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Il mondo non cambia: intervista a Giorgio Canali

canali_inter10_01Era il 16 gennaio. Sulla Capitale calava la notte e con essa il gelo. Al Circolo degli Artisti era in scena Giorgio Canali. Losthighways incrocia di nuovo la strada di quest’uomo eccezionale e decide di fare una sosta per una piacevole chiacchierata. Le piazzole di sosta però sono tutte occupate, è sabato e subito dopo il concerto di Giorgio Canali & Rossofuoco i deejay si sono dati da fare. Lo stesso Canali prova a cercare un posto, ma non c’è nulla ed è molto difficile comunicare tra noi perché non riusciamo a sentirci. Giorgio Canali ha un’idea: c’è il bagno. Saltiamo la fila, spieghiamo ai presenti che si tratta di un’intervista e ci barrichiamo con la speranza di riuscire a comunicare, appunto. Ci riusciamo, ma le persone bussano di continuo alla porta e Giorgio risponde bussando dall’interno. Ecco, così nasce quest’intervista. (Nuvole senza Messico è in streaming autorizzato; foto di Rosa D’ettore)

Ci siamo incontrati già nel 2007 e mi dicesti che Tutti contro tutti era stato registrato ad otto mani, quattro cervelli e  quattro cuori. E’ stato così anche per  Nostra Signora della Dinamite?
Sì, metà dell’album è composto così. Un’altra metà parte da me e poi alla fine ha quelle stesse diramazioni. I pezzi un po’ più calmi e tranquilli sono stati scritti da me e da Claude, la bassista, da soli in casa, e poi si sono aggiunti gli altri. Metà dell’album è registrato col solito stile canonico di Rossofuoco ovvero entrare in studio ed improvvisare, registrare, andare avanti e poi montare e creare. Quindi sì, in questo album c’è un po’ più di farina del mio sacco, però alla fine  Rossofuoco è Rossofuoco. Certe ballate, certe composizioni sono un po’ più personali perché i testi parlano un po’ più di me stesso invece di tutto quello che c’è attorno. Però è un album di Rossofuoco a tutti gli effetti, non è un album di Giorgio Canali.

Anche se Rossofuoco è sempre scritto troppo piccolo rispetto al tuo nome.
Funziona così perché forse sono il più vecchio! Anzi, mettiamola così: perché sono il più vecchio. I vecchi in Italia, lo sai bene, comandano. Qua i vecchissimi comandano, cioè abbiamo una classe dirigente di rincoglioniti, quindi anche se abbiamo del rock’n roll gestito dai rincoglioniti è uguale!

Nella preghiera di pubblicazione a Nostra signora della dinamite affermi che sono passati dieci anni dall’inizio della tua inchiesta per capire che fine avesse fatto Lazlotoz e che sei giunto al tuo quinto album. Ti andrebbe di fare un resoconto di questi anni?
In dieci anni non è mai cambiato nulla, un cazzo di niente. La caduta del Muro di Berlino aveva leggermente modificato l’assetto del cuore del mondo. Dal 1900 al 2000 se c’è una cosa che vince è il mondo occidentale capitalistico e gli altri che remano attorno. L’unica consolazione che possiamo avere è che questo mondo capitalistico è arrivato in fondo, è in crisi e quindi probabilmente imploderà in qualche modo. Poi ci sono i soliti menagramo del 2012 che tirano fuori teorie farlocche basate su fandonie maya o cose del genere. Però queste teorie le abbiamo sentite mille volte, anche quando non parlavano di quello… e parlavano di altre cose, come dei comunisti che mangiavano bambini, perciò voglio dire tutto è possibile a livello di comunicazione. Penso che non sia cambiato nulla. Una delle poche cose che è cambiata è la caduta del Muro di Berlino, però in fondo l’assetto si è spostato di pochissimo. Il mondo è sempre diviso in due: quelli che possono e quelli che vorrebbero ma non possono.

Nel 2009 oltre al tuo disco è uscito anche Ultime Notizie di Cronache dei PGR. Entrambi sono usciti il 17 aprile, che tra l’altro cadeva di venerdì…
Quella è stata una coincidenza pura, ma forse nemmeno tanto. Le coincidenze sono alla base delle cose. Non so se ti è mai capitato di mettere gli occhi su quella serie americana che si chiama Lost, ecco lì le coincidenze imperano. Niente è per caso, ma niente ha senso allo stesso tempo. Diciassette è un numero che porta sfiga agli italiani e basta. Non so se mi spiego. In Germania, se gli dici diciassette, ti dicono: “e allora?”. Negli alberghi in giro per il mondo si toglie la stanza numero tredici, non si toglie la stanza diciassette. In Italia non esiste né la tredici né la diciassette perché siamo proprio sfigati.

