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20th Century Music – Roberto Aussel

Uno strumento che nel 1900 ha visto arricchire il suo repertorio con composizioni che sfruttano le sue peculiarità è la chitarra classica. Un repertorio che però è ancora oggi poco conosciuto da molti, e quindi sottovalutato, anche perché poco incline alla amplificazione, senza la quale, ai giorni nostri, sembra non potersi fare più nulla!
Pensate che fascino può avere questo strumento, completamente avvolto dal corpo dell’esecutore, l’unico che produce il suo suono direttamente tramite le dita, senza bisogno di un mezzo esterno, sia esso plettro, martelletti, tasti, archetto, chiavette ecc, una dinamica che va dal pianissimo al mezzo piano, si e no arriva al mezzo forte, che riesce, però, a giocare perfettamente proprio con le dinamiche (forti, piani, crescendi, decrescendi), che può servirsi di una diversità timbrica e di molti altri mezzi espressivi assolutamente peculiari.
Il CD che voglio proporre al vostro ascolto è composto da musiche del ventesimo secolo, ma non  quelle in cui, per dirla come l’ha detto un bimbo, i suoni sembrano non avere senso, come potrebbe essere per composizioni dodecafoniche o “musica seriale”, e per quella un po’ più particolare detta “aleatoria”.
Tanto per ridere: una volta, in un teatro pieno di abbonati, ad un concerto di musica contemporanea, su un brano di Anton Von Webern, esponente eminente della musica seriale, si è sentita una persona chiedere se gli strumentisti stavano suonando o accordando!
Invece con queste musiche siamo ancora in quella fase in cui la tonalità non è persa del tutto, ma le sonorità si arricchiscono di dissonanze, e non sempre c’è una melodia ben definita da seguire. Insomma, un’idea per cominciare ad esplorare questo mondo.
Vorrei consigliarvi l’ascolto del CD 20th Century Music, prodotto dalla GHA ed inciso dal chitarrista argentino Roberto Aussel, che ha dedicato la maggior parte dei suoi studi al repertorio della musica contemporanea e che, a mio avviso, con queste incisioni fatte nel 1985 e nel 1990 ha regalato al mondo della musica, e della chitarra in particolare, una preziosissima opera da custodire gelosamente.
Il M° Aussel dà subito prova della versatilità dello strumento con il brano dell’autore francese Francis Kleynjans (1951), intitolato A l’aube du dernier jour. Il brano si divide in due movimenti, Attende ed Aube.
Che vuol dire? Avete presente il panico del quando applaudire che prende chi ascolta un concerto di musica classica? Ebbene, avviene perché un brano spesso è formato da più parti, che sono chiamate “movimenti”, appunto, e l’interpretazione è strettamente legata al come vengono legati i vari movimenti.
Il nostro brano narra la sensazione dell’attesa di un condannato a morte (Attende), e la sua camminata verso il patibolo per l’esecuzione, che, come nelle migliori tradizioni, avviene all’alba (Aube). No no, non impressionatevi, niente di tetro, ma davvero geniale! E sì, infatti bisogna ascoltare l’utilizzo espressivo della chitarra. Viene simulata l’ansia del condannato con una, due, tre note, seguite dallo scorrere del tempo scandito dal ticchettio dell’orologio, e questo tic-tac è eseguito con corde stoppate. Verrebbe da dire: suoni onomatopeici! Si avverte l’angoscia di non riuscire a fermare il tempo, fino alla rassegnazione. I rintocchi di un orologio, riprodotto con corde “intrecciate”, fanno capire che siamo arrivati all’alba. Si sentono dei passi, riprodotti con effetti percussivi, che si fermano dietro la porta. Il rumore della chiave nella serratura, lo girare di quest’ultima nella toppa e il rumore della porta che si apre. Quindi un ostinato di quattro note imita l’andatura della camminata di quest’uomo verso il patibolo. Nel frattempo la mente del condannato è invasa da mille pensieri, mille sensazioni, fino ad arrivare alla realtà della’esecuzione, la camminata che si ferma, effetto pizzicato della chitarra, fino ad arrivare al posizionarsi e all’esecuzione: corda tirata, un “tocco alla Bartok” (che poi è un effetto simile, ma non uguale, allo slap di uno strumento elettrico)! Come vi dicevo, geniale!
Segue la Sonatina Meridional di Manuel Maria Ponce (1882-1948), un compositore messicano che fu molto amato dal grande chitarrista Andrès Segovia a cui la chitarra deve tanto e che è stato dedicatario di buona parte del repertorio chitarristico novecentesco. Il brano, diviso in tre movimenti, rimanda ai suoni e ai ritmi popolari, con belle melodie ma sorrette da un’armonia molto particolare.
Quindi c’è la Cavatina del polacco Alexander Tansman (1897–1986), composta da ben cinque movimenti! Il brano, tra i più importanti del repertorio chitarristico del novecento, è davvero molto bello. Normalmente la Cavatina indica una particolare aria usata dagli operisti del 1700 e 1800 per presentare vocalmente e psicologicamente un personaggio. Qui il termine Cavatina è utilizzato come “suite” di brani, composti dopo che il compositore è rimasto affascinato dalla città di Venezia e dalla sua laguna, luogo in cui Tansman amava soggiornare spesso, in cui si mette ben in risalto le timbriche e la cantabilità della chitarra. Contemporaneo nell’armonizzazione, ma estremamente godibilissimo… come un film!
Seguono due brani del compositore spagnolo Joaquin Rogrigo (1901-1999), En los trigales e Fandango, in cui esce la Spagna del flamenco e dei sui locali. La chitarra assomiglia ad un’orchestra che si passa le frasi da una sezione all’altra, sfruttandone le caratteristiche timbriche.
Il CD si chiude con la Sonata opus 47 unica composizione per chitarra del compositore argentino Albero Ginastera (1916-1983), apprezzato anche dal celebre Keith Emerson. Questa sonata, che ha segnato un’era importante per la chitarra per come sfrutta le sue caratteristiche, è quella che più ci porta su quella musica contemporanea di cui vi parlavo all’inizio. Come tutte le sonate è formata da quattro movimenti: Esordio, Scherzo, Canto e Finale, questi ultimi due pensati come un unicum, infatti occupano una sola traccia. In questo brano, scritto nel periodo neo-espressionista dell’autore, è possibile ascoltare tutte le peculiarità della chitarra, dalle note basse a quelle sovracute, fin oltre la tastiera, addirittura viene utilizzato anche il suono delle corde tirate appena prima del capotasto, quella barretta verticale dopo la quale è possibile premere le corde, per poi sfociare nella ritmica vorticosa dell’ultimo tempo, fatta di rasgueados e ritmi percussivi in contro tempo.
Non cercate a tutti i costi delle melodie, apritevi ad un ascolto nuovo della musica e lasciatevi trasportare dalla magia che l’interprete crea con la sua visione del brano.

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