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Ciò che l’anima non dice – Furyu

Chi non è avvezzo ad avventurarsi nei miasmi e nei malefici territoriali del rock metallizzato griderebbe “mamma li turchi”, ma noi, oramai abituati a ben più scottanti “gironi Danteschi”, abbiamo anticorpi corazzati e bandana mimetica, e dunque avanti la prossima band.
Vengono da Bologna, sono i Furyu e subito ci mistificano la sorte con un segreto Ciò che l’anima non dice, un sei tracks aggrovigliato e multi-sensoriale “concept” dove si assaggiano le varie amperità del potere del dio Odino, un’escalation a “onde di calor bianco”  e “unguenti di note”, violenza e carezza che stordiscono e spaccano; dicevamo non metal da finisterre, ma un insieme di tonalità che vanno dal trash al regno occluso dai powerchord compressi a sangue, alll’epico rifferama dai risvolti progressive e alll’heavy sinfonico con inserti slappati a meraviglia, insomma il rock bombardato freneticamente che però messo così assume tutta l’apparenza di una lista da palinsesto, uno specifico “esercizio di stile” che una volta ascoltato, masticato e digerito, non se ne ricorda nemmeno il veloce passaggio.
La tecnica esecutiva è a livelli top e tutto l’insieme resta lucido, nervoso ed impegnativo, tutti stati d’animo che vengono infilzati come perle sanguinolente di una, due, cento storie che sono “gracchiate” nel sottofondo dei registrati, messaggi foschi ed echi indelebili e smaniosi che, appunto, graffiano e stilettano ciò che l’anima umana non dice alla luce del sole; un’interpretazione “art” molto concettuale, un suono totale che è l’epitone della paranoia e del disagio.
C’è tuttavia un’impressione piena di divagazioni letterarie, ma il cerchio si chiude in meno che non si dica.
Recita il  bugiardino: “Il termine Furyu, che in Giappone moderno significa ‘elegante’, era usato nelle poesie del tardo periodo Heian (Giappone 795 – 1185), per indicare una visione della vita aristocratica e nostalgica: letteralmente significa “vento ed acqua che scorre”. Lo Zen decise di farlo suo.”. Un disco da prendere o lasciare, manna per metalliferi o indifferente per i non iniziati; quello che si può stilare a fine corsa è un giudizio emaciato e materiale: perfetto nella stesura ma di un “mondo” che appare anacronistico e dell’altro secolo.

Credits

Label: Autoproduzione – 2011

Line-up: G.Capitelli ( chitarre) – F. Melandri (chitarre) – M.Zappoli (basso) – R.Grechi (batteria) – D.Storelli (effetti)

Tracklist:

  1. Illusione dei miei giorni
  2. E poi la luce
  3. Un momento: vado a fuoco
  4. Finalmente io sono
  5. La vastità del mio tempo
  6. Ciò che l’anima non dice

Links:Sito Ufficiale,MySpace

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