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Il deserto rosso di Michelangelo Antonioni

Quei film a cui s’appartiene, raccontati da Alessandra Gismondi

Il deserto rosso (1964)

“Mi fanno male i capelli”: è la frase stupenda che Giuliana, la protagonista del film, esclama in un punto di “non sopportazione estrema” e che mi ha sempre fatto impazzire, perché da bambina era il mio slogan durante i saggi di danza classica. Odiavo le parrucchiere che mi intrappolavano nel mio chignon.
L’acconciatura di Monica Vitti, tipicamente cotonata stile anni sessanta, gli abiti portati con grande stile, sono gli elementi che mi hanno sempre affascinato e che hanno catturato la mia attenzione, oltre naturalmente la trama meravigliosa del film: scura, ossessiva, fumosa, umida, industriale, come Ravenna è.
Perché è a Ravenna che Antonioni sceglie di girare il film: città dissonante e borghese dove tutti sono nessuno e spesso le proprie identità si confondono tra la nebbia: qui la natura diventa più importante dell’essere umano e lo annienta.

Il deserto rosso

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