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Soffio di nero – Alessandro Grazian

Con un Soffio di nero, custode di un dolore che è seme, giunge una musica a raccontare di un percorso. I passi del cammino sono imprigionati fluidi in sei cristalli, gemme che offrono la loro densità e riflessi in cui si dischiude l’eco e il barbaglio di altri astri, di mondi di cui s’annuncia la venuta con un’alba di suoni, ombre e bagliori. Alessandro Grazian plasma parole e note per farne un dono, un’occasione di condivisione… da con-vivere, ci sono le malie delle evocazioni, la bellezza gentile ed insieme tagliente, il sorgere dell’incanto, i sentieri aperti dal pensiero e fioriti sotto il tocco del sogno. L’occasione nasce con un riverbero, con un suono che porta i sensi ad altri suoni, attraverso musiche familiari in cui scorgere radici e terre capaci di essere fondamenta e nutrimento. Soffio di nero, nome del dono e suo primo tocco udibile, ha nel suo inizio, per volontà e come dichiarazione estetica, l’eco dell’introduzione di Legata ad un granello di sabbia di Nico Fidenco, il soffio ordito da dita candide sparge così un pulviscolo di spore, lascia che appaiano nelle eufonie del vento le origini di un canto carezzevole. Così gli arrangiamenti e le soluzioni armoniche si schiudono come freschi boccioli sui rami dalla bellezza ed al contempo fanno delle corolle lo scrigno di una memoria che sa e desidera trattenere, per essere feconda, per sottrarsi all’oblio mantenendosi nella creazione, per far sì che a quest’ultima non manchi mai un suolo a partire dal quale guadagnare nuovi cieli, nuove altezze. Il primo passo disegna una direzione che porta con sé un orizzonte da raggiungere e un’origine che si mantiene aperta. Lungo questa linea ci si imbatte in tre specchi d’acqua pronti a trasformarsi in piogge o vapori in cui la fantasia possa danzare, tre gocce di suono appartenenti a fiumi, mari e lande evocate. Ermitaž, La Couronne, Und die Liebe lacht sono schegge sfuggite dal nuovo album di Grazian che arriverà sul finire della stagione dei frutti rossi e dei gigli, stille di un universo in divenire da cui nascono tre piccole lune. La prima, che porta lo sguardo a perdersi tra le sale e i corridoi dell’Ermitage, è un frammento di A San Pietroburgo; attendendo questo canto, si osserva la luna farsi seme e si vede il seme esplodere in una melodia che, complice l’apparire fugace delle voci di Baunaure e Sushkevich, riprende le atmosfere de Il dottor Zivago tessute da Maurice Jarre per sfilacciarle e farne un filo avviluppante, un vortice dentro il quale scorgere gli occhi di Lara e la pelle argentea della Neva. La Couronne, qui gioco e stella danzante, sarà la scia di Sainte Epine e Und die Liebe lacht, sussurro del vecchio cuore dell’Europa impreziosito dalla voce di Janina Mic’, risorgerà in forma di suggestione in Fiaba Rossa, materia sonora in cui Egon Schiele apparirà in trasparenza con il suo vissuto e le sue visioni. Questi tre specchi liquidi, lune d’alabastro che rimandano ed includono altro, segnano i confini entro cui si dispiegherà il nuovo lavoro, una musica che avrà i suoi snodi in alcune capitali europee, un canto che porterà con sé tracce di luoghi e terre attraversate. A ridosso di questa sorta di suite in forma di costellazione riposa un atto d’amore, un’Aria di neve ridotta a velo leggero indossato con grazia sulla pelle dell’anima. Grazian dona alla poeticità di Sergio Endrigo l’essenzialità della voce sposa delle corde della chitarra e ciò si traduce in una com-prensione, in un gesto che accoglie, nell’emergere di due sensibilità che si appartengono al di là del tempo. “Sopra le nuvole c’è il sereno ma il nostro amore non appartiene al cielo”…s ono parole che ritrovano tra le labbra il loro turbamento, il loro essere amare, scure, bellissime. È uno scintillio, la luce di seta delle anime che s’incontrano e fondono. È un incanto che illumina il cammino e conduce all’ultimo passo, quello che non chiude la via ma segna il compimento di un tratto, una pienezza che è tale perché possibilità di nuovi sentieri e slanci. Felicitazioni, out-take del prossimo disco, è una conclusione fertile, un bacio che consegna dolcezza e veleno, un seme pronto a farsi gladiolo o rovo, un canto che lambisce e sfiora in equilibrio tra un nodo in gola e un sorriso spento. I suoni e le parole si congedano ammantandosi di una seducente ambiguità che graffia il pensiero perché una goccia di sangue uncini il sentire alla musica… “ciò che, infine, ci custodisce è il nostro esser-senza-protezione” (Rainer Maria Rilke). Per non celare la fragilità che ci appartiene e rischiara, che ci condanna e salva, le mani sono affondate nel linguaggio per brandire fili di parole da tessere in una tela su cui proiettare la nostra vulnerabilità, una garza intrecciata con refi d’inchiostro e fibre di suoni. Grazian ha ordito questa meraviglia (in free download sul suo sito) tornando ad avvalersi dell’arpa accarezzata da Maria Anna Russo, del contrabbasso di Alessandro Arcuri e del poliedrico talento di Enrico Gabrielli, Angelo Maria Santisi e Nicola Manzan giungono ad affiancarlo arricchendo di pregiate sfumature la sua musica, una forma di poesia coagulata in armonie e melodiose parole. Stretti da questo canto “nel più ampio Cerchio, in qualche luogo dove la Legge ci tocca, gli rispondiamo di sì” (Rainer Maria Rilke).

Credits

Label: Autoprodotto – 2008

Line-up: Alessandro Grazian (voce, chitarra classica, chitarra acustica ed elettrica, piano a muro, harmonium, mandolino, basso, melodica, organo, campioni) – Enrico Gabrielli (piano rhodes, clarinetto basso, flauto dolce e traverso) – Nicola Manzan (violino) – Alessandro Arcuri (contrabbasso) – Angelo Maria Santisi (violoncello) – Maria Anna Russo (arpa); Testi e musiche di Alessandro Grazian, tranne Aria di Neve (testo e musica di Sergio Endrigo)

Tracklist:

  1. Soffio di nero
  2. Ermitaž
  3. La Couronne
  4. Und die Liebe lacht
  5. Aria di Neve
  6. Felicitazioni

Links:Sito Ufficiale,MySpace

Soffio nero – Preview

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Un solo commento

  1. Colpisce il talento di Alessandro. Piace molto lo spirito di collaborazione, la voglia di suonare, di creare insieme, che accomuna alcuni nostri musicisti. Una fame di musica che non appartiene solo a chi ascolta.

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