Bastano pochi giri melodici ed uno sguardo alla copertina per essere catapultati in un mood cinematografico, di quelli un po’ appannati ed evocativi.
Un album aprico e sapientemente arrangiato per il quale Roberto Dellera, noto bassista degli Afterhours, ha scelto un titolo pungente e poco rassicurante: Star bene è pericoloso.
Si tratta del secondo lavoro per Dellera, dopo il suo album di esordio da solista Colonna Sonora Originale, datato 2011.
11 tracce in cui psichedelia, pop anni 60-70 dal sapore brit e melodia si fondono per dar vita ad un immaginario definito nel quale è facile riconoscere l’estetica ed il gusto del nostro Dellera.
Spersonalizzazione per narrare le vicende protagoniste delle liriche, come se a cantarcele fosse un alieno o un astronauta: questo è stato il metodo utilizzato da Dellera per la composizione di molte delle tracce dell’album, così da sentirsi totalmente libero e diretto in ogni tematica. L’album nel progetto originale doveva essere una sorta di operetta ma il tempo però non è stato sufficiente per portare a temine l’intento; non si esclude quindi l’uscita, in tempi brevi, di una seconda parte a completamento dell’opera.
Così, scorrendo i brani, ci troviamo difronte a Maharaja che rimanda ai Beatles del periodo psichedelico, tra cori sussurrati e sonorità esotiche, ricreate dagli archi orientaleggianti di Rodrigo D’Erasmo (violinista Afterhours), dallo strumento antenato dei tanto cari campionatori, il mellotron, e dalla partecipazione di Nic Cester (ex frontman dei Jet).
La title track, Star bene è pericoloso, ti lancia delicatamente dentro ad una pellicola vintage in bianco nero, dove l’amore è vincolato da una scelta di possibilità. L’accento con cui sono pronunciate le parole ci riporta alla mente i cantautori italo-inglesi anni 60, così come la scelta dei suoni.
L’atmosfera de La repubblica dei desideri è ancora più di reminescenza morriconiana, come qualche anno fa avevano rispolverato e riportato alla luce i Last shadows puppets di Kane e Turner. E’ qui che il viaggio onirico dell’artista ha il suo momento di massimo interesse: una repubblica immaginifica “dove i mari non dividono ma uniscono/ un posto mobile senza padroni“.
Non ho più niente da dire vede un featuring con Rachele Bastreghi, voce e tastiere dei Baustelle, attualmente impegnata anche in un progetto da solista. I cambi ritmici si sposano fondendosi con l’eleganza dei giochi di controcanto delle due voci, rarefacendo e sospendendo le malinconiche atmosfere pennellate.
C’è spazio anche per la spiritualità in Siamo d’argento, dove un alieno in visita sulla terra ci lascia un messaggio prima di ripartire: “Niente più sbornie o grandi passioni ci siamo resi immuni al contagio Padre del Cielo eccomi qua’ illudi la realtà, Padre sei solo Padre del Cielo eccoci qua seduti tutti a terra”.
45 minuti per immergersi in un’atmosfera nebulosa e garbata, dove le suggestioni prendono per mano sonorità retrò, tra l’Hacienda di Manchester e la Bussola di Forte dei Marmi. Quando l’eleganza rincorre la consapevolezza non c’è molto altro da dire.
Credits
Label: Martelabel – 2015
Line-up: Roberto Dellera (voce, chitarra, basso, farfisa, pianoforti ed altro) – Lino Gatto e Fabio Rondanini (drum kit) – Rodrigo D’Erasmo (violini) – Andrea Pesce (moog, piano e mellotrons) – Enrico Gabrielli (sax) – Rob Daz (tromba) – Xabier Iriondo (contemporary noises e chitarra) – Tom Livermore (basso) – John Large (drums) – Rachele Bastreghi (voce in Non ho più niente da dire) – Nic Cester (voce in Maharaja), Micol Martinez (cori ne La Repubblica dei Desideri e Siamo Argento).
Tracklist:
- Il motivo di Jimmy
- Star bene è pericoloso
- La repubblica dei desideri
- Maharaja
- Testa floreale
- satellite in orbita
- Non ho più niente da dire
- The constitution
- Ogni cosa una volta
- Un ultimo saluto (l’addio)
- Siamo argento (la visita)
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