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Requiem – Verdena

Non parlerai più…perfetto il giorno muore e non ridi più. In fondo c’era poco da ridere, ti troverai nuda… Non cresce più poesia, Dio mi tiene giù, Dio mi preme giù...”. Implorano e urlano adolescenze rafferme i nuovi Verdena di Requiem, lo fanno con rabbia e introversa rassegnazione, fatta di riff ombrosi e arpeggi malati, stridere claustrofobico, grinta ed energia graffiante. Fin qui niente di nuovo direste voi! E invece Requiem è un disco che non esita a mostrarci i segni di un cambiamento sostanziale rispetto al passato, di una maturità cercata e raggiunta con veemenza. Acidi, psichedelici, implosivi i Verdena trovano il coraggio (ed anche la possibilità) di chiudersi in studio per un po’ di tempo e lavorare con libertà ad un disco che sin da subito ha l’aria di essere qualcosa di più studiato e ambizioso, di meno diretto ma anche di più appassionatamente “sentito”. E sicuramente trovano il coraggio di gettare in un fosso lo scheletro ormai abusato e sbriciolato di Kurt Cobain per poi accendervi tutt’intorno un cerchio di fiamme. Non che il grunge sia completamente scomparso, intendiamoci: il trio bergamasco non ha nessuna intenzione di resettare o rinnegare quella formula che era valsa loro l’appellativo di Nirvana del bel paese, ma nonostante tutto Requiem offre la netta sensazione che i Verdena abbiano metabolizzato con esso una più vasta gamma di linguaggi rock (dallo stoner, al post hardcore passando per tanto alternative rock d’oltreoceano). A grinta innata risponde un’energia ben canalizzata in un suono lacero ma allo stesso tempo dalle forti tinte emotive, come in Non prendere l’acme, Eugenio, che tributa il suo omaggio a Careful With That Axe, Eugene dei Pink Floyd, passando per la psych ballad elettro-acustica di Angie che gioca tutto sulla carta della melodia e su un testo che conferma il loro stile di scrittura pseudo-poetico sempre molto introverso e adolescenziale. Isacco Nucleare li avvicina di più allo stoner e partendo da una strofa molto acida e psichedelica si lancia in un inciso rigonfio di distorzioni e saette, irrequieto e burrascoso: come assillanti tormenti interiori, i Verdena vomitano brani che stillano rabbia e tormento, traducendo in musica (e meglio rispetto al passato) forti disagi, paure, emozioni inconfessabili per loro essenza, oscure e lucenti al contempo (“Il paradiso è lei e non c’è più luce, per guardarci ormai… Cieca, il buio sole disinfesta… gli alberi cadono al suolo“). Ma la vera sorpresa forse è proprio la sapiente scelta melodica e questo lo riconferma la discreta Canos, dove domina l’onta decadente e definitiva di Alberto Ferrari (“Peggio di noi non si può stare, credimi… l’alta marea ci porterà via, credimi. Tu mi assordi come fai “Ti subirò….. e non torneremo più…”). Variegata e articolata Il Gulliver con i suoi undici minuti, alterna melodie aperte a fasi più claustrofobiche ed opprimenti, merito anche di un ottimo lavoro al basso di Roberta Samarelli (brava in tutto il disco), Muori Delay invece strizza l’occhio all’hard-rock dei ’60 e suona un po’ come un divertissement in agrodolce, almeno quanto i brevi strumentali Aha (un set tribale di percussioni) e Opanopono (fatto di ipnotici riverberi psichelici reiterati ad libitum) che intermezzano alcuni brani. Il Caos Strisciante è l’ennesimo riuscito incubo ad occhi aperti sfocato di grunge psichedelico, Was? è un trip lisergico acido e disturbato con riflessi esotici, la lunga suite di chiusura, Sotto prescrizione del dott. Huxley è la dichiarazione di intenti finale, affogando tutto e tutti in chitarre pesanti e abrasive e melodie nirvaniane. Un disco che potrà al limite risultarvi un po’ pesante se non rintracciate il mood giusto (ma questo in fondo è sempre stato un neo dei Verdena), ma dopo i giusti ascolti non potrà non convincervi dell’ottima fattura di tutti brani e di una notevole crescita della band. Ascoltare per credere…

Credits

Label: Black Out / Universal – 2007

Line-up: Roberta Sammarelli (bass) – Alberto Ferrari (guitar, vocals) – Luca Ferrari (drums, percussions)

Tracklist:

  1. Marti in the sky
  2. Don Calisto
  3. Non prendere l’acme, Eugenio
  4. Angie
  5. Aha
  6. Isacco nucleare
  7. Canos
  8. Il Gulliver
  9. Faro
  10. Muori delay
  11. Trovami un modo semplice per uscirne
  12. Opanopono
  13. Il caos strisciante
  14. Was?
  15. Sotto prescrizione del dott. Huxley

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3 commenti

  1. Bella recensione di uno dei migliori dischi dell’anno. I Verdena vanno visti live sono una furia della natura! “Non prendere l’acme, Eugenio” e “Il Gulliver” hanno caratterizzato una parte della mia estate. “Requiem” è un album che resta come il loro secondo disco “Solo un grande sasso” prodotto da M.Agnelli.

  2. io li ho visti più volte e devo dire che nel live di quest’anno li ho trovati migliorati anche sotto quell’aspetto… bravi bravi:)

  3. Gianpaolo, sei riuscito davvero a descrivere perfettamente l’atmosfera di quest’ultimo album.
    L’ho apprezzato molto, esattamente per i motivi che hai citato tu.

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