Com’è stato lavorare con Ferretti e Maroccolo all’ultimo album dei PGR?
Lo sai, l’ultimo album era: A obbligatorio, B divertente e C per fortuna che è finito tutto. Sai, arrivi ad una certa età e sei saturo da tutte le parti delle cose che comunque sono state molto importanti per te, però allo stesso tempo sai che è inutile rinverdire delle situazioni in agonia. In agonia perché comunque ognuno di noi aveva da dire la sua. Secondo me questo ultimo capitolo della saga dei PGR, CSI, CCCP, di quello che ti pare, è forse una delle più belle cose che abbiamo mai scritto insieme. Ho avuto la possibilità di gestire un bel po’ della logistica e del come questa cosa potesse finire in termini di direzione artistica mia. Sono soddisfattissimo, per me è il nostro album migliore da sempre. A quelli che mi obiettano che Linea Gotica o Tabula Rasa erano molto meglio, io dico: aspettate vent’anni e ascoltatelo fra vent’anni, quando sarà passato lo stesso tempo, se siete liberi di testa senza avere preconcetti… capirete che non è come pensate ora. È diverso, forse anche molto meglio.

(A questo punto veniamo interrotti. Qualcuno bussa alla porta del bagno in cui siamo rinchiusi. Vorrebbero entrare, ma Giorgio apre la porta e prova a spiegare che all’interno del bagno c’è un’intervista in corso. Ma da questo momento in poi busseranno di continuo)… Accidenti!
Bussa, e che cavolo! I deejay, questo è il mondo dei deejay. Gli amici dei deejay sono terribili. Sono disperato perché questa gente è terrificante. Il mondo è terrificante, non ci posso fare nulla. La musica italiana è come il mondo dei deejay, guarda! Tutta gente che ha delle idee molto farlocche, molto strane. Questa è convinta che deve entrare in bagno perché comunque è amica dei deejay perciò non deve andare nell’altro come tutti gli altri, ma deve venire in questo dove noi stiamo facendo paradossalmente un’intervista. Che brutta gente!

canali_inter10_03Giorgio proviamo a ritornare a Nostra Signora della Dinamite, un album in cui poesia e rabbia si incastrano alla perfezione. Penso a Lezioni di poesia che hai dedicato a tutti coloro che non hanno capito nulla del mondo.  Però a me sembra che dal brano emerga della sofferenza, forse causata dal…
E’ causata dalla vita, perché siamo nati per soffrire. È un vecchio modo di dire degli anni Ottanta. Non so perché e chi l’abbia detto per la prima volta, però c’era proprio un pensiero post nichilista, post punk ed il mondo era organizzato nella modalità del “siamo nati per soffrire”, ma non si capisce bene perché. Probabilmente perché, essendo italiani e avendo la ritorsione cattolica, da sempre siamo nati per soffrire ci sta. Non lo so, era così.

Mentre Tutti contro tutti era il titolo di un album rimasto nel cassetto…
Sì, una vecchia roba di mille anni prima.

… Invece nell’ultimo album riprendi le strofe di un brano dei Politrio della fine degli anni Ottanta. Mi riferisco a Quello della foto. Cosa ti ha spinto a riprendere quelle strofe? Nostalgia o altro?
Ho usato un bel po’ di strofe. Erano lì, ci stavano benissimo. Con le parole nuove del ritornello si incocciava molto bene. Sai, il fatto di non sapere chi sei, dove vai, cosa fai è una specie di amnesia volontaria del non ricordare il tuo progetto, il tuo passato, il tuo come e perché. È quella filosofia del non essere, è come quando in Morti sotto il letto dico “sarà perché questo pessimismo troppo spesso mi conviene”. È la stessa cosa, questa specie di gioco anche troppo estetico, nemmeno troppo mentale, nemmeno troppo etico. Solamente un’estetica del piccolo maledetto e quando mi definisco poeta maledetto ci scherzo sopra e dico: maledetto da chi? Dagli altri? Dal mio vicino di casa perche gli rompo i coglioni con la mia musica? Io penso che l’ironia sia importante, spesso giocare con le parole è fondamentale, prendersi per il culo è vitale. Nel momento in cui mescoli tutto questo non sai più chi prende per il culo chi e chi fa sul serio e chi scherza. É un gioco molto strano, però è tutto lì il fulcro. È un autoderisione portata sempre allo stremo.

