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Le sfumature della musica nelle vibrazioni delle linee: “Questa è la stanza” di Gipi

Cinque canzoni, praticamente un Ep. Questo è, ma su carta. Sembra impossibile ma è così. Colori, luci e suoni da imparare, direbbe Paolo Benvegnù, ma con la matita e il pennello tra le dita ci pensa Giovanni Pacinotti (in arte, e per tutti, Gipi) a dettare le sue regole e a sbattere sul piano le emozioni.
A differenza della musica che vive e si riproduce nell’aria di vibrazione in vibrazione, il fumetto si muove a passi più o meno veloci tra le vignette e riquadri. Di pagina in pagina si assaporano i personaggi, li si scopre, fino ad innamorarsene.
Ma solo pochi artisti riescono ad avere un risultato tanto alto (l’innamoramento, intendo) e Gipi è uno di questi: autori che, faticando nel creare, riescono a realizzare protagonisti veri.

I personaggi nati da queste menti ispirate superano i limiti imposti dalla cellulosa, e quando il lettore, arrivato alla fine della lettura, disperato come al termine di una storia d’amore, batte un pugno sul tavolo… questi balzano in aria, per poi tuffarsi dentro di lui. Per rimanerci sempre.
Questa è la stanza è una graphic novel dai toni vivaci, che narra di adolescenti. Sogni, desideri ma soprattutto quotidianità, ed inevitabilmente dolore. Quest’ultimo è parte fondante di ogni vita umana, e più della felicità, esso va a forgiare il carattere umano.
Alex è stato abbandonato dal padre: molte delle sue canzoni parlano di lui e della vita da fuggiasco che si dice trascorrere in qualche isola dei Caraibi.
Alberto ha genitori che non si parlano, e il padre una volta è stato male: questo è bastato a farne una persona diversa.
Giuliano si vergogna della sua magrezza: un timore infantile, ma si sente grande quando ama Nina.
Stefano ha perso il fratello, e scriverà una canzone per lui solo quando riuscirà a non scrivere smancerie.
Per questi quattro ragazzi di provincia la musica è un luogo sacro quanto la città di Lhasa per un buddista. Unico luogo protetto nel quale non si è ciò che si è, ma si ha ciò che si vuole: praticamente un Eldorado dei sentimenti buoni, e allo stesso tempo un inceneritore di quelli cattivi.
Paesaggi sterminati in cui il cielo occupa l’8/10 della tavola. Rumori scanditi da un tratto a volte apparentemente indeciso. Ombre, ombre e ombre, con luci calde. Tratti somatici dei personaggi non dettagliati; anime dettagliatissime.
Tutti questi sottili (ma potentissimi) accorgimenti fanno sì che la banalità venga sventrata portando alla luce l’essenza degli eventi. Nulla è più volgare di questo velo terribilmente incolore che copre ogni azione quotidiana, nascondendo emozioni perse, di una profondità inaudita.
Gipi mette a nudo ciò che ci passa sotto agli occhi, nella nostra vita assuefatta da fuochi d’artificio e brillantini. La purezza, la semplicità, la profondità di uno sguardo, la poeticità di un semplice paesaggio di provincia con le sue vite nascoste dietro cipressi e ciminiere, nei campi e nelle abitazioni, nelle fabbriche e nelle strade.
E proprio tra i capannoni agricoli o industriali si possono nascondere alcuni ragazzi, a suonare, a fuggire dentro una scatola. Paradossalmente una scatola di lamiera o mattoni può donare più libertà di un mondo intero e di un cielo infinito. E’ così… se c’è la musica.
Si suona, ci si perde, e si cerca la via. Ma soprattutto: si riparte dal via.
Luoghi che tutti noi abbiamo da qualche parte nel profondo. Alcuni ci giocano ancora a nascondino in quelle stanze, altri meno e se ne rammaricano, ma nessuno può non emozionarsi leggendo Questa è la stanza.
La rincorsa dei sogni.
– C’è questo manager che vuole sentire dei pezzi nostri. –
– Bene, no? –
– Sì. “Bene” se non perdiamo l’occasione. Se suoniamo tutti i giorni e non pensiamo ad altro. Se chiudiamo le porte della stanza e lasciamo tutto il resto all’esterno –

E la vita, appena presenta un’opportunità, subito offre anche una sfiga. Problemi, crisi, ci si perde, e si rischia di fare cazzate. Quando la vita scivola sulle dita, bisogna afferrarla, e scappare via di corsa. Bisogna scipparla.
– Questa canzone parla delle scelte che determinano il nostro destino. –
– Racconta di come si possa prendere la vita e piegarla ai nostri desideri. –
– Noi abbiamo rubato. Abbiamo infranto le regole. –
– Ma adesso possiamo suonare. –

Ma poi ci si accorge che non basta recitare: il teatrino incomincia a scricchiolare fino a crollare inesorabilmente.
E infine la pausa, la riflessione, e il ripartire dal via senza il bisogno di tirare i dadi. Si ricomincia, si ritrova lo spirito giusto: schiavi della fuga da un mondo opprimente, bisognosi di una scatola in cui perdersi e sognare.
L’edizione di Questa è la stanza che ho tra le mani porta sul retro un’osservazione che recita :“La stanza è il mondo all’interno del quale crescono desideri, speranze ma anche delusioni. Un romanzo di formazione dal taglio nervoso e sensibile, il ritratto sincero di una generazione perduta”.
No. Non è vero.
Nulla di perduto.
Molti giovani vivono la propria “stanza” privata, o meno che sia. C’è chi lo fa nel buio della sua camera, chi su un palco mettendo a nudo parti di sé, e chi sotto il palco, assorbendo e reinterpretando.
C’è chi si chiude in una scatola in città, ma molti abitano proprio nella provincia un po’ poetica e un po’ orribilmente materiale, come narrata da Gipi
Nel panorama musicale italiano molti sono i riferimenti collegabili a quest’opera fumettistica: gli intrecci sono tanti.
Basti pensare alla serie di spettacoli di Paolo Benvegnù, intitolati appunto La Stanza: “parla dell’assenza-presenza di un essere in una stanza. E’ un reading che è sia al femminile che al maschile. Cosa succede in una stanza di notte se piove. O si mangia. O si sogna. I protagonisti sono la stessa persona e ambedue cercano l’Amore assoluto, perchè da piccoli non hanno mai avuto una stanza propria, e per sognare dovevano andare sotto il tavolo oppure chiudersi in bagno. (estratto dall’intervista di Luciana Manco a Paolo Benvegnù).
Altri collegamenti sono realizzabili con Le luci della centrale elettrica, la cui opera vive dei paesaggi, talvolta alieni, della provincia italiana. Lo stesso Gipi ha annunciato che probabilmente illustrerà la copertina del primo album del giovane cantautore.
Facile è pensare ai piattissimi chilometri macinati sotto le ruote dell’auto per raggiungere un’oasi di una città di provincia dove hanno dato spettacolo i Perturbazione, in un locale sorto tra capannoni industriali e centri sportivi.
Nulla è realmente perduto. Nulla è più attuale che un fumetto di Gipi. E nessun colore è mai riuscito a svelare tanta musica intorno ad una linea sottile e dispersa.
Questa è la magia delle arti tutte: la relazione.
Un altro fumettista con il pallino della musica canta dal mio lettore mp3… Siamo tutti in amore con tutti (Tre Allegri Ragazzi Morti) mentre osservo l’acquerello corteggiare la musica, e la musica danzare al suo fianco.
Questa è la stanza è edito da Coconino Press.
Tutte le immagini sono tratte dal blog di GIPI

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