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Such imagination seems to help the feeling slide: Without you I’m nothing – Placebo

La musica ci illude: ci fa credere che siamo noi a scegliere quale cd mettere nel lettore, quale video guardare, ma in realtà è lei che ci sta chiamando e che guida le nostre mani, le nostre orecchie e fa in modo che ci mettiamo in ascolto. Così accade che intorno ai 22/23 anni sei lì che segui un programma musicale e il tuo sguardo viene attirato da un video: una persona (probabilmente un ragazzo, vista la voce, ma l’aspetto e il trucco lo rendono alquanto ambiguo…) sta camminando lungo le pareti di un grattacielo mentre la folla sotto lo guarda attonita. Lì per lì non ci dai tanto peso, ma qualche anno più tardi esce un album, Black market music dei Placebo e te ne innamori definitivamente e totalmente. Allora vai a scavare, a ricercare gli album vecchi di questa band che sta cambiando il tuo modo di sentire inesorabilmente. Così ti capita tra le mani Without you I’m nothing, un album meraviglioso, che ti entra dentro e ti ritorna alla mente quel video visto qualche anno prima. Ecco come è nato il mio amore per i Placebo, una band che mi ha aperto un mondo, e adesso sono qua per proporvi un viaggio, un viaggio attraverso i brani che compongo Without you I’m nothing, album che si può tranquillamente catalogare tra i migliori della band di Brian Molko. Vi va di seguirmi?
Without you I’m nothing arriva dopo quattro anni dalla formazione dei Placebo ed è il loro secondo lavoro in studio, anticipato da un cambio nella line-up: fuori Robert Shulzberg, dietro la batteria arriva Steve Hewitt (da qualche anno sostituito da Steve Forrest) e la band ci guadagna con un salto di qualità, sia dal punto di vista compositivo che tecnico. Il risultato è un album più elaborato rispetto alla ruvida immediatezza di quello omonimo d’esordio, che mostra Molko e compagni come una band eclettica, vellutata nell’immagine e molto introspettiva nella musica. Suoni a metà tra il dark degli anni ’80 e il grunge degli anni ’90, un look che, almeno in un primo momento, pesca a piene mani dal glam anni ’70, testi malinconici e un frontman carismatico, quel Brian Molko che divide la platea tra chi lo osanna e chi lo detesta, sono gli elementi che contribuiscono a creare il fenomeno Placebo, destinato a durare negli anni.
Il nostro viaggio parte proprio con Pure Morning, il brano che mi ha fatto entrare nel mondo dei Placebo. Il pezzo è diventato da subito una hit, anche grazie al bellissimo video. Una batteria martellante, chitarre distorte e tanta elettronica per un mix che incanta. Il testo fondamentalmente è una filastrocca dal significato ambiguo (“Day’s dawning, skins crawling / Pure Morning”). A completare il quadro arriva la voce di Molko, sicuramente una voce non comune che ammalia e contribuisce a creare quel velo di mistero che accompagnerà la band anche nel prosieguo della carriera. Il viaggio continua con Brick Shithouse, brano che cambia decisamente l’atmosfera. Distorsioni, continui saliscendi, batteria veloce, al limite del punk. Ed ecco il turno di You Don’t Care About Us, altro singolo estratto dall’album. Nel video vediamo la band gettata in pasto agli squali mentre un gruppo di bambini con sguardi poco rassicuranti si gode la scena. Il brano è coinvolgente, per una di quelle melodie che ti entrano in testa subito. Il nostro viaggio rallenta e incontriamo la dolcissima Ask for Answers, pezzo quasi acustico, con basso, chitarra e voce a farla da padrone. La batteria è una sorta di accompagnamento, un sottofondo che non vuole disturbare la meraviglia creata dagli altri strumenti. La prossima tappa è quella che mi tocca l’anima più di tutte: Without You I’m Nothing, brano che dà il titolo all’album. Il pezzo è di una bellezza disarmante, tanto da aver attirato pure l’attenzione di David Bowie che ne ha inciso una versione in cui duetta con Brian Molko. Arrangiamenti di chitarra straordinari, basso e batteria che pulsano ed un’interpretazione che incanta. Molko canta “I’m unclean, a libertine/ And every time you vent your spleen,/ I seem to lose the power of speech,/ Your slipping slowly from my reach./ You grow me like an evergreen,/ You never see the lonely me at all” e lo stomaco si contorce seguendo le suggestioni di un testo che è pura poesia. Allergic (To thoughts of mother earth) è un brano potente, che si muove tra distorsioni e feedback per poi lasciare spazio a The Crawl, altro momento di quiete. Basso, pianoforte, synth e spazzole sul rullante sono gli strumenti che accompagnano un brano triste, scuro, reso ancora più profondo dall’interpretazione di Molko. Segue un’altra di quelle hit che si riconoscono già dalle prime note: Every You Every Me. Il pezzo, diventato famoso anche grazie al fatto che è stato incluso nella colonna sonora del film Cruel Intentions, inizia con una chitarra per poi esplodere dopo pochi minuti all’ingresso degli altri strumenti. Il brano è semplicissimo, gira per lo più su tre, quattro accordi, ma i Placebo riescono a renderlo davvero unico. Il nostro viaggio emozionale procede verso My Sweet Prince. Parte con un tappeto elettronico che lascia spazio alla batteria, che entra delicata. Pianoforte, chitarre appena accennate, basso che segna la strada sulla quale si muove la voce, ancora una volta perfetta, emozionante, che penetra l’anima. Summer’s Gone è un’altra meravigliosa tappa del nostro viaggio. Il brano si muove su sonorità morbide che coccolano l’ascoltatore trasportandolo verso Scared of Girl, ultimo brano energico dell’album. Ancora chitarre rumorose, ancora batteria che picchia, ancora il sound dei Placebo che colpisce. Chiude il nostro viaggio Burger Queen, brano che parla di un travestito lussemburghese malato di Aids. La voce di Molko, questa volta delicata, si lascia accompagnare dal suono della chitarra, dal basso e dalla batteria che ricamano emozioni e le incidono nell’anima. E quando siamo pronti per scendere dal treno, per riporre le valige, ecco arrivare Evil Dildo, la ghost track. Distorsioni, feedback a fare da sottofondo a minacce di morte registrate direttamente dalla segreteria telefonica di Brian Molko. L’effetto è abbastanza inquietante, ma colpisce dritto nel segno.
I Placebo sono tra le band che hanno segnato la musica dell’ultimo ventenno. Non avranno inventato niente di nuovo, ma hanno sicuramente la capacità di scavare dentro ognuno di noi con parole e musica per accendere l’interruttore della dolcezza, della rabbia, della trasgressione, della solarità o della cupezza e Without you I’m nothing è un album che racchiude splendidamente tutte queste caratteristiche.

Pure Morning – Video

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