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Sì. Arriverà: Amor Fou @ Tambourine (Seregno – MI) 19/04/08

Oggi è festa al Tambourine: compie un anno il piccolo circolo A.R.C.I situato nel cuore della provincia brianzola. I primi auguri sono quelli di Alessandro Raina, leader degli Amor Fou, invitati a esibirsi per l’occasione. Il locale non è gremito di persone e le sue pareti bianche moltiplicano esponenzialmente questo vuoto iniziale. Il palco occupa interamente il fondo, mentre sulla parete di destra vengono proiettate immagini di film in bianco e nero, a creare l’ambiente ideale per la musica degli Amor Fou. L’aria è un po’ tesa. Ognuno prende posizione. Sistemano gli strumenti, guardandosi, scambiandosi segnali silenziosi.

È un istante e il suono sorge per farsi contaminare dalla voce. La convinzione è il primo pezzo e fin da subito definisce la cifra del live: un’armonia curata e delicata si estende in tutto il locale. Raina canta e suona con precisione, appoggiando la chitarra su una gamba appena piegata, mentre il piede batte piano sul pavimento per scandire il tempo. L’attenzione viene mantenuta costante e un breve silenzio introduce a Se un ragazzino appicca il fuoco. Tutti appaiono estremamente concentrati e intanto il locale inizia piano piano a riempirsi. Un piccolo problema all’auricolare anticipa Ore 10: parla un misogino. Raina diventa un tutt’uno con l’asta del microfono, lasciandosi guidare dalle mani e dai loro movimenti precisi seguiti minuziosamente dagli occhi. Segue un lungo intermezzo strumentale che vede tutti coinvolti: il trasporto è tangibile. Le maracas di Giuliano Dottori e Alessandro Raina regolano l’ondeggiare dei suoni e dei corpi: quest’ultimo scende dal palco e si rivolge verso i suoi musicisti. La musica si fa liquida, sembra pervaderlo e misticamente inginocchiato risale e si unisce nuovamente ai compagni per I ritorni. La voce sembra trattenuta, controllata: si vuole evitare l’errore senza però perdere il giusto coinvolgimento emotivo. Si continua con Venti giorni di vita di una donna famosa. Il pezzo scivola morbido e mosso dalla seconda voce di Giuliano Dottori. Non ci sono pause, se non quelle dettate dai lunghi applausi del pubblico. Due cuori, una dark room vede qualche libertà in più: nei movimenti reciproci, nell’espressione vocale meno ritenuta, nella manifestazione di una dolcezza rara. “Se amarsi è solo calore e colpi di testa…” . Cos’è la libertà? è sicuramente il momento più alto del concerto. L’intensità del disco è perfettamente conservata ed esaltata dalla partecipazione di tutti e dal rispettoso silenzio del locale. La voce è sottile, ancora una volta misurata pur tradendo una certa emozione. Gli strumenti esplodono e l’apice è sottolineato da un sorriso complice tra Raina e Dottori. Il pezzo sembra essere infinito e questa è la volontà di tutti: Leziero Rescigno alla batteria è incontenibile, Luca Recchia accarezza le corde del suo basso con convinzione sempre maggiore. Il pubblico ammira estasiato il risultato assecondando con ogni parte di sé il trasporto sonoro che emerge sempre più. Ancora una volta Raina lascia la sua chitarra e si raccoglie nelle sue mani che, ne Il periodo ipotetico, si fanno strumento, dando voce a piccoli gesti lenti e misurati capaci di arrivare oltre il testo. “Sì. Arriverà” grazie all’enorme forza comunicativa del gruppo, fatta di poche parole e veemente profondità. Nuovamente il silenzio per L’anno luce. Dottori e Recchia si siedono a bordo palco. Rescigno prende posto al piano ad accompagnare il sussurro di Raina nel racconto della strage di Piazza Fontana che fa da sfondo all’intero disco. A chiudere il sipario, La strage. Con la sua carica e la sua durezza. Con la sua tensione e la sua risolutezza. Con la cura che simboleggia ogni pezzo. Con la dimensione corporea ad unire l’artista all’uomo in un unicum irripetibile e imprescindibile. Con la passione che lega i musicisti al loro pubblico. Con un sospiro che grida fine e meraviglia. (Lost Gallery)

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