C’è un altro brano che colpisce fin dal primo ascolto, Schegge Vaganti
Anche quella è una roba molto vecchia, sempre di quell’epoca di cui ti dicevo. Ogni tanto becco le robe vecchie, ho imparato a farlo da Ferretti. Sai, lui può scrivere una cosa che lo convince e può tenerla lì anche dieci anni, provandola e cercando di incollarla a duecento pezzi successivi, poi quando trova la collocazione esatta diventa la cosa ufficiale. Però magari la frase, il pensiero o il periodo appartengono a dieci, quindici anni prima. E a me è successo questo sia in Quello della foto che in Schegge vaganti, tutte le strofe sono parole scritte tra l’82 e l’85. È buffo, perché ti dà veramente la dimensione di come per me sono ancora attuali, e il mondo non cambia un cazzo.

Secondo te il mondo è fermo o peggiora sempre di più?
Al peggio di questo non c’è mai fine, è quello il problema. Non è che dopo aver toccato il fondo riemergo, no… ne tocco un altro.

Nel 2007 mi parlasti de Le luci della centrale elettrica definendolo il progetto più interessante degli ultimi dieci anni. Hai creduto tanto in Vasco Brondi e sei stato anche in tour con lui. Nel vostro futuro ci sarà ancora una collaborazione?
Non ne ho idea. Penso di sì, ma non è né obbligatorio né automatico. Vasco in questo momento sta cercando di scrivere il secondo capitolo della sua storia, ma se non lo convincerà fino ad essere certo che sarà meglio due volte della precedente… penso che lo butterà nel cestino e non la farà mai uscire. Vasco Brondi è una persona molto convinta, e quando vuoi migliorare e cambiare in meglio o in peggio le tue cose non puoi avere implicati degli obblighi, quindi non è detto che io lavorerò su quell’album, come non è detto che quell’album sia simile al precedente e questo dipende da tanti fattori. È chiaro che la musica di Vasco mi interessa moltissimo, però è lui che sa e saprà come riuscire a raddoppiare il tutto. Penso che fondamentalmente sia molto difficile per lui riuscire a migliorare il numero uno, il numero due deve essere molto più grande, però alla fine sono quasi sicuro che ci riuscirà. Probabilmente ci riuscirà in maniera più facile se in mezzo al gioco non ci sono io, perché vuol dire che sarà diverso, molto diverso dal primo disco e penso che abbia bisogno di questo.

Come credi sia evoluta la condizione musicale italiana negli ultimi anni? Nel 2007 ai lettori di Losthighways consigliavi Le luci della centrale elettrica, oggi chi consiglieresti?
Di chiudere le luci, di spegnerle proprio! Spegniamo le luci e facciamo casino, è molto bello! Fondamentalmente non c’è niente di nuovo, non c’è niente di bello, non c’è niente di valido in giro. Poi c’è un sacco di roba bella, c’è un sacco di roba nuova, c’è un sacco di roba valida. Però ognuno deve scoprirla. Per esperienza ho capito che è inutile sponsorizzare qualcosa, perché comunque la gente ha la propria testa, le ragioni di mercato hanno il proprio cammino. E va bene così. Ci sono delle magie strane per cui una cosa improvvisamente funziona dal nulla e ci sono magie strane per cui le cose che meritano tantissimo non siano cagate per tutta la vita. E l’unica maniera forse per questi outsiders che non riescono ad emergere è quella di suicidarsi, e poi dopo devi entrare nella leggenda. Sai, quando uno si è sparato entra nella leggenda, diventa famoso. Luigi Tenco è uno di questi. Cioè prima che lui si sparasse in testa era il signor nessuno che cagava il cazzo a tutti perché scriveva delle robe troppo tristi. Ora invece è diventato l’esempio del cantautorato mega italiano, cioè parliamoci chiaro: non è obbligatorio spararsi per avere quel riconoscimento lì, se accade è perché siamo messi male.

