Suona scintillante, solare, quasi spensierato. Ma El Galactico, il nuovo album dei Baustelle, è un inganno ben congegnato. Dietro il jingle-jangle delle Rickenbacker, le armonie à la Byrds e i richiami alla California anni sessanta si nasconde l’ombra lunga del presente. Le canzoni abbracciano l’estetica pop per colpire più a fondo: parlano di morte, di vuoto, di relazioni che si sgretolano, del bisogno disperato di trovare un senso. C’è qualcosa di febbrile in questa tracklist, un’urgenza malinconica che riesce a essere al tempo stesso abrasiva e carezzevole, con melodie che si lasciano canticchiare e testi che non fanno sconti. È il secondo disco dopo la rifondazione, e conferma una libertà creativa inedita, più istintiva, più viva. Meno compiaciuta, più viscerale. Ogni brano sembra voler trattenere l’attimo prima che scivoli via, consapevole di vivere in un tempo che brucia tutto troppo in fretta. Ma i Baustelle ci provano lo stesso: tirano fuori storie vere, personaggi alla deriva, incubi dolcissimi e visioni ad alta definizione di ciò che siamo diventati. La bellezza sta anche negli arrangiamenti, ricchi senza essere barocchi, con fiati, archi, tastiere e qualche strizzata d’occhio al lounge spaziale. C’è una leggerezza apparente che si scontra continuamente con la densità delle immagini, in un contrasto ben rappresentato dall’equilibrio fragile di Spogliami, il primo singolo estratto, dove l’eleganza è solo un modo gentile di mettere a nudo l’inquietudine.
In fondo, El Galactico è un album pop che ti accoglie per poi lasciarti con qualche domanda di troppo. Canzoni come Pesaro, L’arte di lasciar andare o Una storia che non si limitano a suonare bene: ti restano addosso, ti parlano sottovoce anche quando sembrano urlare. Sono brani che mettono in scena il paradosso contemporaneo: la voglia di vivere e la paura di farlo davvero. Come accadeva già in L’amore e la violenza, la band costruisce un mondo fatto di contrasti, dove l’incanto e la disillusione convivono nello stesso accordo. È un disco che fa male con garbo, che sa farsi ascoltare senza mai compiacersi. E anche quando si maschera di leggerezza, come in La filosofia di Moana, sa infilare il coltello nei punti giusti. Più che raccontare storie, El Galactico registra lo spaesamento collettivo, la perdita di coordinate, la difficoltà a lasciarsi andare. Ma lo fa senza mai appesantire, con una grazia lucida e una dolcezza che non cede mai al sentimentalismo. Ed è proprio in questo corto circuito tra disincanto e incanto, tra ironia e pietà, che si ritrova la cifra più autentica dei nuovi Baustelle. Un disco che parla di oggi con parole di ieri e visioni di domani, dove ogni riferimento culturale non è mai solo vezzo ma parte di un racconto più grande, più profondo.
E poi c’è quel titolo, rubato a un’insegna di periferia, che diventa simbolo di una fuga a occhi aperti, di un sogno sghembo che suona retrò e contemporaneo insieme. Come dire: se tutto intorno brucia, che almeno sia un incendio bello da vedere. E magari anche da ballare, a occhi chiusi, con le lacrime che si confondono col trucco.
Credits
Label: BMG – 2025
Line-up: Francesco Bianconi (voce principale e polistrumentista) – Rachele Bastreghi (voce e tastiere) – Claudio Brasini (chitarra).
Tracklist:
- Pesaro
- Spogliami
- Canzone verde, amore tossico
- Filosofia di Moana
- Una storia
- L’imitazione dell’amore
- L’arte di lasciar andare
- Per sempre
- Giulia come stai
- Lanzarote
- La nebbia
- Non è una fine
Link: Sito Ufficiale
Facebook