Home / Editoriali / Io non tremo: intervista a Giorgio Prette (Afterhours)

Io non tremo: intervista a Giorgio Prette (Afterhours)

23 maggio 2007: in occasione dell’uscita del secondo capitolo antologico (in doppio dvd) della carriera degli Afterhours ho vissuto il piacere e l’onore di un dialogo telefonico con Giorgio Prette, batterista storico della band. L’obiettivo è stato quello di ripercorrere le tappe di un percorso evolutivo che si è svolto all’insegna dell’onestà e della difesa di un’integrità professionale ed umana, durante ben vent’anni. Manca poco ormai all’uscita del nuovo album e LostHighways ha deciso di riportare all’attenzione dei suoi lettori un’intervista che ha avuto e continua ad avere un significato speciale.

E’ un piacere poter realizzare quest’intervista.
La carriera degli Afterhours segue una linea temporale di vent’anni. Le tappe del vostro percorso sono state segnate dalla necessità di comunicare sempre le ragioni di ogni scelta, di rendere visibili anche forme di autocritica e al contempo di analisi del “sistema musica” in Italia. I due doppi dvd (Non usate precauzioni – Fatevi infettare, uscito in febbraio e Io non tremo, uscito l’undici maggio e subito al primo posto nelle classifiche di vendita) amplificano questa tendenza alla comunicazione di un progetto tra luci e ombre. Voi, la migliore rock band italiana (come vi hanno definito dal palco del 1’ maggio… e non è una scoperta!), avete scelto non di autocelebrarvi con il dvd di un live confezionato all’occorrenza, ma vi “raccontate” attraverso la forma di un documentario…

In realtà il progetto non era partito in questo modo: è stato un work in progress. Quando è nata l’idea del dvd inizialmente si era pensato di raccontare il tour del 2005, quello di Ballate per piccole iene. Avevamo organizzato di riprendere i concerti e giravamo con le telecamerine digitali per raccogliere anche materiale di backstage. Successivamente, cercando ciascuno a casa propria materiale di repertorio, ci siamo resi conto di quanto ne avessimo di carino e molto vecchio. Quindi abbiamo capito che documentare l’ultimo tour non ci interessava più di tanto, del resto non abbiamo mai avuto interesse a realizzare il dvd di un concerto. Coerentemente con quello che siamo noi e avendo tutto quel materiale, che copre un arco di storia di vent’anni, abbiamo pensato di fare un documentario. E’ chiaro che con tutta la mole di materiale e le cose da raccontare con un solo dvd non ce l’avremmo fatta. Già scremando moltissimo abbiamo creato due puntate, diversamente un doppio dvd con tre ore e passa di documentario sarebbe stato pesante da digerire in un botto solo, anche dal punto di vista economico. Allora abbiamo pensato di accompagnare il documentario di ogni puntata con un altro dvd di contenuti speciali: uno con tutti i nostri videoclip che molta gente non aveva visto (soprattutto quelli più vecchi) e l’altro con trenta canzoni estrapolate da concerti di varie epoche.

Si tratta di una raccolta di materiale molto vario. Chi vi segue da anni può rinvenire tracce di eventi vissuti al tempo ma anche frammenti assolutamente inediti, penso ai progetti paralleli de Le città invisibili, agli esperimenti reading degli Agnelli – Clementi. C’è tanto da approfondire rispetto a quello che si credeva di sapere…
Lo scopo era quello. Sai, noi abbiamo un pubblico molto fedele e che ha occasione di vederci molto spesso dal vivo e quindi fare un dvd di un concerto ci sembrava una presa in giro. Abbiamo ritenuto più interessante che il pubblico potesse conoscere la nostra storia attraverso le immagini e i racconti. Una grossa fetta di pubblico che abbiamo acquisito negli ultimi cinque anni certe cose non le sapeva e non poteva saperle. E’ davvero positivo per noi che il pubblico conosca la nostra storia per capire quello che siamo adesso e perché lo siamo. Nel secondo dvd, nonostante si riferisca a epoche più recenti, c’è molto materiale che la gente non aveva potuto aver visto: la parte relativa al tour americano e ai progetti che hai citato tu.

