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Fuori dalle categorie: intervista a La rappresentante di lista

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Il secondo disco de La rappresentante di lista, Bu Bu Sad (2015), si scosta fortemente da quanto proposto in precedenza in (Per la) via di casa (2014). Nuovi stili a delineare forme e spazi nei quali Dario Mangiaracina e Veronica Lucchesi hanno portato una quantità inimmaginabile di colori e emozioni.
Prima di poterli vedere dal vivo in occasione della nuova edizione di Enolibrì (presso il TPO di Bologna) abbiamo voluto incontrarli. La rappresentante di lista, anche in quest’intervista, dimostra che la forza della propria identità risiede proprio nella sua varietà e mutevolezza.

La rappresentante di lista è un duo, ma un po’ anche una band. Come sono stati composti i brani di Bu Bu Sad? “A chi va il merito di cosa”?
LRDL è una band! Dopo la moltiplicazione per partenogenesi sarà difficile ridursi ancora ai minimi termini. Marta (Cannuscio – batteria e cori) ed Enrico (Lupi – synth e tromba) sono dei grandi compagni di viaggio. Le canzoni di Bu Bu Sad sono state scritte da Dario e Veronica, testi e melodie. Poi è stato fatto un gran lavoro in studio con Roberto Cammarata (Waines, Omosumo), Matteo Romagnoli (Garrincha Dischi) e Nicola “Hyppo” Roda (Garrincha sound system).

Ci sono momenti del vostro vissuto (eventi, periodi) che sono precisamente legati alla composizione dei brani senza i quali questi ultimi non sarebbero mai stati scritti?
Temo che sia un po’ diverso: ci sono canzoni di questo disco che hanno previsto in modo spaventoso alcune cose che ci sono poi capitate. Le nostre storie le costruiamo depositando ricordi, sono come certi detriti preziosi nel flusso di un fiume in piena, che è la vita. Probabilmente, porsi nella condizione di scrivere canzoni ti permette di vedere quel fiume dalla foce al mare in tutta la sua interezza e prevedere qualcosa del futuro.

Per La Rappresentante di Lista questo vostro ultimo disco, Bu Bu Sad, potrebbe essere definito l’album “della maturità”: le canzoni hanno strutture più complesse rispetto ai precedenti lavori. La ritenete un’evoluzione o un passo laterale in sperimentazioni differenti da quanto fatto prima?
Non siamo affatto arrivati alla nostra maturità! Siamo lontani… Bu Bu Sad è stato un salto nel buio. Abbiamo sperimentato, osato, sbagliato, esagerato. Per il futuro sicuramente faremo lo stesso, tenendo le cose che ci hanno convinto del nostro percorso.

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Bu Bu Sad è molto completo anche come contenuti emotivi: gioia, malinconia, rabbia, euforia, amore. Eppure riesce a non apparire schizofrenico ma assolutamente naturale. Non è così usuale riuscire ad offrire un campionario così vasto; questo è frutto di una volontà precisa o di un caso dovuto alla spontaneità?
Riflettevo sul fatto che da quando mi sono alzato stamattina (saranno passate un paio d’ore) ho quasi provato tutte quelle emozioni (mi manca l’euforia, ma potrebbe arrivare prima della fine dell’intervista). Quello che ci piacerebbe sempre trovare nella musica che ascoltiamo e che produciamo è un ventaglio emotivo complesso, fuggendo da quelle che a volte sembrano invece le uniche direzioni possibili nel repertorio di certa musica italiana: una “abbastanza” malinconia e una semifredda gioia.

Anche i riferimenti musicali sono i più vari: la canzone d’autore italiana, un qualcosa dagli anni ’90, un retrogusto vintage, tinte r’n’b ed hip hop, elettronica…qualcuno lo definirebbe un sound “metropolitano”, ma la vostra etichetta è a Bologna. Dove sta il trucco?
Oggi non bisogna passeggiare tra i vicoli di Genova per essere cantautori, non bisogna schioccare le dita sulle corde di un contrabbasso per risuonare in un’altra epoca, non bisogna vivere nel ghetto per apprezzare certa musica hip hop, né essere tedeschi per suonare elettronica. Abbiamo passeggiato in Via del Campo prima di conoscere Genova e un brivido soul ha squassato i nostri corpi ascoltando James Brown. Rifiutiamo il concetto di genere. Siamo queer.

Ci sono invece influenze che voi stessi riconoscete come determinanti per La Rappresentante di Lista? Vi chiedo di elencare impulsivamente alcuni brani di altri artisti/band per soddisfare la curiosità e stimolare la condivisione.
Missy Elliot – WTF? (ecco l’euforia)
Kadebostany – Castle in the snow (rabbia)
Tune Yards – Gangsta (gioia)
Florence + the Machine – Spectrum (malinconia)
Omosumo – Nowhere (amore sfumatura 1)
Giacomo Puccini – Vissi d’arte (amore sfumatura 2)
Alabama Shakes – Future People (amore sfumatura 3)

Nel vostro album non mancano brani struggenti ma delicati, come Siamo ospiti. Personalmente mi ha colpito molto e mi piacerebbe, se possibile, sapere qualcosa di più su questo brano. Chi sono i protagonisti? Cosa accade a loro e cosa ci raccontano?
I protagonisti di questa storia potremmo definirli degli autostoppisti. Si trovano in una condizione per la quale non sanno cosa succederà, quale mondo li accoglierà, quanto durerà il loro viaggio. Le situazioni che la vita ci propone a volte non ci appartengono fino in fondo. Ci ritroviamo a viverle con la curiosità che è dei bambini che cercano un nascondiglio mentre l’altro conta. “Questo sarà un luogo sicuro?”, “Mi troveranno?”. Dentro questa canzone c’è la paura di non sapere dove andare. C’è la necessità di affidarsi a qualcuno per sentirsi a casa e poi c’è un film: Ferro 3 di Kim Ki-duk.

Fra poco tempo assisterò per la prima volta ad un vostro concerto. Cosa devo aspettarmi? Quali sono per voi gli elementi più importanti nell’esibizione?
Abbiamo curato molto la parte musicale del live, settimane di prove e poi una produzione in un club a Palermo per scegliere i suoni e le atmosfere di ogni canzone. Ogni concerto poi diventa il momento per decifrare quello che nessun artista potrà mai verificare prima che accada: il pubblico. Il pubblico è un evento atmosferico, decide il microclima di una messinscena a teatro o durante un concerto. E per noi è un elemento, una variabile fondamentale del nostro live. Ci interessa il dialogo che si instaura con le prime file, il disinteresse della gente in fondo (quella più vicina al bar), la curiosità di quelli che stanno in mezzo. Non sapremmo dire cosa ci si deve aspettare durante un nostro live. È un rito collettivo e non dipende solo da noi!

I vostri vecchi brani come si inseriscono nella scaletta? Avete adattato gli arrangiamenti alle nuove sonorità de La Rappresentante di Lista?
Sì, anche i vecchi brani hanno preso una piega diversa. A volte si tratta di quello che avremmo voluto sin dall’inizio ma che in due non potevamo ottenere nel set del primo tour. Per altre canzoni è stato come arrangiarle da zero. Abbiamo cercato di integrare anche brani più “piccoli” come D.A.Q.C.M. all’interno del nostro Queer Power!

Ma ditemi una cosa… perché in copertina fate piangere quella bambina?
Capovolgi la copertina e la bambina ti sembrerà più serena alla fine della storia.

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