmosfere opache saturano le chitarre effettate in un crescendo spettacolare nel finale. Il silenzio e l’assenza diventano fuga e ricerca, fuga da una musica magari più facile e fruibile, e ricerca di una melodia più intima e personale, sicuramente non semplice da apprezzare proprio perché abituati al rumore, al ritornello banale. Fermatevi, create il vuoto e lasciatelo riempire dalle note, e dalla poesia. Abbandonatevi a questa musica morbida e diversa.
“Lo sguardo fruga d’intorno,/la mente indaga accorda disunisce/nel profumo che dilaga/quando il giorno più languisce./Sono i silenzi in cui si vede/In ogni ombra umana che si allontana/qualche disturbata Divinità.”
Tra le ombre soffuse, arriva, e chiude l’ep, Parola. L’inizio di rullante ricorda una marcia, rotta dall’argentina risata di una lontana divinità, quel violino, leggero, soave, delicato ma forte, che accompagna lo sguardo lungo scogliere immaginarie profumate d’Irlanda, e si perde nell’infinito girotondo di altri luoghi della memoria. Le chitarre ne fanno da contraltare con le distorsioni. Una formula strana, quasi un’arcana magia, una pozione misteriosa. Onde sugli scogli, a infrangersi nel vento salato che porta note di archi. Un uomo cammina, sul crinale umido dove il mare lambisce il cielo. Il cielo dentro, e la musica intorno. La musica, o il silenzio. E l’assenza di parole diventa l’unica verità possibile, nel frastuono delle voci.
“Ah l’uomo che se ne va sicuro,/agli altri e a se stesso amico,/e l’ombra sua non cura che la canicola/stampa sopra uno scalcinato muro!/Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,/sì qualche storta sillaba e secca come un ramo./Codesto solo oggi possiamo dirti,/ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.”

Credits

Label: Autoproduzione – 2007

Line-up: Ludovico (basso) – Eric (chitarra) – Giovanni (chitarra) – Marzia (violino) – Enrico (batteria) – Aron (synth) – Andrea (factotum)

Tracklist:

  1. L’alba
  2. Irradia
  3. L’inutile
  4. Parola

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2 commenti

  1. Mitica Alessandra! Il tempo atteso è stato giusto per questo capolavoro di intuizione sinergica tra la poesia di Montale e la musica degli En plein air!

  2. che bella questa recensione… e che bella proposta gli En Plein Air…:)

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