Questo mi ha colpita: quando si segue un gruppo per molto tempo (come me!) si ha la vana certezza di sapere tutto, ma non è così. E’ stato molto bello offrire tutto questo.
L’apertura, il confronto, il rifiuto di ogni gabbia autocelebrativa nel dvd assumono forma attraverso il moltiplicarsi dei punti di vista: voci della band, di discografici, di tecnici del suono e delle luci, di grafici e di fotografi… tutti prendono parola. Quindi un’analisi ad ampio raggio della vostra storia coinvolgendo tutti… un lato umano consistente…

Sì, perché le cose sono nate così e nascono così per quanto ci riguarda. Durante i primi dieci anni della nostra storia c’era tutto un giro di persone… amici: chi suonava, chi si occupava di grafica, chi di fotografia. Si trattava di una collaborazione tra diverse forme espressive che si contaminavano tra loro. Il risultato era sempre aderente alla personalità di tutti quelli che lavoravano perché c’era uno spontaneismo, ma anche serietà e professionalità (non era un hobby!): mancavano quei vincoli del formalismo che un certo tipo di professionismo vuole imporre come se fosse necessario. E’ chiaro poi che situazioni del genere non durano per tanto tempo. Dopo Hai paura del buio? sono cambiate le cose, ma è normale perché tutte le persone nel loro ambito sono cresciute. Abbiamo sempre cercato di collaborare con persone con cui avere un rapporto umano. Un esempio eclatante riguarda i primi videoclip che realizzavano con Fabrizio Trigari, un amico. Sai, c’era un budget ridicolo ma quello che contava era l’idea e i suggerimenti che ciascuno poteva proporre, così il risultato finale era molto vero e vicino a quello che siamo. Non avevamo un canovaccio e obblighi di ripresa… ci sono stati dopo e l’abbiamo sofferto così tanto che alcuni dei nostri videoclip più recenti non ci entusiasmano, motivo per cui non abbiamo fatto un video per Ballata per la mia piccola iena: al momento non ci avevano proposto niente che ci interessasse quindi piuttosto che fare un video brutto… non l’abbiamo fatto!

Molti di quei video del passato funzionano più di “alcuni” che si vedono in giro… oggi…
Perché hanno un’anima e non sono preparati secondo i canoni di MTV (colori e altro). Va bene se interessa, ma noi non siamo attori e non siamo così disinvolti davanti alle telecamere da poter ambire ad una direzione del genere, a parte che non ci interessa. Non abbiamo quel talento, per cui la cosa migliore che possiamo fare è trovare un’idea, un modo carino, nuovo e diverso per rappresentare noi stessi.

Questa è proprio l’essenza del dvd. Come dicevi tu, si è lontani da certi formalismi ma c’è spontaneità che veicola l’idea… un’idea che è piaciuta!
Per questo pensiamo che il pubblico possa conoscerci meglio. Abbiamo avuto sempre lo stesso approccio anche nei confronti della musica. E’ chiaro che questo significato lo devi cogliere perché non lo spieghiamo apertamente, non avrebbe senso tranne quando ci viene chiesto esplicitamente. Tornando al discorso di prima: tutto questo permette di farci comprendere meglio…

A proposito delle voci che compaiono e scompaiono nel ritmo narrativo, ci sono quelle di Xabier Iriondo e di Andrea Viti: segno della serenità con cui il passato può essere raccontato nonostante una separazione. Un’altra anomalia che vi caratterizza in positivo rispetto a tante altre storie di band segnate da percorsi di contrasti traumatici e insanabili (in termini di rapporti umani, intendo).
Sì, le separazioni è difficile che anche per noi non siano traumatiche in qualche modo perché non sono state indolori. Quello che è importante è che se c’è stato un certo tipo di rapporto con le persone, se si sono condivise tante cose (anche meno belle), se c’è stima e rispetto reciproco è difficile che tutto finisca male anche perché sia Xabier che Andrea sono andati via per loro scelta e per motivi completamente diversi. Sono stati con noi per anni, per periodi molto lunghi… periodi nella storia del rock massimi per la vita di una band: la maggior parte delle band sono durate sei, sette, otto anni per cui è normale che una bad che resiste per vent’anni viva delle separazioni. Si cambia… i tuoi obiettivi, le tue scelte, le tue esigenze di vita cambiano andando avanti nel tempo, crescendo: succede nella vita normale… figurati nella vita di una band!

