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We need to concentrate on more than meets the eye: Placebo

La trasgressione e il vizio. La ricercatezza e la visione. La poesia e il rock. Per qualcuno sono solo parole o immagini decontestualizzate. Per qualcun altro restano concetti astratti relegati alle conversazione da salotto interculturale d’altri tempi. Per i Placebo invece sono la spinta verso la comunicazione in musica della condizione ben precisa che vivono. Per i Placebo questi diventano gli obiettivi di un’arte consapevolmente inconscia e i mezzi attraverso cui diffonderla ad un altrettanto consapevole pubblico. Chi sono i Placebo? E perché a metà degli anni ’90 decidono di mettersi in gioco? Come hanno accattivato l’attenzione del mondo, destando incredibile curiosità? Questa passeggiata nella storia della band tenterà di dare una risposta a questi quesiti, o quanto meno di creare un sentiero, grazie al quale muoversi tra le esperienze frastagliate che hanno formato i Placebo che oggi tutti conosciamo.

Quando il tuo futuro è scritto su quel libro di cui a nessuno è concessa lettura, nulla può fermare il destino: tutto si fa coincidenza ed è inutile domandarsi perché. L’unica cosa da fare è prenderne atto e agire di conseguenza. Così è stato per Brian Molko e Stefan Olsdal: l’uno belga, l’altro svedese si incontrano in Lussemburgo dove entrambi frequentano la scuola americana. Fin qui la storia sembra comune a molte delle grandi band di oggi; eppure i due non si frequentano, non instaurano alcun tipo di rapporto. Questo accadrà invece qualche anno più tardi nella Londra del 1994, quando un incontro casuale porterà ad un confronto sulle esperienze artistiche che accomunano gli ultimi anni di Brian e Stefan. Brian Molko vive l’esperienza londinese in modo molto intimo e solitario traducendola in primi abbozzi di canzoni. Stefan Olsdal invece approccia la città nei suoi aspetti più irriverenti e giovani: si avvicina così alla musica, e insieme anche alle droghe e all’alcool che girano nei locali che frequenta. Dallo scambio artistico nasce l’idea di formare un gruppo insieme di cui Brian sarà voce e chitarra, e Stefan bassista. Nel ruolo di batterista inizialmente verrà chiamato Robert Shultzberg sostituito nello stesso anno da Steve Hewitt, vecchia conoscenza di Brian. Ecco i Placebo! Il nome scelto è altamente programmatico e sembra voler enunciare il proprio ideale musicale: la musica come rimedio per la mente, efficace se si crede nel suo potere. La musica come farmaco senza farmaco. Il potere della suggestione sulla labilità dell’anima umana. La richiesta di concentrare la propria attenzione sull’effetto, sulla proiezione e non sulla cosa in sé. Ad accorgersi del loro potenziale per primo è David Bowie insieme ad un reclutatore della Virgin, con il quale i Placebo firmeranno il loro primo contratto. Sotto etichetta Virgin uscirà nel 1996 il loro primo disco dall’omonimo titolo Placebo. Trascinato dal singolo 36 Degrees, il disco mette in luce tutte le qualità della controversa band londinese. Ad incantare è la non appartenenza a nessun genere preciso, senza però voler apparire alternativi a tutti i costi. La tecnica è quella del richiamo a realtà già esistenti, a realtà tramontate, a realtà ancora in grado di emozionare; il tutto rivisto in una chiave nuova e moderna che definisce il taglio che i Placebo vogliono dare alla loro musica. E così si parla di alternative-rock, post-rock, post-grunge e un forte richiamo al glam-rock. Anche se a incuriosire più di tutto sembra la figura del leader Brian Molko. Le sue forme androgine e la sua dichiarata bisessualità, la sua voce effeminata e bambina diventano argomento di esaltazione e discussione tra i critici, piuttosto divisi sul personaggio. Nonostante l’aspetto dark raffinato, nulla sembra costruito: tutto rientra nella manifestazione totalizzante di sé, senza nascondimenti, verità per verità. Perché l’arte è questo. L’Arte di Molko sta nel rendere in poesia un pensiero concreto, l’istante vissuto, a prescindere dalla sua entità. A rafforzare questo modus vivendi è l’uscita del secondo disco nel 1998, Without you I’m nothing. Forse più radiofonico. Forse più d’impatto, se per impatto si considera la possibilità di essere ascoltati da un pubblico sempre maggiore. Forse era solo il momento più adatto per emergere. Resta che il videoclip di Pure morning è ancora ben impresso nella memoria di chiunque. È il disco del successo mondiale, grazie ai singoli travolgenti e coinvolgenti e grazie alle piccole perle disseminate tra le 12 tracce che lo compongono. L’attesa per il nuovo lavoro diventa frenetica e accompagnata sempre da voci riguardanti la vita privata della band, specie in riferimento alla sfera sessuale e alla presunta omosessualità anche degli altri componenti. Intanto, le vite dei membri dei Placebo sono profondamente segnate dall’uso di droghe e di altre sostanze che portano alla produzione di brani sempre più psichedelici e arricchiti da testi visionari, non meno toccati dal recente vissuto del gruppo. Nel 2000 esce quindi Black Market Music, album dalle mille sfumature e dalle mille influenze. Più tirato dei precedenti, non dimentica le ballate né i pezzi più drammatici e concorre alla definitiva