I Sigur Rós tornano in Italia dopo due anni e scelgono la verde cornice del parco di Monza per ripresentarsi al nostro pubblico. E’ la seconda data dell’I-days Festival 2016 e loro sono gli headliner (prima si sono esibiti, tra gli altri, Stereophonics, Shura e Lapsey) in una giornata tra le più afose di quest’inizio di estate.
La novità principale di questo tour degli islandesi è la formazione ridotta all’essenziale, quindi sul palco troviamo solo i membri ufficiali della band (Jónsi Birgisson alla chitarra, Orri Páll Dýrason alla batteria e Georg Hólm al basso) e una massiccia dose di effetti grafici computerizzati proiettati alle loro spalle.
La scaletta si apre subito con Óveður, il nuovo singolo, e l’unica canzone inedita dello show, un lento incipit con una batteria elettronica che i tre suonano nella parte posteriore del palco dietro ad un enorme pannello metallico che in parte li nasconde ai fan.
Starálfur dal secondo album Ágætis byrjun (1999) è una piacevole sorpresa che non sentivo live dal primo loro concerto che vidi, a Ferrara del 2003.
A metà della terza canzone, Sæglópur, viene sollevato il pannello e i Sigur Rós avanzano verso la parte anteriore del palco facendosi finalmente ammirare dal pubblico che giustamente va in visibilio.
Su Glósóli, uno dei singoli estratti da Takk… (2005) ho l’impressione che Jónsi fatichi dal punto di vista vocale, cosa che però non noterò più nel resto del concerto.
Lo schermo dietro di loro si incendia di rosso: parte Vaka da ( ) (2002) , poi seguono Ný Batterí ancora da Ágætis byrjun, E-Bow (il brano che ho preferito in tutta la serata) e Festival da Með suð í eyrum við spilum endalaust (2008). In quest’ultima, Jónsi (l’unico sul palco ad essere illuminato da un occhio di bue) trattiene un acuto per quasi un minuto ma purtroppo parte del pubblico ha applaudito invece che stare in religioso silenzio ad ascoltare questa sua fatica, rovinando così l’atmosfera che si stava creando. Il finale di Festival, invece, è forse il momento nel quale ho più sentito la mancanza della band al completo, soprattutto l’assenza della sezione fiati.
Il concerto continua con due pezzi dal loro ultimo lavoro Kveikur (2013) dal quale vengono eseguiti Yfirborð e la title track.
Alla bellissima Hafsól dall’album di debutto Von (1997) spetta il compito di chiudere il main set .
Dopo qualche minuto i tre folletti islandesi tornano sul palco per l’encore costituito dal loro classico finale Popplagið: più di dieci minuti che valgono da soli il prezzo del biglietto anche se questa canzone risulta indebolita rispetto ai precedenti live ai quali ho assistito, sempre per lo stesso motivo descritto per Festival.
Ho la sensazione che in questo tour i Sigur Rós abbiano puntato molto sugli effetti speciali per cercare di “distrarre” lo spettatore dalla mancanza degli altri musicisti e dei suoni orchestrali, cercando di compensare in questo modo che però a me non ha convinto del tutto. Probabilmente mi avevano abituato troppo bene e quindi di questo concerto, in sintesi si può dire: bello ma sappiamo benissimo che possono fare di più. Aspettiamo allora di rivederli presto, con il prossimo album e relativo tour, fiduciosi riguardo ad una ritrovata voglia di stupire.
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