A proposito di un percorso traumatico e della possibilità di superarlo e andare avanti, nel 2001 c’è stato un momento in tal senso e un po’ il live Siam tre piccoli porcellin rappresenta metaforicamente (con la scissione tra l’elettrico e l’acustico) quel momento. Inoltre il retaggio del passato (quella metamorfosi acustica) è ritornato spesso, anche adesso…
Il discorso è un po’ casuale nel senso che non abbiamo l’esigenza di fare delle cose in acustico: ci è stato proposto di fare un concerto e lo faremo il 6 luglio a Pordenone… è successo casualmente! Per quanto riguarda il passato, è stato il risultato un po’ estremo della necessità di uscire da un’altra situazione piuttosto estrema. Eravamo arrivati a suonare a dei volumi incredibili sul palco e a perdere ogni forma di musicalità, a suonare non “uno con l’altro” ma “uno contro l’altro”: Manuel stava perdendo la voce e noi l’udito. Una situazione che rappresentava la fine di un ciclo, eravamo al culmine di una fase e questo ha portato casualmente (neanche tanto) alla necessità di seguire una forma che potesse portarci bruscamente a un’estrema musicalità: non è un caso che abbiamo fatto quei concerti in acustico e uno sia diventato il cd acustico (appunto) di Siam tre piccoli porcellin. Quando arrivi ad una situazione estrema è difficile ritornare in carreggiata in maniera mediata, molto spesso devi buttarti dalla parte opposta per reazione e questo ti permette di riportarti sul giusto binario, una via di mezzo. Quindi quel live rappresenta la fine di un capitolo in tutti i sensi.

Infatti poi c’è stata una ricerca di sonorità totalmente diversa, figlia di un passato ma anche volta a scelte differenti… forse già da Non è per sempre
Col senno di poi… forse sì! Mentre realizzavamo Non è per sempre eravamo molto sereni. Però con quest’album sono cambiate molte cose a 360° che hanno cambiato noi e hanno portato un po’ alla fine del ciclo successivamente, tre anni dopo… il risultato di tutto questo è finito in Quello che non c’è.

A proposito di Non è per sempre mi hanno colpita, all’inizio del dvd, le tue parole volte non tanto a rivendicare quanto a presentare in una luce diversa quell’album. Al di là di due, tre pezzi che possono avere delle sonorità più “morbide” e “rassicuranti” per l’orecchio ma con dei testi abbastanza duri… in generale è un album molto crudo (nella sua essenza).
Molto crudo ma anche molto scuro. Se togli qualche episodio, per il resto anche musicalmente è piuttosto aggressivo come album. Scegliemmo di separare i diversi episodi, cioè quelli delle canzoni al 100% e quelli che erano (musicalmente) più la continuazione di Hai paura del buio?: una scelta dettata dall’obiettivo (come al solito) di non fare la seconda puntata di qualcosa che avevamo già fatto.

Questa capacità di rinnovarvi, di cambiare e non in base a delle regole ma per delle vostre esigenze è stata una costante. In particolare l’ultimo anno mi ha dato la sensazione che abbiate vissuto un’accelerazione notevole, a partire dai nuovi “innesti” (R. Dell’Era e E. Gabrielli)… poi con il primo tour in America è scoppiato tutto in una maniera quasi vertiginosa. I video del tour americano contenuti nel dvd rendono palpabile questo…
Sì, è assolutamente vero! Anche la fine del 2005 è stata così. Il 2005 è stato un anno molto impegnativo: abbiamo suonato tantissimo. Alla fine di quel tour eravamo logorati, avevamo dovuto affrontare delle sfide piuttosto impegnative che potevamo superare solo con un certo tipo di approccio, cioè di complicità molto forte tra noi, anche a livello personale. L’alternativa era uscire più forti o sciogliersi: sono esperienze che ti portano da una parte o dall’altra. Enrico l’abbiamo voluto fortemente, Roberto è arrivato fortunosamente… l’abbiamo incontrato proprio per caso. Loro due hanno portato una ventata di novità e freschezza sia musicale che di atmosfera umana all’interno della band, scompaginando tutto. E’ cambiato il modo di suonare in virtù dell’atmosfera tra noi, così abbiamo avuto modo di vivere quest’esperienza nel miglior modo possibile e di crescere insieme. E’ un anno e mezzo che abbiamo la nuova formazione e abbiamo vissuto talmente tanto intensamente che quando ne parliamo abbiamo la sensazione che in realtà tutto quello che abbiamo fatto durante questo periodo sia distribuito in tre o quattro anni!

La percezione di una grande intesa sviluppata nell’ultimo anno e mezzo è evidente se paragono i concerti visti all’inizio del 2006 e l’ultimo di dicembre. C’è proprio una differenza tra voi…
Sì, c’è una notevole differenza proprio tra noi. E’ importante conoscersi come persone ma anche come musicisti. Enrico è un arrangiatore; Roberto fa parte della sezione ritmica: un bassista e un batterista tengono in piedi il motore di una band. Roberto, nello specifico, prima di salire sul palco ha fatto tre o quattro prove, ha dovuto imparare tanto materiale in pochissimo tempo. Dalla sala prove al palco, davanti a tanta gente c’è l’aggiunta dell’elemento emotivo, non è assolutamente facile quindi è anche logico che nel corso dei mesi abbia preso completamente in mano le canzoni. Mentre prima doveva stare molto concentrato ora ha anche la libertà di fare le capriole! Poi il tour americano ha cambiato la vita, come persone e come musicisti.

