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Imparare a scegliere i ricordi: Giuliano Dottori @ Il Rifugio Acustico (BO) 16/03/12

La primavera svela le sue carte in questa serata bolognese. Può apparire una frase superflua, ma descrivere il tempo atmosferico quando si parla di musica dal vivo è quasi fondamentale, perchè non si può negare il fatto che le due cose siano strettamente legate. Una non può modificare direttamente l’altra, ma entrambe possono alterare le  rispettive percezioni.
Il clima è mite sotto i silenziosi portici: via Sant’Isaia è semideserta e distante dalla baraonda dei lunghi aperitivi nelle vie universitarie. Le luci calde avvolgono i muri degli ininterrotti caseggiati, giocando con la prospettiva e l’umore della gente. Passeggiando ho proprio pensato quanto fosse brutta quella via, stretta e occlusa dagli alti palazzi, con il suo nero asfalto e la linea gialla che indica la preferenziale dei bus. I pochi negozi hanno le serrande chiuse, metalliche e fredde. Il Rifugio del Neurone appare proprio una meta per viandanti, un rifugio appunto.
Il locale non è niente più di un bel bar (con un soffitto in legno a cassettoni, dipinto, antico, violentato e dimenticato, come tante cose non valorizzate nella bella e sempre più cieca Bologna). Scendendo le scale si accede ad una saletta interrata; un luogo come tanti che, nella sua semplicità dei muri freddi e le porte di metallo, trova un senso di intimità in cui la chitarra di Giuliano Dottori, appoggiata a terra, pare trovarsi a casa, in luogo amico.
La semplicità è la qualità che contraddistingue questo tour del cantautore e chitarrista milanese. Per il  Come a Casa Tour sono stati scelti luoghi e modi intimi per gustare l’essenzialità di una musica che sa riempire i vuoti con poesia e passione, e la rassegna Il Rifugio Acustico organizzata da La Fabbrica sposa perfettamente questi principi.
La chitarra acustica amplificata, la voce: niente più. Questo è ciò che basta per immergersi in un mondo delicato e profondo. Dottori scandaglia gli animi con grazia, usando la parola e la voce come un misurato pittore. Le note della chitarra sono un tutt’uno con il timbro vocale, ed escono piene e ben calibrate dall’amplificatore.
Non siamo in molti a godere di questo spettacolo perchè bizzarre coincidenze hanno portato questa sera a Bologna molti nomi della scena musicale italiana che fanno riferimento al medesimo bacino di seguito: ne consegue che sdoppiarsi è difficile e forse a rimetterci è stato proprio l’evento che aveva puntato a giocare d’anticipo con l’orario per “aprire” la serata musicale offerta dalla città. Essere pochi, però, ha un lato positivo: l’esclusività. In questo modo le vibrazioni ti colpiscono per forza, non si può evitarle, ed anche se l’umore non è dei migliori, queste arrivano e fanno il loro compito, vengono assorbite e si sa che prima o poi si sveleranno.
Talvolta può capitare che, per un insieme di fattori differenti e personali, si assista in modo “distratto” ad un’esibizione ma la musica è talmente permeante che nei giorni successivi le note e le atmosfere riescono a farsi ancora più forti nei ricordi. Tenerti stretto un ricordo: elaborato ed implementato dalla propria mente, l’evento in sé vive ancora più forte nei pensieri, si riproduce nella mente dei vari spettatori in tante combinazioni differenti quante sono le teste presenti. Una magia la cui intensità è direttamente proporzionale alla grandezza dell’artista che fa scattare la scintilla del ricordo, reale e personale. In questa delicatissima versione dei suoi brani (oltre a qualche magnifica cover) Giuliano Dottori trova la chiave d’accesso per l’angolo più profondo di quella parte immaginaria del corpo che unisce cervello e cuore. Lì i brani vanno a depositarsi, con delicatezza come neve leggera, che sparge candore ma può anche creare insidie di ghiaccio.
Silenzi, tra noi del pubblico, interrotti solo dagli applausi verso colui che suona e canta come fosse il modo più naturale per esprimersi. Complice un magnifico suono creato da un piccolo impianto di amplificazione, la resa sonora è magnifica, avvolgente, calda.
Per me, che conosco la musica di Dottori dal suo primo disco, è stato come godere di un abbraccio fraterno, quelle emozioni che non vengono dalla sola “musica” ma da una più completa Arte.
Dopo il concerto, lo stesso Giuliano mi confesserà che a suo parere è stata la migliore esibizione di questo tour: “Ero rilassato, ho suonato bene, me lo dico da solo! Sono contento”, ed anche questo è importante, perchè in un live privo di orpelli e dettagli, in cui l’artista si trova nudo da ogni riparo di fronte alla propria musica (la sua più grande ma temibile amica), l’umore e la personalità giocano un ruolo fondamentale.
Molti musicisti e cantautori possono suonare soli con la propria chitarra, pochi possono farlo come Dottori, con la sua naturalezza e bravura, senza additivi.
Così, finito il concerto è finito l’incanto. Diretto verso l’auto pensavo ai brani che avevo appena ascoltato, ed alle tante canzoni che potevo chiedere di cantare nel bis (perchè non l’ho fatto? Stupido!). Subito ho coperto il suono del motore con la musica del disco scartato di fresco. Avevo intenzione di proseguire la serata bolognese con altra musica live, ma poi ho pensato che non era bene imbrattare il ricordo. Giunto ormai a casa ho allungato il tragitto per finire di ascoltare Inno nazionale del mio isolato. Mi attraversa la strada una lepre che mi strappa un sorriso e dona un nuovo senso alla canzone, offrendo nuove sfumature al ricordo che, come un piccolo tassello, va ad unirsi al puzzle che sono.
L’ennesimo ricordo: sentirsi dire da Giuliano Dottori con voce sincera “grazie per il supporto” e non saper cosa rispondere… io che ho sempre pensato che fosse la bellezza della musica a supportare me. (Foto e video di Emanuele Gessi)

E’ stato come – Live

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