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Love is Simple – Akron/Family

Cos’è cambiato dal ’68 ad oggi? Qual è l’eco interminabile, d’allora sino ad oggi, quel canto circolare esortato in un girotondo ideale di mani che cercano altre mani, di sorrisi senza termine a prefissarsi futuri ancora possibili? Quell’amore che andavano professando, rabbini di speranze, i vecchi flower children, gli Akron/Family, quartetto newyorkese di folk psichedelico attivo da ormai quattro anni nel panorama indie d’oltreoceano, ce lo sussurrano all’orecchio con la sregolata purezza di un bambino, o con l’emancipata e anarchica dolcezza di una bellissima ragazza hippie. Ed arrivano dopotutto a formalizzare con metodo e classe la loro semplice verità: Love is Simple. Spiazzante e intatto, il disco ha un cuore che batte in spontaneità, ed ogni battito sai riscoprirlo anche tuo ad ogni brano. In quel movimento (se esiste per davvero) indie e neo-folk che sembra dar vigore alla scena musicale della grande mela, gli Akron/Family sono probabilmente la band oggi più ispirata e innovativa, ripescando a larghe mani nell’opera dei Beatles e fondendola con sapiente scelta e gusto all’estetica indie, al freak folk, alla psichedelia e all’elettronica. Love is Simple è un disco che brilla di luce propria tra tutte le produzioni di questo 2007, e si lascia amare subito dopo qualche ascolto, giocando in alcuni momenti quasi alla parodia di sè stesso, alternando sarcasticamente dolci ballate folk a suite deliberatamente caotiche. Così è nell’incredibile Ed is a Portal, sorta di danza propiziatoria aborigena, in cui emerge lo straordinario gusto bucolico e primitivista di questa band (ritmi tribali, cori da rituale magico, semplici melodie reiterate): la musica deve portare in superficie sensazioni e istinti sepolti, sequenze di gesti primordiali, a volte con un senso a volte no, tutto deve tornare alle origini; un vero e proprio rituale di una ritrovata socialità che a volte ricorda i loro vicini di casa Animal Collective nelle loro sortite più anarchiche. La titletrack si estende invece con rassegnata calma e rassicura ripetendo all’infinito l’unica evidenza : “Don’t be afraid, It’s only love… love is simple…“. Suona sicuramente d’altri tempi lo scherzo completamente folle di I’ve got some friends che chiama in causa il Syd Barrett più campestre, melodicamente sorprendente ed esaltante, e fa rivivere i Beach Boys in un indie pop alla Pavement. Gli Akron/Family sembra trasformino le lezioni dei Beatles in metodo scientifico: questi barbuti e raffinatissimi folker danno una nuova chiave di lettura per il pop del duemila. Nei sette minuti di Lake Song/New Ceremonial Music for Moms succede veramente di tutto, partendo da un folk pastorale, con tanto di cori alle spalle, ci si lancia in un’orgiastica danza della pioggia sotto effetto di mescalina, rituale furibondo per la purificazione di anime metropolitane. E dopo la purificazione, con la successiva corale a cappella There’s So Many Colors, viene alla mente una lenta e coloratissima processione di intere collettive hippie, a recarsi all’ultimo patibolo psichedelico di Woodstock, dove un nuovo Hendrix darà ancora fuoco e fiamme alla sua stratocaster. Lì sul palco siamo catapultati negli anni ’60: il brano muta in un irresistibile rock psichedelico tra Roger Waters, Paul McCartney e Greg Lake. Semplicemente bellissima! La paesaggistica Crickets è una ballata acustica cristallina e dolcissima, un salice piangente a riflettersi in una laguna in un pomeriggio d’estate e la successiva fragrante e tenera Phenomena è forte di una melodia fragilissima che riporta alla mente un confidenziale Lucio Battisti, prima di entrarti in circolo nelle vene quando decolla coi suoi riff di chitarra ed il suo organo hammond. Pony’s OG è un’altro brano melodico di straordinario impatto emotivo, che al solito si fa sfocato fondendosi a suggestioni elettroniche e psichedeliche; Of All the Things parte con una marcia geniale prima di interiorizzarsi in una boscaglia di sottili movenze psichedeliche, ed esplodere poi in un freak folk sregolatissimo. Come una sorta di Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band a quarant’anni di distanza, Love is Simple, seppur revivalistica, è un’opera ispirata, ben suonata, innovativa e di straordinaria qualità che non esitiamo a segnalare, non solo come uno dei dischi cult del 2007, ma come una delle opere più importanti di rock contemporaneo

Credits

Label: Young God – 2007

Line-up: Seth Olinsky (guitar, vocals) – Ryan Vanderhoof (guitar, vocals) – Dana Janssen (drums, vocals) – Miles Seaton (bass, vocals)

Tracklist:

  1. Love, Love, Love (Everyone)
  2. Ed Is a Portal
  3. Don’t Be Afraid, You’re Already Dead
  4. I’ve Got Some Friends
  5. Lake Song/New Ceremonial Music for Moms
  6. There’s So Many Colors
  7. Crickets
  8. Phenomena
  9. Pony’s OG
  10. Of All the Things
  11. Love, Love, Love (Reprise)

Links:Sito Ufficiale,MySpace

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Un solo commento

  1. Sono onorato che tra le nostre recensioni ci sia questa perfetta esamina di un CAPOLAVORO 2007!
    La loro musica è storia che si rinnova, è il bignami di rock che fu mito!

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