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Being a grown-up sure is complicated – Amycanbe

Raggi tiepidi di un sole ancora basso illuminano una stanza. Moquette morbida sotto i piedi. Una tenda bianca svolazza giocando con le ombre sulla parete. Un bambino avanza nel suo cammino, verso la luce.
Questa è l’immagine che si crea nella mia mente ascoltando album d’esordio degli Amycanbe: un passo leggero di un gruppo ancora giovane, ma determinato a crescere, cosciente dell’asperità del cammino.
Forse il titolo dell’album gioca anche con le difficoltà incontrate nello svilupparsi del proprio progetto artistico che li ha spinti fuori dall’Italia per registrare e produrre il primo disco: Germania e Inghilterra. Non che in patria le offerte siano state poche, ma evidentemente non era ciò che la band desiderava. La britannica Dancing Turtle Records ha soddisfatto le loro esigenze sfornando un album splendido, dal suono europeo e lontano da ogni “inscatolamento” nazionale.
Tredici tracce soffici cantate in inglese, supportate da atmosfere degne del miglior indie-pop arricchito di influenze jazz, folk e sprazzi elettronici.
Tutti i pezzi risultano pacati, lontani da ogni delirio rock o qualsiasi tipo di virtuosismo. La leggerezza fa da padrona per tutto l’intero lavoro, lasciandolo sospeso a mezz’aria, impalpabile e irraggiungibile.
Già al primo ascolto, fin dai primi secondi, non si può evitare di innamorarsi della dolcezza canora di Francesca Amati: un alito di voce che vuole accarezzare e graffiare appena, senza ferire.
Diverse anime della stessa mente appaiono in questo progetto che mette in mostra il proprio stile anche nella cura dell’artwork (su cd e su vinile).
A rappresentare la più totale orecchiabilità è presente The song of Matthew and Mark. Questo pezzo era già presente nel primo Ep della band, ma ora respira nuovissima salutare aria. Un ritmo quasi latino si muove sinuoso, sorretto dalla tromba di Paolo Gradari: le sue note prendono dimora nella mente di chi ascolta e non si allontanano più.
Un primo accenno di rabbia è udibile in Little dog: la chitarra acquista spessore dando anche ritmo. Il risultato è un volto adirato dietro un vetro sabbiato che annulla ogni lineamento.
Too much works è pop raffinato, dove la voce di Francesca vede orbitare al suo fianco suoni rarefatti in un dolce crescendo. Batteria e chitarra avvolgono e mai invadono creando un equilibrio soprannaturale.
Nell’album c’è pure spazio per momenti di dolcezza quasi infantile: Killer bees dove una voce spaziale si intromette nel soffice canto e i fiati giocano nel finale con note che stendono un sorriso sul volto.
In Heal appare per la prima volta per davvero la malinconia, disegnata da un clima nebbioso ed etereo tra jazz e pop acustico.
Quella degli Amycanbe è una grande prova spinta dalla vera passione: la loro musica non cerca le masse, ma cerca i cuori; li vuole cercare in qualsiasi luogo dentro e fuori il confine nazionale. Nella rete molti li stanno apprezzando e buona parte del seguito del gruppo proviene proprio dal web.
Appena si termina di ascoltare l’album subito inizia la curiosità per il prossimo: si capisce immediatamente che il gruppo è qualcosa con fondamenta stabili ma pronto a cambiamenti: tante le influenze e gli accostamenti di elettronica, acustica, pop e folk.
Gli Amycanbe sono un forziere pieno di pietre preziose, con le quali perdersi guardandone i riflessi controluce. Chi mai pensava che Ravenna potesse possedere tale tesoro?!

Credits

Label: Danging Turtle Records (U.K.) – 2007

Line-up: Francesca Amati (voce) – Mattia Mercuriali (chitarre) – Marco Trinchillo (chitarra acustica, batteria) – Paolo Gradari (tromba, chitarra, tastiere ed elettronica)

Tracklist:

  1. 24 hours
  2. Talk a bit
  3. Get closer
  4. The song of Matthew and Mark
  5. All the places
  6. Down under
  7. Little dog
  8. Your own thing
  9. Let me
  10. Burning
  11. Too much work
  12. Killer bees
  13. Heal

Links:Sito Ufficiale,MySpace

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