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Quando è la musica a creare poesia: Intervista ai Macno

Ho conosciuto i Macno scoprendo la loro pagina myspace. Ho ascoltato i brani nella playlist e ho deciso immediatamente di acquistare il loro cd A pochi passi da qui: dieci brani di raffinata bellezza. Morbidi, noir, eleganti. Intervistare Mimmiz, voce e anima del gruppo, è stato un vero piacere. Colto, sensibile, ironico.Ho scelto nove semplici domande per dare spazio alle sue parole, mai sprecate, mai banali. Così come ogni nota nella musica dei Macno. Attimi di vita d’altri che diventano nostri con la facilità di un respiro.

Com’è nato il nome Macno?
Macno è un libro di Andrea De Carlo, come sicuramente già saprai. La scelta è stata abbastanza casuale, nel senso che mi è caduto lo sguardo sulla costa del libro, che avevo finito di leggere alcuni giorni prima, una sera in cui, probabilmente, stavo proprio cercando un nome che mi piacesse e che potesse andar bene. Ho provato a proporlo, è piaciuto e l’abbiamo tenuto. Lo trovo molto musicale, non so perché; l’ho sempre pensato. Sono inoltre costretto a sottolineare, per l’incondizionato rispetto che nutro verso i miei compagni di stanza, che sono l’unico membro del gruppo a cui il libro è moderatamente piaciuto.

Per te quello tra musica e parole è un incastro o un incontro? Quale delle due componenti nasce prima nella composizione di un brano?
Un incontro, senza ombra di dubbio. Come un improvviso colpo di fulmine tra due corpi che si attraggono. Un incontro di alchimie, di componenti magiche e viscerali, che ogni volta che si propone incanta, ammalia e stupisce. Posso dire che abbiamo sperimentato entrambi i modi di composizione, in realtà. Spesso è il testo a prendere forma dopo la musica, ma è capitato anche l’opposto: se sento di avere una buona melodia vocale e delle parole consone, ben radicate al concetto che vorrei esprimere, allora elaboriamo il processo contrario. Ci sarà un pezzo sul prossimo album dei Macno che è nato proprio cosi; poche settimane fa, tra l’altro. Avevo questa cosa, questa melodia, che mi albergava in testa da un po’. Sono andato in studio e ho registrato una traccia nuda, solo voce. Il resto lo abbiamo costruito intorno e lo definiremo meglio al momento opportuno. E’ una bellissima canzone, se posso permettermi.

I tuoi testi sono curatissimi, sono poesie. Quali artisti stimi per questa stessa qualità? C’è una canzone che avresti tanto voluto scrivere tu?
Sei molto gentile e non posso che ringraziarti, ma la poesia è una cosa seria. Io cerco semplicemente, e con molta umiltà, di descrivere lo stato delle cose che mi circonda, che mi condanna, se vuoi. Poi è la sofferenza a fare la differenza; ecco, diciamo che, al limite, potrei essere una sorte di Caronte moderno che cerca di trasportare l’interiorità verso la luce. E, ovviamente, parlo della mia interiorità e della mia eventuale luce raggiungibile. Per tornare alla tua domanda, citerei De Andrè e alcune cose di De Gregori. E ho una vera adorazione per la quotidianità di alcuni versi di Morgan.
“Mi sveglio col piede sinistro, quello giusto” è una frase meravigliosa, una scena magnifica, nemmeno Mogol è mai arrivato a tanto. E poi, le ventate d’ottimismo nelle canzoni pop non fanno mai male.

Vi hanno definito rock, pop, indie, new wave. Vi hanno paragonati agli Smiths, agli Afterhours etc… Ma voi come vi definireste? Siete lusingati o stanchi dei paragoni?
Ci hanno definito anche garage, se è per questo. Con molta probabilità, chi l’ha scritto non aveva molta dimestichezza col suo inutile iPod e deve aver letto Macno mentre partiva un pezzo dei Barracudas! Le definizioni e i paragoni sono classici di un certo tipo di giornalismo, soprattutto in Italia. Possono lusingare o infastidire, ma fa parte del gioco e noi lo accettiamo. Magari cerchiamo di non badarci e di non farci influenzare emotivamente. Preferisco, comunque, che ci si critichi, piuttosto che ci si paragoni gratuitamente ai Tiziocaio di turno. L’importante è credere intensamente in quello che si fa e conoscere a fondo la verità. Se qualcuno si accorge che sono cresciuto ascoltando i Sound e i Joy Division, allora è nel giusto.

