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La cultura può anche tornare ad essere rock: intervista a Giulio Casale

Dalla parte del torto, il suo nuovo album, è una critica quanto mai lucida agli aspetti deteriori della nostra società. Chi si sottrae alle leggi del mercato, non svende ad esse la propria anima, chi crede ancora nella canzone, ad esempio, o  sente l’esigenza di una vera comunicazione fra uomini, può ritenersi a ragione dalla parte giusta, anche se apparentemente può sembrare il contrario.  Attraverso il rock ed un linguaggio diretto ed incisivo, Giulio Casale ci ha resi partecipi di questa sua chiara visione ed è un piacere e uno stimolo ascoltare. A lui abbiamo voluto rivolgere alcune domande. (La febbre è in streaming autorizzato; Foto di Claudio Del Monte)

Il sapore che lascia questo disco, nonostante l’amara riconferma degli aspetti paradossali della nostra società, è tuttavia quello della speranza. Il Personaggio comune, che riesce a sentirsi vivo nonostante venga travolto ogni giorno da meccanismi che non gli appartengono, fa credere che forse siamo in tanti Dalla parte del torto, più di quanti noi possiamo pensare…
Mi piace pensarlo in effetti (sorride, nda), anche se “la massa”, la sua cattiveria montante, la brutalità del branco omologato e schiavo di mere leggi di consumo, e di consumo reciproco, fa più schifo che spavento. Mi piace ancora pensare che semplici (quasi invisibili ai più) esseri umani abbiano ancora dentro un sogno, un virus vitale mai domo che li spinge, anche misteriosamente, a dare corpo a gesti – e a omissioni – ma soprattutto a sentimenti del tutto “altri” rispetto a quelli richiesti, imposti da quella cosa tremenda che ci ostiniamo a chiamare vita sociale, anche se Vita non è, o non è più, o non ancora.

Oltre a Giorgio Gaber, in questi ultimi anni hai portato sulla scena le canzoni di altri supremi cantautori italiani fra cui Luigi Tenco. Vorrei chiedere a chi è più esperto di me in materia come mai la sua influenza sulla musica italiana successiva è stata meno importante rispetto a quella di De Andrè, ad esempio, oppure di De Gregori e Gaber appunto. È così? Ci può essere una spiegazione?
Per me Tenco è un riferimento costante. Il suo coraggio, il suo aver anticipato ogni moda e tendenza: un vero precursore, e se vuoi come tutti i precursori ha aperto per primo strade e seminato germogli lungo la via italiana alla canzone d’autore che poi altri hanno avuto la fortuna di raccogliere, ma quando ormai tempi e frutti erano per così dire già giunti a maturazione. Prima di Luigi Tenco non c’era nemmeno molta considerazione per la figura stessa del “cantautore”: dopo di lui, e ahinoi dopo la sua frettolosa uscita di scena, i cantautori sono stati presi molto più sul serio. A volte anche troppo! Eh … (ride, nda)

Nella canzone La febbre, citi sul finale Viaggio al termine della notte di Céline. Possiamo, secondo te, considerarlo un precursore della Beat Generation? Ricordo ai nostri lettori uno degli spettacoli del tuo repertorio, la Canzone di Nanda, ovvero la Beat Generation nei racconti di Fernanda Pivano.
Ma no, guarda, per me Céline è il novecento, è molto di più intendo, è uno che ha per diversi anni dall’uscita del Voyage reso quasi impossibile a chiunque si dicesse scrittore l’elaborazione stessa del “romanzo”… Forse i Beats reagirono anche a lui e a Joyce, e poi grazie a Hemingway fecero dell’istinto puro la loro arma poetica. Ginsberg a un certo punto lo teorizzò: First thought, best thought! Céline è invece la complessità della matassa-uomo, filo per filo, disastro per disastro, meschinità e codardia ovunque a guardar bene, a guardarlo dal di dentro – intendo – l’uomo. Un baluardo, ancora oggi, e naturalmente a Parigi non c’è nemmeno una targa su un muro che lo ricordi, ed è l’unico best-seller francese di ogni tempo bandito dai testi scolastici odierni: era dalla parte del torto ma veramente, un rocker di una razza tale che non ha quasi filiato (forse Houellebecq, oggi? E qui da noi il bravo Michele Mari, qui e là), che riesce a far “male” anche a distanza di un secolo, ormai.

Rimaniamo sullo stesso brano, La febbre. Qui sviluppi la tematica del tempo in maniera molto vicina a Seneca. Vero è che in materia è impossibile non fare riferimento all’autore latino, però, a conclusione di Fine citi un frammento di Eraclito: “Polemos di tutte le cose è padre, di tutte le cose è re; e gli uni rivela dei, gli altri umani; gli uni schiavi, gli altri liberi”. Insomma, ho notato uno stretto legame con i classici della letteratura greca e latina …
Il problema di aver fatto il liceo classico! (ride, nda). Cos’altro? I Classici, appunto. Solo che se non hai l’insegnante appassionato e appassionante il giusto… finisci per odiarli i classici! Tutti dico, mica solo il Manzoni. Chissà, forse per una volta (quella volta lì) sono stato fortunato. Mi capita di riprenderli in mano i classici, specialmente quando mi faccio prendere da un filo di sconforto.

Per ora stai presentando il tuo nuovo album nelle varie Fnac d’Italia. Quale sarà il luogo dei prossimi concerti? Forse il teatro?
Certo, l’amato teatro, tutto va, con fatica, con tenacia, va e deve tornare a casa, e la casa della parola detta è il teatro. Al buio, nel silenzio… No? Non credi? Tutto il mese di Aprile starò a Milano (Teatro Litta, stavolta) con un nuovo testo inedito da recitare e solo con le canzoni di questo disco bianco come colonna sonora e… con la band sul palco a suonare dal vivo! Mai più solo in scena! Quanta attesa ho per questo nuovo debutto (mai ennesimo) non te lo so dire, non ho mica una parola su tutto, io! (ride, nda)

Mi piacerebbe dunque sapere l’idea per questo prossimo spettacolo teatrale e se puoi anticiparci qualcosa al riguardo.
Sarà uno spettacolo “socialmente sensibile”, che parla di Nina ad esempio, la ragazza in fuga nientemeno che dal suo stesso padre, la protagonista del brano Senza direzione. Uno spettacolo per sola voce (il mio corpo fragile) e gruppo rock. La cultura (che non sono Io) può anche tornare a essere rock! E io però sbaglio sempre, non c’è da fidarsi. Di me, dico.

Concluderei chiedendo che cosa sta leggendo Giulio Casale in questo momento.
L’educazione del giovane Tjaz, di Florian Lipus. L’ho comprato perché in copertina ho letto questo strillo che mi ha colpito subito: “Ribellatevi quando vi è possibile, pretendete e reclamate, poiché nulla vi sarà gettato in grembo”. La Bibbia insomma, ci risiamo: un classico della madonna (ride, ringrazia per “la pazienza”, saluta e se ne va, nda)

La febbre – Preview

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