Ma c’è qualcuno che ti incuriosisce?
No. Sto lavorando a dei progetti. Nell’ultimo anno ho collaborato con un gruppo di Siena, Dondolaluva che per me sono fantastici, ma non interesseranno mai nessuno. Quindi è inutile spendere momenti, fiati e parole per una cosa del genere. I Dondolaluva sono straconvinti, conquistano al primo ascolto,hanno dei testi talmente intelligenti che a volte è anche difficile non sentirsi stupidi mentre li ascolti. Il problema è proprio quello, che sono cose troppo intelligenti. Nobraino, un gruppo di Riccione che sta lavorando insieme a me, è un altro progetto che mi affascina. Mi affascinano perché risultano antipatici alle persone che li va a vedere dal vivo.

Scusa Giorgio, ho visto i Nobraino circa tre anni fa e non li ricordo antipatici…
Ah, forse non ti sembravano antipatici perché quelli erano i tempi in cui erano ancora disponibili. Sai, è molto strano il mondo della musica. Non puoi prevedere niente perché poi alla fine la gente che ascolta ha una visione delle cose, ha una capacità o di fregarsi con le proprie orecchie e con la propria testa oppure di ignorare completamente le cose belle. In fondo è così, perché c’è tutto che non va.  È molto complesso perché in giro ci sono così tante correnti di pensiero sbagliate che alla fine è difficile capire chi ha ragione e chi ha torto, perché una cosa vale o perché non vale. Non so, non è facile non rimanere intrappolati dai facili giochi dei media. È facilissimo rimanere intrappolati nel video che ti cattura su Mtv, è facile rimanere intrappolato da una cosa che hai sentito tre volte in radio o in televisione. Magari non vale niente, però ti resta dentro, ti piace e ti sembra interessante. Sono così tanti i fattori di diffusione delle idee musicali e della musica delle parole. Come in letteratura, c’è tanta gente che compra libri di merda e poi magari cose che tu ritieni capolavori li conoscono in tre. Non è una questione di sentirsi élite pensante rispetto alla massa luminante. No, il problema è che la maniera di approfittare dell’intelletto e dei sentimenti altrui è talmente complesso che poi non puoi definire al volo chi avrà successo, chi funzionerà, cosa funzionerà, ma puoi stabilirlo solo nel momento in cui la roba che funzionerà sai che è già una merda totale, calibrata sull’ignoranza totale dell’80% delle persone perché è un genere ludens. Infatti l’80% della gente è tonta, di merda, lo diceva Borges che è un fascista del cazzo però fondamentalmente in quel momento aveva ragione: “La mayoría de la gente es tonta”, è così altrimenti non ci sarebbe il Grande Fratello. Guardo poco la televisione, guardo Tv talk, una specie di viaggio con una classe di una Facoltà di comunicazione che affronta la settimana televisiva. È una delle poche cose che guardo, come Blob su Rai 3.

canali_inter10_02Giorgio, ho un’ultima domanda e poi restituiamo il bagno agli amici dei Deejay, che tra l’altro non si stancano di bussare. Lo streaming di questa intervista. Quale brano scegli? Voglio la motivazione.
Dell’album nuovo sceglierei Nuvole senza Messico perché mi rappresenta, è un concentrato di tutto. È pieno di citazioni, di parafrasi, di robe rubate agli altri. A me piace molto rubare perché penso che nel momento in cui rubo un fiore e lo tingo di rosso con lo spray… il fiore l’ho fatto io, mi piace: è una specie di intervento artistico simile a quello che faceva Andy Warhol rubando le immagini classiche dei prodotti dei mercati americani. E’ un esempio di come rubare un’immagine e farne non dico un’opera d’arte però una roba che dici: questa la riconosco. Quando c’è una canzone parafrasata fino all’estremo di solito è Giorgio Canali, perché secondo me c’è pochissima gente che fa questo gioco di prendere i pezzi degli altri e stravolgerli. È una cosa che mi diverte molto da un sacco di tempo, lo faccio anche quando scrivo stronzate, riassunti, tentativi di romanzi. La parafrasi è uno dei giochi che mi interessa di più perché è l’altro lato della luna, The Dark Side of the Moon, anzi nemmeno, è il terzo lato della luna. Sono prospettive di solito inusuali e bisogna utilizzarle spesso per trovare qualcosa di interessante.

Nuvole senza messico – Preview

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