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Forth – The Verve

Una sospensione come un enjambement che pretende compimento. Nel tempo. Dopo undici anni. Come se Sonnet avesse in sè il gioco alchemico delle corrispondenze in prospettiva emozionale. Come se la Bellezza del pop di matrice brit, contaminato di ellissi d’avanguardia lirica e sonora, potesse cristallizzare e spingersi, vergine e arrogante, oltre. Forth
Il successo commerciale può strisciare sulla creatività e l’estro, senza contaminare; può provocare e tentare, senza deviare; può innescare il meccanismo dell’epidemia radiofonica, senza penetrare l’anima. Così The Verve, sulla cima della popolarità mondiale, calano nell’abisso delle parentesi le ancore di Urban Hymns (1997), lasciando l’onda del ricordo di un’attitudine seducente e di un piglio sonoro emblematico. La voce di Richard Ashcroft (Alone With Everybody, 2000; Human Conditions, 2002; Keys To The World, 2006) ha tenuto in vita quel ricordo fino al lancio del singolo che, quest’estate, ha decretato uno dei ritorni più attesi. Un singolo bugiardo! Pasto a basso costo per i media e per l’orecchio! Scarna ambizione nelle linee del cantato in ghigni pop in saldo (strategico); strisce di colori senza troppe sfumature per gli arrangiamenti; effetti di sfondamento lirico nella nuda semplicità, però: “Cause love is noise, love is pain”. La verità sul nuovo album targato The Verve era altrove. Era in Mover, in free download dal sito ufficiale (e non incluso nella tracklist definitiva): oscuro, articolato, sinuoso, tra spigoli e curve morbide. E la conferma è nella porta che Sit And Wonder spalanca su Forth (Parlophone, 2008): detta le regole di un minutaggio che pretende l’attenzione, disegna le ombre di un incipit claustrofobico e da sciarada, spezza la melodia con virate elettriche graffianti e acide, mentre la voce osa la tensione e le estensioni lungo le diagonali dell’amore: “I sit and wonder, I often wonder / I sit and wonder about the things she does / I sit and wonder, I often wonder, / I’ ve been waiting for this moment to come […] / Give me some light, give the light, yeah give me some light, give me some light”.
Judas, Numbness, Noise Epic, Columbo amplificano il gusto della prepotenza della sperimentazione e delle contaminazioni di genere senza alcuna considerazione della fruizione semplificata, contano il tempo dilatando fino alla divagazione, brillano di luce che s’insinua tra fratture. Bilanciano il peso gli intermezzi della dolcezza melodica di Rather Be, I See Houses, Valium Skies, Appalachian Springs.
Un album prezioso nella doppia direzione, ambiguo all’impatto ma preciso nel disegno.
Un album di maree, di altezze e presagi… “I see mountains / Blood-red sunsets / I see / A billion stars / Love deafened / And betrayed /You got / A feeling that you / You’ve been / In here before”.

Credits

Label: Parlophone/EMI – 2008

Line-up: Richard Ashcroft (vocals,keyboards & acoustic guitars) – Nick McCabe (guitars, keyboards, vibraphone & autoharp) – Simon Jones (bass guitar) – Pete Salisbury (drums & percussion); All tracks written and produced by The Verve (except tracks 3, 6, 8, 10 written by Richard Ashcroft and track 2 written by Richard Ashcroft/The Verve); Addictional production by Nick McCabe, Chris Potter, Tim Bran and Cameron Jenkins; String arrangements, electric and acoustic violins on tracks 1, 2, 3, 4, 6 and 8 by Davide Rossi; All Tracks originally recorded by Cameron Jenkins at State of The Ark Studios, London

Tracklist:

  1. Sit And Wonder
  2. Love Is Noise
  3. Rather Be
  4. Judas
  5. Numbness
  6. I See Houses
  7. Noise Epic
  8. Valium Skies
  9. Columbo
  10. Appalachian Springs

Links:Sito Ufficiale,MySpace

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