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Animystic – Roots Connection

roots-connectionCerto non poteva esserci occasione più triste per rivedere i Roots Connection sulle scene con l’uscita di un nuovo album. Già, perchè di fatto questo Animystic rimane l’ultima traccia lasciata e registrata dall’anima della band, il chitarrista e cantante Enrico Micheletti, scomparso nel dicembre 2008. Uno che il blues lo conosceva perché lo aveva vissuto sulla sua pelle, sulle strade, nelle varie parti del mondo; uno che il blues ce l’aveva dentro e ne conosceva bene il sapore dopo averlo masticato coi suoi denti e averne sentito il sapore aspro sotto il palato. Ma parlare di blues del delta del Mississipi potrebbe essere riduttivo, se non addirittura fuorviante, per inquadrare i Roots Connection. Questo perché il gruppo emiliano, da sempre, propone quella che è una fusione tra diverse concezioni musicali in un genere piuttosto originale anche se sicuramente non unico, un genere che ha visto come capo supremo la persona di Richard Melville Hall in arte Moby. E’ di certo vero che il blues è onnipresente anche in minima parte latente in ogni brano, ma è l’elettronica a divenire la componente fondamentale della struttura delle canzoni. E’ l’elettronica che quasi si fa spirito reale, tangente, supremo che anima ed eleva la materialità nella contemplazione estatica del divino. I beat, i synth, i sequencer sanno suggerire le altre suggestioni più classiche e da strada, come le percussioni tribali sul giro blues danzante di Wake Up, anche se a volte il loro uso sembra essere un po’ troppo forzato e contrastante, quasi fuori luogo (Johnny Too Bad). L’elettronica poi sa trascendere gli standard portandoli ad orizzonti inaspettati, oltre il dub (Hard Time Killin’ Floor), oltre il blues acustico (Another Man Done Gone), oltre il reggae e il funk. Hanno un sapore più stagionato le due ballad You Go To My Head Like Wine e The Only Face, la prima più rock, la seconda un pop tra Sting e Depeche Mode. Ottima invece In My Song, tra blues e funk con le solite percussioni e beats elettronici sostenuti da splendidi fiati e da un flauto estraniante, mentre Lemon Juice richiama il modo di approcciare la tradizione del blues tipico di Ben Harper. La conclusione si trascina tra le atmosfere sognati e disperse della lenta Ring Them Bells. Un lavoro sicuramente interessante, capace di trovare e mostrare i suoi punti di forza e di tanto in tanto abbandonarsi e mostrare anche i suoi lati deboli. Tra le diaspore, le derive, i crocevia serpeggia l’amore, umano, oltre la morte. Sicuramente il modo più sincero di lasciare una traccia in un mondo spesso troppo cinico e veloce per fermarsi a ricordare.

Credits

Label: Bagana/Edel – 2009

Line-up: Enrico “Mad Dog” Micheletti (Vocal Dobro Harp) – Fabio “Bronski”Ferraboschi (Bass Computer Programming) – Fabrizio “Taver” Tavernelli (DJ Samples)

Tracklist:

  1. Wake Up
  2. Hard Time Killin’ Floor
  3. Another Man Done Gone
  4. You Go To My Head Like Wine
  5. In My Song
  6. The Only Face
  7. Johnny Too Bad
  8. Lemon Juice
  9. Dream Baby Dream
  10. Ring Them Bells

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