Home / Recensioni / Album / The last call – Lowlands

The last call – Lowlands

Non ho un vecchio furgone scassato, ma sulla mia Ford questo disco suona bene lo stesso. Arriva l’estate e il caldo, e mentre si ascolta l’album dei Lowlands il sole pare picchiare ancora più forte. Bizzarri, divertenti e molto “yankee”. I Lowlands sono una band italo-americana che tenta di ricreare paesaggi desertici e polverosi in quel di Pavia. Un suono leggero e spensierato apre l’album, accompagnandolo per tutte le dodici tracce, ad esclusione di qualche lenta ballata ed un pezzo tiratissimo. Si riesce a sentire l’odore pungente della plastica degli interni dell’auto, e pure quella del cuoio di una vecchia borsa appoggiata nel sedile del passeggero. Un piccolo bagaglio privato del superfluo, utile in un viaggio solitario alla ricerca di se stessi e del sogno americano; quel sogno che prevede che si possa partire con una chitarra e ritrovare l’animo in qualche città dimenticata da Dio. Un fascino che colpisce tanti, che rischia di scadere nella banalità, che forse arranca, appigliandosi all’irraggiungibile ed irripetibile estetica di un certo passato ricco di folk e rock singer americani. Ma i Lowlands non ambiscono a questo, almeno spero, perchè la loro musica è fondamentalmente leggera e spensierata. In The last call non si cerca di emulare nessun cantastorie o tanto meno nessuna grande band del passato: si propone quello che si ha dentro, con genuinità. Il classico tema della ricerca di sé appare più volte, a partire fin dalla prima traccia Ghosts in this town, e spesso la tristezza è affiancata a melodie radiose che sembrano fare buon viso al cattivo gioco di una vita senza soddisfazioni e senza amore. In Leaving NYC vengono elencate le città toccate da uno di questi viaggi che vede la partenza il 4 Luglio, quando alti i fuochi d’artificio riescono ad illuminare persino il cielo, lasciando al buio l’anima, dove alberga la tristezza e l’insoddisfazione. Il cammino è la più facile metafora della vita, indicando cambiamenti di direzione, tratti percorsi in solitudine o con altri compagni di viaggio incontrati lungo la strada. Capita anche di trovare l’amore, e notarlo come un fiore nella spazzatura: “I found you one evening, I was broken and lost / you were just lying there like a rose in the dirt / you knocked at my heart but never crossed that line / and now this loneliness is only mine” (Like a rose in the dirt). Toni sconsolati vengono enfatizzati dai violini in Pavia, 10/200 (In between) e una dolce armonica arricchisce e diventa co-protagonista in 38th and Lawton. Il clima si incendia in Friday night, che spicca per la sua roboante sonorità, piena ed incalzante. Ritmi più cupi e rabbiosi, voce distorta e la presenza delle tastiere vanno a formare un muro sonoro che, giunti al terzultimo brano dell’album, non ci si aspetta assolutamente di incontrare. In the end torna a stupire per l’approccio pop-rock che, volente o nolente, riesce ad infondere il sorriso, prima che l’ultima The last call torni a riabbassare le luci sul polveroso palco.
La musica può essere veicolo di tanti messaggi: politici, artistici, proiezioni del proprio io più nascosto, diventando anche vera e propria poesia. Ma talvolta anche la musica può scegliere un’altra strada, meno profonda, ma comunque rispettabilissima. Come certi viaggi che si intraprendono solo per “cambiare aria” e svuotare la mente, la musica può servire anche semplicemente a scrollarsi di dosso le preoccupazioni, con leggerezza. Per questo: The last call – Lowlands.

Credits

Label: Gypsy Child Records – 2008

Line-up: Edward Abbiati (voce, chitarra acustica) – Simone Fratti (basso) – Chiara Giacobbe (violino) – Stefano Speroni (chitarra acustica) – Francesco “lebowski” Verrastro (chitarre acustica ed elettrica) – Simone “John” Prunetti (chitarra elettrica) – Paolo Maggi (batteria), con la partecipazione di Steven Berrevoets (batteria) – Mike “Slo Mo” Brenner (chitarre Lap Steel, Slide Bass, Pedal Steel, Acoustic Dobro) – Richard Hunter (armonica) – Chris Cacavas (tastiere) – James Cruickshank (piano) – Nick Barker (voce) – Louise Abbiati e Chiara Meattelli (seconde voci)

Tracklist:

  1. Ghosts In This Town
  2. What Can I Do
  3. You Can Never Go Back
  4. Like a Rose
  5. In Between
  6. Leaving NYC
  7. Lately
  8. 38th & Lawton
  9. Friday Night
  10. That’s Me On The Page
  11. In The End
  12. The Last Call

Links:Sito Ufficiale,MySpace

Ti potrebbe interessare...

MartaDelGrandi Selva

Selva – Marta Del Grandi

Affila le sue armi Marta Del Grandi, due anni dopo l’esordio Until We Fossilize, scommettendo sulla …

Leave a Reply