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Enjoy the Rehab – Betty Ford Center

La musica e la rabbia sono amanti perfetti. Io lo so. Dal loro incontro nascono figli cattivi, insolenti, adrenalinici. Figli sconosciuti e scomodi che non trovano posto in quest’Italietta triste, benpensante, buonista e borghese, sempre attenta ai nuovi amori delle sue veline da marciapiede, ai suoi eroi da stadio olimpico, ai suoi “naufraghi” su isole “deserte” in prima serata. Quest’Italietta ridicola, con poca memoria, stupidamente stordita dalla voglia di apparire. Quest’Italietta vigliacca, onanista e demente, falsamente aperta ma sotto sotto bigotta, papista e cocainomane. Quest’Italietta da soap opera e da rotocalco scandalistico, da bordello camuffato da tempio. Quest’Italietta che poi si indigna quando i suoni non sanno di innocenza e buoni sentimenti.
Quando i suoni puzzano di piscio e di sudore, di malessere e di sangue, di insoddisfazione e di coerenza, di autoironia (perché di autoironia è fatta l’intelligenza), di noia e di vomito, allora questi suoni li chiamano rumori, questi suoni sono suoni non plastificabili, non vendibili come suonerie o come allegati a riviste finto-culturali. Sono suoni puri e la purezza della non-conformità non serve a niente dalle parti nostre. Sono i suoni che cerco. Sono i suoni che fuoriescono da Enjoy the Rehab, il lavoro di una band italiana che si è fatta notare all’estero allo Sziget Fest di Budapest, che è stata selezionata per l’Heineken Jammin Festival, che desta l’interesse di Oliviero Toscani, che riceve plausi da Raro… e che, in Italia, continua ad essere una band di nicchia.
Cosa c’è che non va? Niente, non c’è niente che non va. Solo, i Betty Ford Center sono una band di quelle senza compromessi, quelle che fanno rock per attitudine più che per divertimento. La necessità di suonare non per dare messaggi né per chiedere aiuto, ma solo per suonare, per esorcizzare (o per mettere a nudo?) i demoni di chi ne legge gli scarni testi, per mettere in musica le urla che ti spaccano il cranio da dentro.
I Betty Ford Center sono la band che mamma Italia non vorrebbe che voi ascoltaste, sono lo sporco che nasconde sotto il tappeto. In una parola, sono “veri”.
Una band che, nella ruvida voce di Lucia, trova i toni rabbiosi e strafottenti dei primi anni ’90, che con le chitarre distorte e ripetitive, nei ritmi essenziali e martellanti, affonda le unghie nella carne della noia quotidiana che ci cuciamo addosso, per strapparle un grido che sia l’ultimo.
Tracce? Canzoni? No. Emozioni nervose, strutture di energia.
Cercate la classe, nel rock? Allora girate al largo, qui non ce n’è. Qui c’è il rock, quello vero.
Chi cerca canzonette non ne troverà. Troverà, invece, Miss Borderline, carta vetrata per massacrarsi il cervello, un inaspettato tuffo nelle sonorità di quindici e passa anni fa; in Yvonne Meringa troverà qualcosa che è potenza sapientemente stemperata. Troverà il martello dell’essenzialità in Fuckin M**, con il suo cantare ripetitivo e stressato. Troverà la granitica Tell Me fido dalle ambientazioni garage che mi mancavano da tanto, troppo, tempo.
Composizioni che battono i ferri su ritmiche scarne, quattro o cinque accordi sporchi e striminziti, di quelli che si incastrano nelle orecchie, di quelli che ripeti quando prendi la chitarra fra le braccia e ti domandi come si fa. Come si fa, in questi giorni di ricerca, a fare cose così primitive e potenti, così stupendamente genuine, così malate e seducenti?
Come ci dice il loro MySpace, hanno vinto cinque concorsi nazionali, sono stati selezionati da Oliviero Toscani per passare a rotazione su Music Box con il video di Yvonne Meringa, sono stati finalisti in vari festival, nazionali e non, il Jammin Festival, bla bla bla e tante altre belle cosette del genere.
Ma non è per questo che si fanno notare. Si fanno notare, a mio avviso, per il semplice fatto che sono puri, vivi, sono genuini e, a giudicare da quello che dice chi ha potuto veder un loro concerto… spaccano da far paura! Se andate ad ascoltarli, portatevi il Lasonil e state pronti a saltare e a cadere.
Armonia? Melodia? Sì, certo, ce n’è, del resto sono componenti fondamentali (ma lo sono…?) per fare buona musica.
Ma allora, a voler ben vedere, cos’è questo nero amplificatore di rabbia?
E’ Enjoy the Rehab e basta. Un disco dove si deve andare al di là del semplice ascolto. Un disco che pretende di più di un semplice pogo.
Poi fate pure i vostri paragoni con lo stile scarno e “grunge” che rievoca i ’90, con la voce della vocalist che a qualcuno ricorda un’altra voce più famosa, incantatevi pure per lo splendido viso di Lucia, sorridete saccenti per l’aria da marpioni di Max e Tiziano, criticatene pure la copertina pelle e ossa e la predilezione neanche tanto nascosta per additivi di allegria. Date i vostri bei giudizi, incensateli e firmateli pure. Per quel che mi riguarda, non me ne potrebbe fregare di meno.
Io penso che i Betty Ford Center abbiano partorito un lavoro umorale, fascinosamente fastidioso come lo sputo e il mestruo, brillantemente sporco e crudo come pochi sanno fare, senza belletto né brillantina né profumo. Se fosse arrivato qualche anno fa, sarebbe stato qualcosa di primordiale.
Qualcosa che sa di reale e spontaneo, qualcosa che ha il colore della rabbia e del vino scadente.
Qualcosa di scuro, duro, sensuale, sessuale e magnifico.

Credits

Label: Autoprodotto – 2007

Line-up: Lucia (Voce) – Tiziano (Batteria) – Max (Basso)

Tracklist:

  1. Miss Borderline
  2. Telle me Fido
  3. Fuckin’ M**
  4. Yvonne Meringa

Links:Sito Ufficiale,MySpace

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