L’affiatamento tra voi (così lampante) influenzerà il processo di preparazione e lavorazione del nuovo album?
Sì, lo sta già facendo. Ci siamo incontrati poche volte ma abbiamo già tanto materiale, tirato fuori di getto.

Un altro aspetto che emerge dai video relativi al primo tour americano è la maggiore rilassatezza e apertura con cui la musica sembra essere accolta dal pubblico. La musica è vissuta con curiosità anche quando si tratta di pezzi in italiano. Si percepisce la differenza rispetto alla pressione/oppressione tipiche dell’Italia…
Oppressione… no! Quando sei davanti ad un pubblico che non ti conosce a 360° (come persone, come band) comunichi esclusivamente con la tua musica, non c’è nessuna aspettativa da parte del pubblico e nessuna pressione. Quando riesci a comunicare attraverso la musica ti senti fresco, originale e nuovo. In Italia per noi è molto difficile, abbiamo una storia molto lunga, un pubblico molto folto che ci conosce benissimo quindi la nostra esigenza di stupire e sorprendere è chiaro che diventa complicata: questo ci mette sotto pressione, soprattutto quando ci sono parecchi concerti dal vivo e la gente viene a vederli tante volte… non è che puoi proporre nell’arco di un tour molte volte qualcosa di diverso! Il repertorio è quello, la scaletta è quella… se uno ti viene a vedere dieci volte non può pensare di vedere dieci volte uno spettacolo diverso, alla fine vedrà in dieci posti diversi lo stesso spettacolo! E’ chiaro che la pressione è forte, ma non negativa. Siamo noi che abbiamo bisogno di distrarci, di provare nuove esperienze fuori dall’Italia per avere giusti stimoli e la giusta contaminazione per far qualcosa che sorprenda… innanzitutto noi stessi per poi proporla al pubblico.

La mia ultima domanda riguarda proprio il pubblico, ringraziato nel dipanarsi dei titoli di coda del dvd. Avete un pubblico speciale, talvolta esasperante ma comunque “innamorato e fedele”. Il vostro rapporto con la gente ha dell’insolito, ai vostri concerti si innesca uno scambio di energia fuori dall’ordinario. Quest’amore ha portato alla produzione di materiale amatoriale notevole… parte è finita nel dvd, penso ai video dei ragazzi di http://www.sallon.net/afterhours/: quelli di Bologna 2005 (by Francesco, Kutolenko e di Knirvanak) e a quelli di Palermo 2006 ( by Francesco e Salvo), una delle location più belle tra quelle che vi hanno visti protagonisti negli anni…
Questo è fantastico, onestamente. I ragazzi di sallon sono bravissimi e possiamo solo ringraziarli. Noi, per indole, non siamo dei grandi comunicatori attraverso la rete perché ci interessa comunicare attraverso la musica. Però ci sono tutti questi strumenti che sono utilissimi. Il sito di sallon è stato molto importante perché ha aperto quel canale di comunicazione non tanto tra noi e il pubblico, ma all’interno del pubblico… cosa che noi non potremmo gestire per mancanza di tempo. C’è Myspace, un altro strumento molto positivo. Abbiamo una persona che lo gestisce, però noi lo frequentiamo tutti i giorni.

Uno strumento anche molto diretto: gli aggiornamenti del tour americano arrivavano in tempo reale…
Sì, anche quella è stata una cosa molto bella e molto positiva. Strumenti che ci aiutano tanto e ci sorprendono, anche! Per quanto riguarda il concerto di Palermo, nelle nostre menti è sicuramente uno dei primi cinque di tutti i tempi. Ho ricevuto dai ragazzi il dvd con le riprese e quando le ho guardate sono rimasto colpito proprio perché il concerto era stato particolarmente bello rispetto a come lo ricordavamo dal palco (anche musicalmente). Quando l’ho fatto vedere a Manuel anche lui è rimasto entusiasta, infatti ci sono parecchi contributi presi da quel concerto.

Ti ringrazio tantissimo per la disponibilità… grazie.
Grazie a te, ciao.

Ti potrebbe interessare...

Benvegnù intervista

In fuga dalla carovana dei cortigiani, intervista a Paolo Benvegnù

Le conversazioni, quelle belle. Le occasioni commoventi di incontrare, tangendole, le curve perfette della personalità …

2 commenti

  1. Bene brava bis…bella l’intervista belli gli after…stupendo stupendo stupendo!

Leave a Reply