Avete suonato a fianco di artisti come Marlene Kuntz, Paolo Benvegnù, La Crus e Deasonika. Se è vero che c’è sempre da imparare, cosa vi hanno insegnato loro?
C’è sempre da imparare se si ha la curiosità di farlo, questo è vero. Non penso sia il nostro caso, però. Siamo molto pigri e riservati, e più che cercare di imparare dagli altri, tendiamo ad analizzare razionalmente i nostri limiti e i nostri eventuali errori, cercando di porvi rimedio strada facendo. Penso, oltre a ciò, che ci deve essere anche una controparte disposta ad insegnare. E un concerto non è proprio il momento migliore per esporre la propria esperienza al servizio degli altri, sicuramente. Visto che hai citato i Deasonika, ci tengo a dire che, oltre ad essere dei cari amici che frequentiamo spesso, sono forse la miglior band in circolazione, soprattutto dal vivo. Discorso a parte per Paolo Benvegnù, con il quale c’è un forte legame umano che va al di là di passate e/o future collaborazioni artistiche. E’ uno splendido esemplare di essere umano, che ha conosciuto profondamente entrambi i lati di ogni medaglia che la vita gli abbia mai offerto: questo fa di lui una persona speciale.

C’è un brano al quale siete particolarmente legati o è vero quello che molti artisti dicono, che le canzoni sono come figli?
Questa è facile e ho la risposta pronta, forse da sempre: Le stesse vanità. E’ un pezzo che sento molto e nel quale mi riconosco completamente, come se non fosse un pezzo dei Macno, come se qualcun altro l’avesse scritta dopo aver visto un film tedesco che racconta le infauste giornate del mio triste periodo post adolescenziale. Il fade in e il fade out che si ascoltano nella canzone vogliono rappresentare proprio l’idea di una cosa che arriva lentamente, ti colpisce ai fianchi e sparisce di nuovo. Se ci pensi, l’intera esistenza di ognuno di noi è segnata da fade in e fade out vari.

Cercate popolarità o un pubblico che sia lo specchio della vostra qualità?
Se popolarità significa vestirsi come un idiota per andare a registrare una puntata del Festivalbar, potrei firmare col sangue che la cosa è proprio lontana anni luce dal nostro modo di vedere e vivere le cose. Se invece, per popolarità, si intende anche spostarsi di 199 km e trovare tre persone che aspettano la tua musica, ecco, questa è una situazione alla quale aderisco volentieri. Va da sé che se chi ti viene ad ascoltare ha le tue stesse passioni musicali, letterarie, piuttosto che culinarie, allora hai centrato l’obiettivo: piaci alla gente che ti piace e potresti essere il loro gruppo preferito, così come a ruoli invertiti ed in una vita parallela, potrebbero esserlo loro per te. Non potrei sopportare di vedere ad un nostro concerto qualcuno con una maglietta degli Scorpions, vorrebbe dire che abbiamo sbagliato tutto, o quasi. Ai nostri concerti vorrei vedere gente con le magliette dei Motorhead, piuttosto, che fa molto roadie, o dei Fall, per poi poter morire col sorriso stampato in faccia.

Quali sono le tue, le vostre letture preferite? Quali libri o autori ci consigliereste?
Leggiamo di tutto ed è, francamente, una risposta scontata, lo so. Però è assolutamente vero. Alessandro, ad esempio, in questo periodo è follemente innamorato de Il circolo pickwick. Saro divora libri di fantascienza. Io, nonostante sia molto geloso delle mie letture, potrei consigliare quel paio di libri che tengo sempre sul comodino: l’intervista di Truffaut ad Alfred Hitchcock, un gioiello di British humour e manifesto indispensabile per ogni amante del Cinema, e un libro di poesie di Pavese. Altre cose che ho amato, e che sento di poter consigliare spassionatamente, potrebbero essere Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, Una vita violenta di Pasolini, Il giardino di cemento di Ian McEwan e molto di quel che ha scritto Saramago.

Quali sono i vostri prossimi progetti?
Entreremo in studio ad Ottobre per registrare quello che sarà il nostro secondo album. Abbiamo già scelto le canzoni e ne siamo molto orgogliosi; proprio in questi giorni stiamo ultimando la preproduzione nel nostro studio. Sarà un disco molto diverso dal precedente. A differenza di A pochi passi da qui, questo sarà un disco molto più ricco, soprattutto strumentalmente. Le sonorità new wave che ci hanno contraddistinto sino ad ora lasceranno il posto ad atmosfere più rilassate. Ci saranno pianoforti, tastiere, archi, chitarre acustiche, ci saranno degli amici, degli ospiti, alcuni molto famosi, altri meno. Staremo a vedere, dovrebbe vedere la luce nella primavera del 2008. Attenderò con trepidazione, da fan numero uno dei Macno quale sono.

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2 commenti

  1. Luciana, hai una meravigliosa attitudine al dialogo come confronto e crescita.
    Una splendida intervista. Complimenti

  2. Lucy, non puoi muovere la Mano, che rimangono tutti sbalorditi!!!

    Coplimenti davvero…

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