consacrazione dei Placebo tra le grandi rock band contemporanee. Il successo di Special K (titolo poco enigmatico, in cui si cela l’acronimo per Ketamine) porta, gli ormai affermati Placebo, a suonare sui palchi delle maggiori scene disseminate per tutto il globo. Curioso l’invito a loro rivolto come ospiti sul palco della kermesse sanremese nel 2001: al termine dell’esibizione, un Brian Molko indispettito dai numerosi sbadigli della platea, spacca la propria chitarra contro l’amplificatore posto davanti a lui, uscendo di scena con un inequivocabile gesto di dissenso e ottenendo fischi e insulti dalla stessa platea. Ma questo non è che un episodio nella più che decennale avventura della band. I Placebo continuano a scrivere e a produrre un numero di brani elevatissimo che portano all’incisione nel 2003 del loro quarto disco, intitolato Sleeping with ghosts, cui fa subito seguito nel giro di una settimana la riedizione, in doppio cd, con l’aggiunta di cover e tracce inedite. Fedeli alla loro linea e alle loro aspettative ma senza perdere di vista le esigenze discografiche, anche questo disco non delude fan e nuovi adepti, così come la critica, sempre più benevola nei confronti della band. The bitter end e Special needs, brani simbolo di questo disco, mostrano a tutti gli effetti la doppia natura dei Placebo: quelli che superano i suoni, irrompendo con forza, del primo pezzo e quelli più soft, morigerati, ma non per questo meno impetuosi del secondo. Il disco si raccoglie intorno alla sua stessa energia, e in questo sta la vera forza della band. L’anno successivo, decimo anniversario della formazione, viene festeggiato con Once more with feeling, una raccolta di tutti i singoli che hanno costruito la storia e la fama dei Placebo, accompagnata dal nuovo malinconico brano Twenty years. Sempre in tour, i Placebo continuano a raccogliere i frutti del loro successo con esibizioni baciate dalla presenza di un intenso pubblico, sia dal punto di vista banalmente numerico, sia per la grande partecipazione dimostrata. Le performances che si susseguono non impediscono però alla band di continuare a trovare nuove ispirazioni e nuove idee per l’uscita dell’ennesimo disco. E così nel 2006 sugli scaffali esce Meds, anticipato in UK dal singolo Because I want you, mentre nel resto del mondo il primo singolo estratto è Song to say goodbye. L’ultimo lavoro della band divide nuovamente gli ascoltatori: da una parte c’è chi approva la scelta di tradire l’elettronica a favore di brani più suonati, dalle chitarre e le batterie di ampio respiro. Dall’altra chi invece non apprezza il tentativo, trovandolo come un banale escamotage per allargare ulteriormente il proprio pubblico. Quello che è certo è che Meds grida con forza ancora una volta lo stile inconfondibile dei Placebo, fatto della loro stessa immagine. Grandi i nomi e le collaborazioni presenti nel disco. Una su tutte la voce di Michael Stipe nel duetto con Molko in Broken Promise, ad aumentare la tensione emotiva che accompagna il pezzo per tutta la sua durata; affascinante la sensualità ambigua di Alison VV Mosshart (The Kills) per la danza provocatoria di Meds. Notevole la coerenza dimostrata negli anni dalla band, prima di tutto verso le proprie idee e in secondo luogo verso il pubblico: l’impegno sta nel non tradire le aspettative, mantenendole sempre alte. E in questo i Placebo sono maestri. L’originalità della loro proposta fino a questo punto non delude nemmeno quando nel 2007 propongono unicamente in versione digitale il disco Covers, composto unicamente da cover di pezzi particolarmente amati dalla band e riletti secondo i propri canoni. Tra le più riuscite, Where is my mind dei Pixies e Running up that hill di Kate Bush. Nell’ottobre del 2007 però, nonostante l’enorme successo che ha investito i Placebo, sul loro sito ufficiale appare la notizia dell’abbandono da parte di Steve Hewitt. La separazione ha rappresentato un momento doloroso per il gruppo, sebbene non se conoscano le cause effettive. Ma la storia dei Placebo non termina qui: Brian Molko e Stefan Olsdal si preparano alla registrazione della loro ennesima fatica, iniziando così un nuovo capitolo di quest’avventura.

Pure morning – Video


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2 commenti

  1. I Placebo rappresentano qualcosa di speciale per me. Ricordo tutte le sensazoni quando vidi per la prima volta il video di “Pure Morning” e me ne innamorai. Grazie Vale per averli raccontati così.

  2. Mi piace pensare ai Placebo e alla purezza. Loro che di puro hanno l’istinto, fortissimo, e la voglia di stupire e sperimentare.
    E nelle loro curiose ricerche, finiscono inevitabilmente con il contaminarsi: incontri di voci (penso anche all’incredibile duetto con Bowie) e incontri di arti (incursioni nel cinema, collaborazione con attori, grande cura nella produzione dei videoclip). Trasformismo, androginia, eccesso e provocazione.
    Insomma, dalla purezza della passione (nella musica e nella vita) e della “spinta” musicale, nasce qualcosa che è più infetto che puro. Ed è una creatura di incredibile bellezza.

    Grazie per questo bel percorso nella loro storia, li ho rivissuti con gran piacere nelle tue parole.

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