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Years of refusal – Morrissey

years-of-refusal1Quanto tempo l’abbiamo aspettato? Molto. Forse troppo. Il nuovo disco di Morrissey, Years Of Refusal, arriva dopo una raccolta che conteneva i suoi brani migliori ma, soprattutto, dopo due dischi davvero belli, You Are The Quarry e Ringleader Of The Tormentors.
Mantenere uno standard è difficile. Spesso, abituati ai picchi creativi di una delle poche figure davvero rappresentative della musica inglese, ci aspettiamo sempre il meglio rispetto a ciò che abbiamo ascoltato in precedenza. Questa forma mentis dipende parecchio dalla stima e dall’amore per gli Smiths ai tempi degli Smiths, o forse (ed è molto più probabile) dalle atmosfere sature di malinconia musicale e testuale a cui ci ha abituati Morrissey. Something Is Squeezing My Skull invece spiazza con una cavalcata di chitarre davvero lontana dal nostro. Atmosfere che sconfinano nel rock duro, batteria quadrata e distorsioni incisive che non sono, a mio avviso, le cose su cui rende meglio. L’intero brano si sviluppa per poco più di due minuti ma quando Moz inizia a cantare ci si accorge che la verve non è passata. Con Mama Lay Softly On The Riverbed i toni si stemperano ma restano forti, non c’è davvero niente di You Are the Quarry e siamo lontanissimi dai tempi di Vauxhall And I. Eppure quell’incedere cavalcante, quel picchiare sul crash, quelle distorsioni disturbate sono il contraltare ideale per una delle canzoni in cui lo stile della ex voce degli Smiths si materializza in pieno. Iniziano a farsi notare, verso la fine del brano, quelle meravigliose derive vocali pop. Black Cloud è forse uno dei brani più belli e più morrisseyani dell’intero disco; la mezzaluna spinge la nostra mano a picchiare sul tessuto dei jeans ma è solo un attimo, il tempo che la grancassa entri a far la sua parte. Pur essendo Morrissey un animale non costante, un artista che spesso ha dei cali di tono ma che sempre, e dico sempre, ci ha abituati a una vocalità calda e tremendamente intima, la sua I’m Throwing My Arms Around Paris è una delle cose più belle che abbia liberato la sua voce.  All You Need Is Me ricorda molto le sonorità degli U2 dei tempi di Achtung Baby e anche qui la chitarra è in primo piano. Apertura di chitarra acustica per When I Last Spoke To Carol che si dipana come una sorta di ballad americana con inflessioni latine mentre That’s How People Grow Up è in assoluto il brano migliore del disco, finalmente c’è tutto Morrissey e quello a cui ci aveva abituati, la sua ricerca della frase e la sua incisività musicale. One Day Goodbye Will Be Farewell è spinta e tirata ma è con It’s Not Your Birthday Anymore che ritorna il Moz ti porta su e ancora su e ancora più su, fino a farti toccare quelle alture di malinconica bellezza che solo la sua voce può dare. You Were Good In Your Time è qualcosa di raggelante profondità del testo, per delicatezza e atmosfera della musica dove, finalmente, le chitarre sono marginali. Sorry Doesn’t Help e la tiratissima I’m OK By Myself chiudono un disco dove le sonorità dure la fanno da padrone e che forse sono il punto debole dell’intero album (sono proprio le chitarre la croce e la delizia).
Years of refusal resta davvero buono ma è, stranamente, anche prescindibile se si ama un certo Morrissey.

Credits

Label: Polydor/Decca – 2009

Line-up: Morrissey (voce) – Matt Walzer (batteria) – Boz Boorer (chitarra) – Jesse Tobias (chitarra) – Solomon Walzer (basso)

Tracklist:

  1. Something Is Squeezing My Skull
  2. Mama Lay Softly On The Riverbed
  3. Black Cloud
  4. I’m Throwing My Arms Around Paris
  5. All You Need Is Me
  6. When I Last Spoke To Carol
  7. That’s How People Grow Up
  8. One Day Goodbye Will Be Farewell
  9. It’s Not Your Birthday Anymore
  10. You Were Good In Your Time
  11. Sorry Doesn’t Help
  12. I’m OK By Myself

Links:Sito Ufficiale,MySpace

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Un solo commento

  1. Credo che all fin fine non ci sta nemmeno tanto male questo sound decisamente più hard rock. La sua voce addolcisce anche i riff dei chitarroni distorti. Per noi adoranti gli Smiths le melodie di Marr sono le melodie di Marr, ma comunque bel disco, piacevole.
    La prima cosa che ho pensato dopo averlo ascoltato: “That’s how people grow up” è un pezzone!!” :)

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